Nella sapienza di Dioniso.

                                  I giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere
(Plutarco)    

 

Oppure …. Dioniso alla “Sapienza” ?
Anche questo potrebbe essere un titolo appropriato per introdurre una riflessione su Aldo Carotenuto, per cercare di far vivere o rivivere quella certa atmosfera che si respirava durante le sue lezioni e che, più volte, ci hanno fatto intuire la presenza di Dioniso nascosto, neanche poi tanto, dietro il viso/maschera del docente.

E’ importante che nel proprio percorso di formazione ogni studente incontri, almeno una volta nella vita, un insegnante carismatico, significativo, che lasci una traccia e che indichi la direzione da dare al proprio sviluppo successivo. Questo fattore può fare la differenza tra un’esistenza mancata e il piacere di vivere.
Del resto ad un certo punto è necessario lasciare i propri genitori biologici e adottare o farsi adottare da altri genitori spirituali … e un insegnante può assumere stabilmente il ruolo di genitore spirituale. Ad alcune condizioni però.

Carotenuto, di formazione prima pedagogica e poi psicologica, conosceva perfettamente la differenza che separa l’educare dall’istruire. In un’università sempre più appiattita sul modello aziendale, egli era consapevole del fatto che impartire solo nozioni, misurando la prestazione-apprendimento attraverso esami, scritti od orali poco importa, sempre più somiglianti a quiz televisivi, può essere più dannoso che utile per la formazione di futuri psicoterapeuti.
La capacità di sintonizzarsi con la profondità della mente altrui è un’arte, una sensibilità, un talento che va fatto emergere, quando c’è, solo con un faticoso lavoro di scavo interiore che può richiedere anni e diventare educazione interminabile.

Una tecnica può essere appresa o insegnata in un periodo di tempo breve e determinato, ma la psicoterapia è ‘tecnica’ solo in misura marginale. Formandosi prevalentemente sulla tecnica un giovane rischia di diventare uno psicoterapeuta appiattito, senza spessore, pur avendo, solo apparentemente, tutte le carte in regola. Nel mondo professionale è piuttosto frequente incontrare psicoterapeuti che accompagnano il loro nome a innumerevoli sigle, siglette, certificazioni di appartenenza, certificati di esistenza … ma che poi di fatto non hanno nulla da dire all’anima di chi li ascolta e forse non se ne rendono nemmeno conto … e sono proprio quelli che non hanno mai incontrato Dioniso!

Una formazione, anche universitaria, per dirsi veramente tale, deve riuscire a far sviluppare nello studente la capacità di riconoscere i propri interessi più autentici e di trasformarli, con coraggio, in progetto. Ma si può raggiungere questo risultato solo attraverso un nutrimento costante, frutto di un’elaborazione con la propria interiorità.
Già Platone ci aveva detto che non si apprende che per via erotica … Goethe ribadiva che si impara solo da chi si ama. Ma cosa significa tutto ciò? Come può un insegnante infiammare, anno dopo anno, i sentimenti e il mondo interno di centinaia di allievi?

Bisogna iniziare con il diffondere entusiasmo, ovvero spargere come un soffio di Zefiro, la presenza del dio che si nasconde nel corpo e preme dall’interno per uscire. Pienezza interiore, volontà di espansione, progressione che fugge dalla ripetizione, sentirsi più a proprio agio nel movimento che nella staticità: questo può voler dire incarnare lo spirito dionisiaco per far sì che ogni parola detta acquisti la potenza di un linguaggio sapienziale.
Questo privilegiare gli aspetti emozionali dell’insegnamento si attua mediante uno stile di comunicazione che riesce, scavalcando le difese dell’Io, a parlare direttamente al processo primario e a lasciare una traccia permanente in chi ascolta.

Ma, oltre all’entusiasmo, per raggiungere questo obiettivo è necessaria un’altra qualità: quella che Rogers definiva congruenza, cioè il risultato di una perfetta sovrapposizione tra il vissuto interiore di una determinata situazione, in questo caso l’atto di insegnare, e di come questa stessa situazione viene rappresentata alla propria coscienza. Se la sovrapposizione risulta imprecisa, ciò significa che l’immagine del soggetto è stata troppo deformata al fine di renderla accettabile agli altri. Ma non basta essere sinceri o spontanei; essere congruenti non significa solo adottare un comportamento informale e non direttivo, bensì essere costantemente in contatto con il flusso della propria esperienza interiore in modo da poterla esprimere e tradurre come dato squisitamente soggettivo, unico e vero.
E questa congruenza, proporzionale allo sviluppo della personalità, permette all’insegnante di allentare la dipendenza dal ruolo, dietro il quale invece molti docenti si nascondono.

