
Dualità, come recita il Dizionario: “è sostantivo femminile 1. Qualità o condizione di ciò che è composto di due elementi o principî: la d. dell’uomo (in quanto formato di anima e di corpo); accoppiamento o contrasto di due elementi: la dualità di forma e materia; del bene e del male; con senso concreto: costituire una dualità. 2. Nel linguaggio scientifico, proprietà di postulati e di enunciati che si mutano in altri postulati e altri enunciati quando a certi enti si sostituiscano determinati altri; si dice allora che i due postulati (o enunciati) sono uno duale dell’altro, o che per essi vale il principio di d. (e lo stesso si dice anche degli enti che si scambiano tra loro) 1.
Dualità, il tema scelto per questo numero del Giornale Storico, vogliamo aprirlo con una forte considerazione del Maestro Zurighese, il quale presuppone che uno scopo dell’esistenza sia la scoperta, lo sviluppo, e il completamento delle nostre potenzialità, in un processo continuo che definisce di individuazione. Quel percorso mediante il quale si diventa totalmente se stessi. Nel libro curato da Aniela Jaffé, riporta quanto Jung dice: “..perciò Dio da solo non basta. C’è bisogno anche dell’uomo, l’uomo è necessario per vivere l’esperienza della totalità” 2.
Jung, con questa affermazione, corre un rischio: attribuire a un Dio – la cui santità è quella perfezione divina per la quale egli si differenzia assolutamente da tutte le sue creature ed è esaltato su di loro in maestà infinita (Esodo 15:11; Isaia 57:15); santità che indica che Dio è anche esente da ogni impurità morale o peccato e quindi è moralmente perfetto – il segno di una mancanza per essere ‘completo’. Sarebbe l’infinita solitudine a determinare la creazione dell’essere umano come interlocutore privilegiato. Come per dire: neppure Dio basta a sé stesso. Dio da solo non basta; Dio non avrebbe, dunque, una realtà a sé, separata dalla natura e da noi; pertanto Dio, nella sua totalità, ha bisogno dell’uomo per manifestarsi. Consapevole che tale affermazione sembra essere, come espressione di un pensiero paradossale (para-doxa) – in contraddizione con la doxa, dice anche: “Nel Medioevo mi avrebbero bruciato come un eretico” 3.
Altra dualità è data dalle due dimensioni della vita, quella della vita concreta, fisica, e quella del sogno. E qui ci soccorre questa riflessione di G. Guidorizzi4 il quale sostiene che la vita sia un’esperienza di approfondimento/distinzione tra veglia e sogno. Dice: ”Sogniamo nel momento in cui la nostra percezione del mondo si allenta, ma appena essa riprende contatto con il nostro esistere – nel tempo e nello spazio – i sogni svaniscono”. Pertanto: “Descrivere un sogno è un’operazione completamente diversa che fare un sogno, e non solo perché il passaggio deal sogno alla memoria cosciente disgrega il tessuto onirico e ne fa svanire i dettagli, ma soprattutto perché le strutture narrative di sonno e veglia sono di natura opposta: come diceva Sinesio è impossibile raccontare un sogno a meno che uno non riesca a inventare parole dotate loro stesse di movimento”5.
Due condizioni esistenziali, quindi: il mondo delle immagini e quello della costruzione di un linguaggio per narrarle. Diventando, dal momento del concepimento e della nascita, esseri incarnati, sottoposti alle leggi della Natura, condizionati dalle dimensioni dello spazio e del tempo. Spazialità e durata, i luoghi e il tempo che intercorre tra il principio e la fine. Vita e Morte sono le principali dualità con cui facciamo i conti.
A proposito della durata tornano alla mente le parole dello scrittore Peter Handke, nel suo “Canto alla durata” quando dice: “Durata si ha quando/ in un bambino/ciò che non è più un bambino/-e che forse è già un vecchio-/ ritrovo gli occhi del bambino” 6.
Oppure, ancora un poeta, Gottfried Benn 7, quando nella parte finale di Aprèslude, dice:
“Nessuno sa dove si nutrono le gemme,
nessuno sa se mai la corolla fiorisca
durare, aspettare, concedersi,
oscurarsi, invecchiare, aprèslude.”
Un’ultima osservazione: l’uscita dal corpo della madre rappresenta la separazione da un mondo ‘monadico’ e l’inizio di una esperienza ‘diadica’, in primis col corpo stesso della madre, e contestualmente quella tra me e il ‘mondo’, tra me e gli altri: una dualità che si conclude/risolve soltanto con la morte, quando si restituisce alla terra il corpo dato. Dualità come distinzione dall’Uno, dualità come fondamento, necessario, dell’incontro con l’Altro.
Buona lettura
Amato Luciano Fargnoli
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1. Dizionario Treccani, vedi alla voce. 2. Aniela Jaffé, In dialogo con Carl Gustav Jung” (Bollati Boringhieri 2023, tra pag. 199 e pag. 200). 3. C.G. Jung, Ricordi sogni e riflessioni, Casa Editrice Il saggiatore, Milano, 1965.
4. G.Guidorizzi, Il compagno dell’anima, i Greci e il sogno, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2013.
5. Op. cit. p. 203.
6. Peter Handke, Canto alla durata, Giulio Einaudi Editore, 2016, p. 64.
7. Gottfried Benn da “Aprèslude”, Einaudi, Torino, 1966.
Rosanna Canero Medici – La dualità: lungo il cammino dalla simbiosi all’unità
Franca Cirone – Tertium non datur
Anna Curir – Metafore e dualità
Alfonso di Prospero – Dualismo psichico e modelli di società
Francesco Frigione – Due porte per il sogno. Il ruolo visionario della creazione
letteraria per meglio comprendere l’approccio interpretativo e quello
psicodrammatico all’esperienza onirica
Chiara Giuliano – Dualità e Marte, la relazione necessaria tra
conflitto ed equilibrio
Claudio Maddaloni – Non c’è due senza tre
Marina Malizia – Fenomenologia dell’anima gemella
Maria Grazia Monaco – La radice archetipica della dualità
Virginia Salles – Maschile/Femminile. La nostalgia della completezza
Riccardo Zerbetto – Dioniso Apollo, ovvero “l’Uno differenziato in se stesso”
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