Tratto, G. Antonelli, Discorso sul sogno. Lithos Editrice, Roma, 2010
Diversamente da Agostino, e in accordo con Nietzsche, Boss ritiene che i sognatori siano responsabili dei loro sogni. Diversamente da Adler, Boss ritiene che il coraggio del sognatore non determini la cessazione dei suoi sogni. In che senso, però, il sognatore sarebbe responsabile dei propri sogni? Boss esibisce qui una concezione parallela, riflettente del sogno. Se lo stato d’animo di un paziente migliora, ad esempio, migliorano anche i suoi sogni. Riportando il caso di una paziente cinquantenne depressa da trent’anni di vuoto matrimoniale trascorso con un industriale dedito ai valori materiali, Boss ne riferisce il sogno ricorrente di un viaggio senza scopo tra acquitrini, nebbia e il pensiero costante di annegare. Questa era la scena onirica in cui si dibatteva la paziente e in essa si rivelava, senza travestimenti, il suo mondo con maggiore purezza e forza di quanto sarebbe stato possibile nella vita da sveglia. Tuttavia, e l’affermazione non è priva di un certo interesse, oltre a gettare non poca luce sull’onirocritica di Boss, quando la paziente, dopo un lungo trattamento, trova il coraggio di ritornare in sé, anche i suoi sogni, tutti precisa Boss, cambiano. Il coraggio della veglia, dunque, è capace di trasformare i sogni della notte. E si tratta qui di una riproposizione del concetto junghiano delle Beziehungen, le dinamiche relazioni, la dinamica reciprocità tra conscio e inconscio.