Certo è necessario che l’amore per l’insegnamento si incontri con l’amore per l’apprendimento. Carotenuto in 40 anni di attività aveva assistito a numerose mutazioni antropologiche nei suoi studenti. Ne aveva colto la progressiva disaffezione alla lettura, la miope e burocratica raccolta di ‘crediti’ per cui ogni esame costituiva non l’occasione di un allargamento culturale ma una semplice tappa di avvicinamento all’ambita meta cioè la laurea dietro la quale nascondersi occultando quell’ignoranza che ben si mescola con la supponenza.

Con questo tipo di studenti Carotenuto sapeva essere sarcastico, sferzante. Ferocemente li invitava a presentarsi all’esame avendo letto solamente il risvolto delle copertine dei libri di testo! Con altri studenti, quelli veramente interessati a crescere attraverso lo studio, era generoso e fecondo.
Invitava gli studenti a trattare i libri come esseri viventi che ci interrogano, ovvero comprendere un concetto significa tradurlo in dato personale. Al bando dunque l’imitazione che rappresenta il nucleo di ogni banalità e dalla quale può sorgere solo noia e frustrazione, innescando il pericolo di abituarsi ad una vita straniera a se stessi. Carotenuto, docente che detestava fare gli esami ritenendoli inutili, era perfettamente calato nel ruolo di facilitatore, catalizzatore dello sviluppo della personalità prima e della formazione culturale poi dello studente. Il suo stile di docenza coinvolgeva l’intera personalità, partendo da Dioniso raggiungeva Apollo, mostrando la notevole analogia che intercorre tra l’insegnamento e la psicoterapia.

Ogni studente che lo seguiva con attenzione capiva giorno per giorno le ragioni profonde di questo incontro in aula. Infatti le lezioni si svolgevano con un’estensione temporale che superava i limiti imposti dal calendario accademico. Carotenuto non riusciva a comprimere in un solo semestre quanto sentiva la necessità di trasmettere e allora, terminato a febbraio il tempo ufficiale, si proseguiva fino alla fine di maggio per il solo piacere reciproco di incontrarsi. L’unico problema pratico era reperire, carpire, un’aula libera disponibile: il preside di facoltà tollerava e i colleghi, salvo pochissime eccezioni, facevano finta di ignorare, da una parte erosi dall’invidia nei riguardi della dedizione assidua e numerosa che gli studenti manifestavano, dall’altra confortati dal sollievo di non dover dedicare una parte troppo rilevante del loro prezioso tempo all’insegnamento!

Eppure, nonostante la clamorosa evidenza del successo dei suoi corsi, Carotenuto spesso dedicava una lezione al commento di un verso tratto dal Faust di Goethe:

Quel che di meglio puoi sapere, a quei ragazzi non riesci a dirlo
(Faust I°, Studio, v.v. 1840-41).

Un verso apparentemente amaro, oscuro … forse sintomo di quel dolore che si nasconde dietro la maschera di Dioniso e che scaturisce come bilancio di una riflessione sull’esistenza. Però Carotenuto non ne forniva un’interpretazione così pessimistica.
Un verso che sorprende, inquieta deve essere considerato come un test a cui veniamo sottoposti: che cosa vuol dire, cosa mi sollecita, come io lettore sono in grado di produrre una risposta che sia specchio fedele della mia complessità psicologica. Questo è un metodo che nulla ha a che fare con una dimensione nozionistica dell’insegnamento della psicologia, dove si chiede allo studente di memorizzare e riprodurre passivamente. Carotenuto non si presentava in aula per ripeterci una sintesi dei suoi libri già scritti, semmai per costruire insieme agli studenti la struttura dei futuri testi.

Veniva sollecitato un meccanismo per il quale lo studente, percorrendo parallelamente al docente la traiettoria dei contenuti, si sentiva coinvolto come se i temi trattati lo riguardassero personalmente. Quindi non si può insegnare a meno che chi ascolta non elabori continuamente ciò che viene detto facendo riferimento al mondo delle sue esperienze soggettive. In pratica Carotenuto ci diceva:

Quelle esperienze interiori che hanno sostenuto il nostro più intimo sapere non si possono insegnare, ciò nonostante se il nostro messaggio si nutre di una ricerca interiore, ha una valenza e una risonanza che giungono all’altro come nutrimento.

Quindi quello che noi sappiamo è un fatto privato e individuale che può essere comunicato solo in una situazione dove la fiaccola del sentimento è accesa!
Ma la fiamma dell’entusiasmo non può brillare all’infinito, non si può vivere in uno stato di ebbrezza permanente, pena il rischio di precipitare in una condizione di intuizione estatica cronica, così come ci ricorda la tragica fine di Nietzsche.
Dioniso, oltre che dell’entusiasmo, è anche il dio della follia, dello smembramento e della doppia nascita. Anche Carotenuto ha più volte attraversato l’esperienza della disgregazione e della rinascita. La lezione che viene presentata nel testo a seguire, è stata tenuta solo poche ore dopo la tumultuosa assemblea che sanciva, nel 1992, il suo distacco, doloroso e polemico, dall’AIPA.
Leggiamola come una testimonianza di vita piena, che non significa affatto raggiungere il successo, ma possedere quella libertà psicologica interna che ci permette di orientarci in ogni direzione senza paura.
Se la sua eredità consistesse solo in questo, sarebbe già abbastanza.

