In Giornale Storico del Centro Studi Psicologia e Letteratura, 4, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2007
Esiste un confine preciso tra Realtà e Sogno? I nostri sogni sono casuali residui di elaborazioni cerebrali, senza significato, oppure sono l’espressione di un vissuto interiore che chiede di uscire allo scoperto nella vita ad occhi aperti?
“L’Arte del Sogno” è la terza fatica cinematografica firmata dal visionario regista francese Michel Gondry (dopo “Human Nature” e il celeberrimo “Se mi lasci ti cancello”). Classe 1964, Gondry inizia la sua carriera come batterista nel gruppo francese pop degli Oui Oui, per i quali realizza alcuni videoclip musicali, che mandati in onda su MTV, vengono notati da Bjork, la divina cantante islandese, che gli commissiona il suo primo video, “Human Behaviour”.
Da quel momento in poi Gondry diventa uno dei più richiesti registi di video musicali, insieme a Michael Cunningam e a Floria Sigismondi.
I suoi filmati impressionano fortemente lo spettatore per la qualità bizzarra, creativa ed emotivamente disarmante del plot e per l’utilizzo di effetti speciali estremamente sofisticati (vedi il video di “Bachelorette” di Bjork, oppure “Knives out” dei Radiohead).
“L’Arte del sogno” è stato definito, dallo stesso regista, come il film più autobiografico: quello a cui assistiamo è il “teatro del sogno” di Stephane, (alter ego dello stesso Gondry, interpretato da Gael Garcia Bernal), un giovane dallo straordinario talento creativo che, in seguito alla morte del padre, torna a vivere in Francia nella casa materna con la promessa di un lavoro come creativo, che presto scoprirà essere, in realtà, un impiego triste e routinario, condiviso con tre bizzarri colleghi, tra cui uno (Alain Chabat) che non vede l’ora di trovare una persona in grado di fargli passare il tempo in maniera spensierata, ed un principale che preferirebbe rimanere sempre da solo.
Per difendersi dal senso di disorientamento e angoscia provocati dall’ennesima delusione, Stephane si affida totalmente alla sua fantasia onirica lasciando che questa prenda il sopravvento sulla vita da sveglio.
La sua esistenza inizia a cambiare quando incontra Stephanie (Charlotte Gainsburg), una giovane donna che abita di fronte a lui. Inizialmente scambiato dalla ragazza per uno scaricatore di mobili che si è fatto male, e troppo timido per chiarire l’equivoco, Stephane decide di far finta di non vivere nello stesso palazzo per continuare a portare avanti la sua amicizia con Stephanie.
La capacità di Stephane di mentire non è però all’altezza della sua immaginazione creativa e presto la ragazza scopre la verità.
I due protagonisti si accorgono di avere un’immaginazione creativa affine che diviene il veicolo attraverso cui imparano a comunicare l’uno con l’altra.
Affascinata da lui in maniera quasi inspiegabile, Stephanie in qualche modo trova la strada per arrivare al cuore del fragile artista. Mentre il loro rapporto sboccia, la fiducia in se stesso, di cui Stephane fa bella mostra nella sua vita immaginaria, inizia a diffondersi anche nella sua esistenza reale come non gli era mai capitato prima. Questo gli permette di raggiungere il successo, sbaragliando i suoi nemici e immaginando un incantevole e sereno futuro con Stephanie.
Tuttavia, dal momento in cui Stephane ottiene il successo sperato in ambito lavorativo e la storia con Stephanie sembra potersi realizzare in un rapporto d’amore reale, il protagonista rimane sconvolto dal rifiuto percepito in Stephanie verso i sentimenti che prova per lei.
Ma lei lo ha veramente respinto? O, a causa della sua insicurezza, lui ha soltanto immaginato una situazione in cui lei lo lasciava, ancora una volta, in balia della disperazione sentimentale?
Non in grado di sopportare la prospettiva di un’esistenza ad occhi aperti senza l’amore di Stephanie, e non ottenendo delle soluzioni soddisfacenti dal suo universo onirico, Stephane si trova di fronte ad un dilemma: fuggire per sempre nel mondo dei sogni o affrontare la realtà?
Assistere alla proiezione di questo film catapulta davvero lo spettatore nell’universo onirico, costituito prevalentemente da immagini, emozioni e sensazioni che si rincorrono senza sosta, soprattutto grazie all’utilizzo che Gondry ha fatto degli effetti speciali, basati su un montaggio “fotogramma per fotogramma” per rendere l’effetto “artigianale” degli oggetti ancora più efficace.
Il sogno, ci racconta Gondry, è uno strumento potentissimo, capace di apportare cambiamenti significativi nella vita del sognatore e dell’ambiente che lo circonda, quindi non appartiene, come molti pensano, ad un errore del sistema cognitivo, bensì alla “Scienza” (il titolo originale infatti è “Les science des reves”).
La dimensione onirica, dunque, esige un rapporto con la realtà: i sogni diventano “alleati” quando, grazie all’impegno, alla tenacia, trovano la strada per realizzarsi durante lo stato di veglia.
Raccontare un sogno a qualcuno crea sempre un legame particolare tra le persone in quanto si condivide la dimensione misteriosa dell’Anima; non a caso proprio Freud e Jung sfruttarono la rievocazione onirica quale strumento di comprensione del malessere psichico.
In analisi, terapeuta e paziente, dialogano con i sogni al fine di costruire insieme nuovi e più creativi paesaggi esistenziali.
Al contrario, un sogno può diventare un incubo persecutorio quando non riesce a scalfire la realtà, quando il dilagare di sentimenti di inferiorità, di colpa, impediscono una comunicazione efficace tra il sognatore (Stephane) e ciò che lo circonda, e la conseguenza è una distorsione negativa degli avvenimenti (Stephane si sente rifiutato affettivamente nonostante la ragazza gli dimostri il contrario).
“Nel sogno sei sopraffatto dalle emozioni” afferma Stephane: comprendere il significato dei sogni può aiutarci ad entrare in contatto con il nostro mondo emotivo a cui dare voce e corpo, per realizzare una vita davvero all’altezza del Sogno.