di Erika Czako
In alcune lezioni (forse meglio conversazioni) con gli studenti del suo corso di ‘Psicologia della Personalità’, e a contatto con tante altre persone interessate ad ascoltare e confrontarsi con la sua parola, Aldo Carotenuto ricorda che l’uomo fin da bambino manifesta la propria capacità creativa. Ed è proprio da qui che per ogni essere umano cominciano le difficoltà. Entrano in scena regole, divieti, percorsi comportamentali obbligati.
Il bambino pur avendo una fantasia colma di visioni e di emozioni che premono per uscire nel mondo reale, deve mortificare o limitare ogni slancio e adattarsi ad una serie di gesti e situazioni ripetitive che lo rendano accetto all’ambiente in cui cresce. Il rischio reale è che il primitivo slancio vitale resti prigioniero in una sequenza infinita di atti ripetitivi tarpando le ali alla vita interiore. Il potenziale creativo dell’infanzia, per non cadere nell’apatia o nel non senso dell’esistenza va ripreso e sviluppato appena viene raggiunta una certa autonomia decisionale. Cosa non facile se si presta attenzione al mare di sofferenza che gradualmente penetra e affonda una grande massa di persone adulte.
La sofferenza psichica entra in conflitto con i valori collettivi e spesso per paura o per quieto vivere si accetta la ripetitività senza capire che si cade nella modalità espressiva della pulsione di morte. Contro questo pericolo ogni individuo, affrontando con intelligenza la propria sofferenza, scopre che per vivere ha un rimedio efficace che si chiama creatività. Creatività che lo libera dal dolore e lo rende cosciente e partecipe, non senza rischio, nel suo rapporto con il mondo esterno. Un comportamento amorfo elimina la paura di venire aggrediti od ostacolati ma è altrettanto vero che se le proprie idee e comportamenti non incontrano anche antagonismo od ostilità, in genere esprimono poco o nulla.
Se non si affronta la possibilità di scendere nel caos, disintegrando le incrostazioni della vita abitudinaria, non si possono ri-creare le nuove condizioni per lo sviluppo della propria personalità. Creatività dunque, in cui ogni persona preda di frustrazione e disordine interiore, scorge un orizzonte vitale e rigenerante.
Ma, spiega Carotenuto, per “capire bene che cosa vogliamo intendere è necessario interiorizzare il concetto, vale a dire, noi siamo il risultato comunque, anche a livello biologico di un atto creativo(…) Ora è facile pensare che il concetto di creazione sia legato al singolo individuo, il quale si può sentire vivo in quanto questa creazione lui la compie. Allora una persona che riesce ad essere creativa, di gran lunga ha degli strumenti di sopravvivenza maggiori di una persona che invece non lo può fare. Questo perché è inserito in un processo attraverso il quale esprime ciò di cui lui stesso è espressione mentre l’altro non lo può fare.”
A monte di questo processo innato è in agguato un istinto feroce che porta taluni individui a prevaricare su altri sia fisicamente sia psicologicamente. A questo proposito Carotenuto si sofferma lungamente su un esempio, drammaticamente concreto, di inversione da creatività a distruttività: la vicenda emblematica di Primo Levi. E in altro momento della lezione spiega quale meccanismo tremendo possa inserirsi nel rapporto fra le persone.
Stavamo parlando del problema della creatività; come voi sapete è un argomento che io porto avanti insieme a voi. Eravamo giunti a una conclusione: nessuna persona fra di noi, se è veramente creativa, può amare il potere sugli altri, il potere sugli uomini. Il potere è sempre potere sulle persone, non sulle cose. Tramite le cose naturalmente, io posso avere il potere sulle persone.
Allora dobbiamo avere in mente che il sospetto vero è: chi cerca il potere sulle persone in genere manifesta la propria fondamentale insufficienza.
