Quando, immersi nel tempo della durata, resistiamo, o ci rifiutiamo di accettare un cambiamento, ci comportiamo come fa un cavallo quando rifiuta di saltare l’ostacolo: siamo costretti a ‘tornare indietro’ e ripetere il percorso, tante volte quante necessarie per superare l’ostacolo. Si diventa, così, preda di un ‘ciclo di ripetizioni’, una metafora delle situazioni ‘uroboriche’: qualcosa intercetta la necessità del mutamento e si oppone, resiste, tende a farci ripetere, come in un cerchio senza via d’uscita, dove sostiamo in una zona di illusoria, confortevole, sicurezza, i temi di ogni esperienza vissuta. Seppure con l’angoscia determinata dalla consapevolezza di non potersi sottrarre a quella ripetizione. Si sviluppano, reazioni, vere e proprie architetture dell’agire intenzionale, che determinano non solo la relazione con noi stessi, ma anche quella con gli altri. Strutture che, in letteratura, vengono definite nevrotiche. Qualcosa in noi ci obbliga a ripetere senza sosta vissuti accompagnati da quella sofferenza che deriva da un sottile senso di impotenza, condizione che ci fa cadere nella ripetizione del già noto, del già vissuto. È come avere un appuntamento e non presentarsi mai all’incontro: in quell’appuntamento una nuova parte di sé viene, così, ‘rifiutata’, e si perde. Si ripresenterà, in un altro momento, anche in altra forma, e in contesti diversi, ma ‘chiederà’ la stessa cosa: accettare quel mutamento necessario per la nostra crescita. Possiamo quindi pensare al cambiamento come una necessità costitutiva della crescita.
Questione etica: ogni cambiamento deve essere accettato tout court? E se si pone in aperto contrasto col mio Desiderio? Se mi costringe ad attraversare un ‘mare in cui non voglio navigare’? Si porrebbe, ma non in questa sede, la questione del significato da dare al ‘libero arbitrio’. Che cosa accade se non si accetta la ‘chiamata di Ananke’? Accade che ci sentiamo trascinati, costretti, ‘vittime del destino’, in balìa delle onde, prede di quella sofferenza indicibile del navigante senza meta. Fino a quando non cogliamo il senso di quella chiamata, che si faccia interprete di quel ‘senso e contenuto’ di cui parlava Aldo Carotenuto (“Senso e contenuto della Psicologia Analitica, Bollati Boringhieri, 1990). Affidiamo alla sensibilità del lettore questo numero del Giornale Storico, che si presenta particolarmente ricco di contributi, nei quali chi ci legge troverà numerosi, e diversificati, punti di vista. Abbiamo rispettato l’intento di dare parola a quel desiderio/ necessità di avere accesso, sul tema, ad una molteplicità di letture possibili.
Estratto dall’editoriale del nostro Direttore
AMATO LUCIANO FARGNOLI
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INDICE del VOLUME
Rosanna Canero Medici – Libertà nella necessità e necessità nella libertà. Considerazioni su libero arbitrio e consapevolezza
Anna Curir – Necessità, indeterminazione e significato
Francesco Frigione – La Tagliola del destino. La vana fuga dalla Necessità nel Leviatan di Julien Green
Marina Malizia – Io divento Daredevil
Anna Maria Meoni – Psicoanalisi tra le due grandi guerre nel novecento e oltre nell’algoritmo
Domizia Moramarco – Come si muove Ananke nella letteratura del Novecento
Patricia Pagoto – La necessità del sogno
Giovanna Pandolfelli – Vita mortale e immortale della bambina di Milano di Domenico Starnone: una lettura archetipica
Saverio Parise – La necessità del (Dio) superfluo
Sandra Pierpaoli – L’ altro necessario nello spazio transizionale tra fantasia e realtà