in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 16, Fioriti, Roma, 2013 (estratto)
Attorno all’ universo delle psicoterapie, all’affascinante mondo dei simboli e dei significati, vi un elemento di cui poco, e forse mal volentieri, si tratta: il costo economico della cura.
Pagare per essere curati, cosa che avviene sovente nell’ambito della medicina, assume un significato particolare in una cura che si fonda sulle rappresentazioni interne e sulla relazione tra medico e paziente.
Il risentimento di cui il prezzolato luminare della medicina spesso si rende oggetto per il sacrificio economico a cui sottopone il paziente, spesso si perde sullo sfondo allorquando il paziente, attenendosi più o meno scrupolosamente alle direttive del medico, vede alleviarsi o scomparire il patema per cui l’aveva contattato. Quando questo accade, il risentimento per l’ingente spesa lascia spazio alla gratitudine e in alcuni casi a una devozione quasi divina verso il professionista che, ad onta del sacrificio economico, è stato in grado di “liberare dal male” il paziente.
La terapia psicologica se da una parte ricalca tale modello, nell’avvicinare una persona sofferente a un professionista che cura, da un’altra se ne distanzia radicalmente: il risentimento che al paziente può suscitare dover pagare la propria terapia (ma anche l’eventuale vissuto opposto) agli occhi del terapeuta segna già l’inizio della stessa: perché questa persona si adira nell’essere deprivata del suo prezioso denaro? Di quali fantasie sta investendo il terapeuta? Quale valore assume la gestione degli averi nell’omeostasi psichica di questo individuo?
Tali interrogativi, estranei a qualunque altro intervento in ambito clinico, sostanziano invece la cura analitica, la quale si fonda sulla capacità del terapeuta di cogliere quegli aspetti di relazione che sono espressione del funzionamento psichico del paziente, di collegarli alla sua storia di vita e di utilizzarli in senso terapeutico nella rapporto clinico che li mette in gioco.
Quello che accade dentro la cornice analitica assume quindi – lo sappiamo – un senso profondo che si distanzia dagli aspetti più mondani e esteriori, è questo il mood che caratterizza e rende unica la terapia psicologica.
Se torniamo quindi al costo economico di una psicoterapia, che come sappiamo a volte può prolungarsi per molto tempo e alternare stagioni di alleanza ad altre di tensione e di rottura tra i due protagonisti del rapporto terapeutico, capiamo che la questione dell’onorario costituisce uno di quegli elementi del setting che animano le dinamiche della cura. Comprendiamo così perché spesso siano state levate critiche verso situazioni in cui la terapia è talora gratuita, come alcune volte avviene ad esempio nei servizi pubblici di salute mentale. In questi casi, si sente sostenere che espellere da una psicoterapia l’aspetto del pagamento equivale a privarla di un importante elemento che sostanzia e dà valore al rapporto terapeutico. Non a caso, è nota la regola per la quale la seduta che il paziente diserta senza un adeguato preavviso all’analista, deve essere pagata ugualmente, e non mancano i casi ancor più estremi nei quali l’assenza del paziente, pur se preventivata e motivata, viene comunque fatta pagare quale onere per mantenere la propria ora, al dato giorno, nell’agenda del terapeuta.
Queste battute iniziali ci fanno comprendere quindi un dato: il pagamento è uno degli elementi centrali del setting, attorno al quale si tessono le trame del discorso analitico.
Un’altra questione di cui ancor meno si parla è la ragione economica che sta a fortiori nel terapeuta e che anticipa di molto l’arrivo del suo primo paziente, ovvero lo sforzo economico che egli per lunghi anni ha dovuto affrontare per portare a termine il suo training formativo.
E’ noto difatti che, soprattutto nell’ambito della psicologia dinamica, il futuro terapeuta deve affrontare dei costi non da poco per potersi formare alla sua futura professione: pensiamo all’analisi personale, alle sedute di supervisione, ai tanti seminari teorici cui ha l’obbligo di partecipare.
A maggior ragione quindi, malgrado l’aspetto monetario della psicoterapia – tanto per i pazienti che per gli allievi – non sia uno di quelli di cui più facilmente si parla nei simposi dedicati alla psicoanalisi, non si può non ammettere che l’intero edificio della terapia psicologica, fattosi decennio dopo decennio sempre più complesso e articolato, sia attraversato dalla questione economica in una misura forse determinante.
Abstract
Una delle idee più corrive nei riguardi della psicoterapia e della psicoanalisi in particolare, è che essa sia una cura, nonché una formazione, rivolta soprattutto agli strati benestanti della popolazione. In questo articolo, partendo da un testo di recente pubblicazione che ha il merito di portare alla luce un’esperienza avvenuta negli anni ’20 ad opera di alcuni pionieri della psicoanalisi, rivoluzionaria per le sue ricadute sociali, si affronta la questione del costo della cura analitica, indagando le sottili dinamiche che vi sono alla base e riflettendo su una via percorribile in un tempo, come quello attuale, attraversato da una crisi il cui esito peggiore è quello di rendere opaco il desiderio e l’immaginazione.