Questo l’avevano capito i nazisti. Quando organizzavano i campi di concentramento, gli aguzzini erano presi dalle carceri. Gli aguzzini erano psicologicamente le persone più inferiori che potessero esistere nella società. In tal modo erano veramente aguzzini, perché sentendo e provando la loro inferiorità potevano,naturalmente, infierire con maggiore crudeltà, con maggiore ferocia, sulle persone che avrebbero dovuto controllare.
Questo deve essere, secondo me, un insegnamento sul quale dobbiamo sempre discutere, per cui, come dire, noi creativi ci sentiamo come se fossimo inseriti in una corrente di vita eterna(…) partecipiamo con la nostra creatività ad un mondo fantastico che ci fa sentire vivi, che ci fa sentire parte di questo mondo rispetto alla dimensione non creativa che pensa soprattutto alla sopravvivenza. Allora direi: mentre il creativo vive, l’altro sopravvive. E questo non è un gioco di parole, perché la sopravvivenza dell’altro è una sopra-vivenza, perché deve vivere sugli altri.”
Questo tipo di potere è una deriva perversa dei primi momenti in cui, per ragioni pratiche, la creatività infantile resta imbrigliata dalle regole comportamentali. Il passaggio viene sottolineato ripetutamente.
Attenzione, adesso vi faccio capire …, vi faccio capire, state attenti. Quando noi siamo piccoli, … sapete a che età si comincia a camminare? … (vari suggerimenti), quindici mesi? Anche meno? Lei signora … il suo bambino? … insomma 12 mesi. (altri suggerimenti). Attenzione, no, attenzione, perché dovete sempre vedere i collegamenti; se voi sapete connettere i fenomeni avrete uno sguardo più ampio.
Allora, il bambino comincia a camminare a dodici mesi: la prima cosa che fa comincia ad aprire i cassetti,tocca le cose, monta su uno sgabello …, la mamma giustamente dice: “Attento!…cosa fai? Fermati …”, comunque lo blocca continuamente.. Ha ragione, potrebbe mettere le mani nella corrente elettrica, … fare altre cose e allora lo rimprovera continuamente; ma gli atti che compie il bambino, sono atti di creazione, di curiosità e viene sempre bloccato (…).
Ecco questa dimensione di coercizione, attenzione, è proprio un esempio di come noi a fin di bene, controlliamo chi è creativo.”
Dunque in questa primitiva coercizione a fin di bene si insinua quella tendenza a prevaricare che è propria del potere, la cui pressione è una vera fucina di dolore.
Abstract
Nella sua lunga esperienza di terapeuta e professore universitario Aldo Carotenuto ha spesso ribadito come ogni problema psicologico sia indice di conti in sospeso con la vita. Conti che emergono dal profondo e generano dolore. Per non lasciare spazio alla deriva corrosiva e alienante della follia è necessario liberare la propria interiorità sapendo sviluppare il filone creativo di cui ciascuno è dotato. Ognuno, per vocazione innata, di fronte a fenomeni distruttivi di varia natura, è chiamato a ri-generarsi continuamente in funzione delle doti e capacità che va progressivamente scoprendo in se stesso. Chi sa portare avanti questa fondamentale operazione mettendosi in rapporto con il proprio ambiente raggiunge e amplifica la conoscenza interiore di sé, trovando la forza di vivere senza paure. Acquista i giusti anticorpi contro il parere negativo e censorio di persone e strutture abituate solo a sopravvivere a scapito di altri. Creare partendo dalla propria sofferenza implica disposizione alla introspezione e alla comunicazione. Sotto questo aspetto terapia e studio si rivelano un’ottima palestra di creatività purché la parola apra le coscienze alla ricerca della libertà tanto per il docente quanto per gli studenti. Aldo Carotenuto ha lasciato filoni abbondanti e creativamente stimolanti per riscoprire la volontà di superare il dolore interiore e continuare a crescere. In questo si può vedere e comprendere il perché del successo del suo insegnamento. Attingendo a frammenti di alcune sue lezioni su questo argomento è possibile scorgere la forza semplice e profonda della sua parola persuasiva e liberatoria.