Erika Czako, laureata in Medicina e in Psicologia, ha collaborato dal 1999 al 2005 con la Cattedra di Psicologia della Personalità del Prof. Carotenuto. Nel periodo 2005-07 si è occupata della riorganizzazione dell’archivio professionale di Carotenuto e nel 2010 con la Casa Editrice Ananke ha curato la pubblicazione di Apollineo e Dionisiaco’, seminari universitari di Aldo Carotenuto su Nietzsche.

Trascrizione integrale della lezione del 15/12/1992

Università di Roma ‘LA SAPIENZA’ – Facoltà di Psicologia
Corso di Psicologia della Personalità e delle Differenze Individuali
Prof. Aldo Carotenuto
Anno accademico 1992/93

 

Un poco di pazienza, ragazzi!
Noi cerchiamo di dare un contributo alla scomodità bilanciandola con cose più o meno interessanti, almeno al nostro livello … Comunque vi debbo dire che io non ho mai fatto lezione con la soddisfazione di avere tutti seduti … Voi ridete, ma è così!

Facciamo un applauso al Professore!” – si inserisce Rocco (l’insegnante in pensione che da anni segue le lezioni di Carotenuto intervenendo, a volte, con esiti esilaranti).
Non c’è bisogno ! …. Buono, buono, buono”, implora Carotenuto .

Siamo entrati in un argomento e vorrei iniziare la discussione di oggi citandovi, normalmente non lo faccio mai , le parole di un famoso filosofo sul quale si impernia tutta la cultura moderna, cioè Nietzsche, il quale diceva ad un certo punto:

Nell’uomo in realtà si nasconde sempre un bambino che vuole giocare.

La frase di per sé non è particolarmente eclatante, però siccome ci viene da una persona che sicuramente, anche attraverso le sue difficoltà interiori, ha indagato la nostra condizione umana, allora noi come al solito dobbiamo riflettere e pensare insieme il significato di queste cose. Qual è il problema? E’ che la vera essenza del gioco e quindi anche della dimensione umana non è mai limitata da un fine particolare.
Questa è una considerazione psicologica per noi sottile e allo stesso tempo particolare, perché se noi parliamo di neotenia e parliamo cioè degli elementi che debbono essere conservati nella nostra vita, capite immediatamente che questa dimensione per la quale io posso essere tutto preso alla realizzazione di qualcosa senza che però abbia un limite, ecco questa particolarità diventa poi importante e peculiare per noi perché ci permette di raggiungere anche cose che noi non abbiamo pensato … bene tutte queste cose noi rischiamo di perderle e molte volte l’amarezza della vita, quando per esempio voi vedete vostro padre sempre serio su una poltrona … da dove deriva? Voi dite … certo i pensieri, le difficoltà … ma noi in quanto psicologi dobbiamo invece cercare di capire le vere ragioni e una delle ragioni vere è proprio questo, che viene a mancare tutta questa dimensione, abbiamo detto della neotenia e in particolar modo parliamo adesso del gioco, cioè quello di poter tendere sempre a qualcosa che non sia limitato dagli eventi.
La prigionia limita!

Ora la nostra mente riesce in realtà sin dall’inizio ad essere diretta verso qualcosa per la quale io ho soltanto il piacere di fare quella cosa, cioè, in altre parole, quando si gioca, si gioca per il piacere di fare quello che si sta facendo.
Ora noi ci incontreremo sempre con persone che sono dannatamente costrette ad espandere se stesse nella direzione sbagliata della loro esistenza. Queste qui sono poi le pene peggiori che può incontrare una persona. In genere io in altre occasioni ho chiamato questa situazione “nevrosi da nullità”, che consiste nel passare il tempo della propria vita a fare delle cose di cui si è consapevoli che non valgono nulla.

Allora quando si dice: io trovo un lavoro, cerco un lavoro, non ci si rende conto che di per sé una cosa del genere non significa nulla se questo qualcosa non è legato ad una mia espansione per la quale io farei le stesse cose a prescindere da qualsiasi risultato io possa avere.
La realtà dura dell’esistenza è esattamente il contrario: io sono costretto a fare delle cose delle quali capisco la nullità, capisco l’inutilità, che sono assolutamente insostenibili e inconcepibili … ma sono costretto a farle.

Ora questo proprio va a ledere questa dimensione iniziale della nostra esistenza che invece ci porta a fare delle cose solo per il piacere di farle. Allora quando si osserva un bambino che gioca e che sta lì ore ed ore … attenzione non è che lui gioca e si accontenta di quello che fa … è che intrinsecamente è contento di quello che fa ! Cioè c’è il piacere di fare delle cose che permettono a lui di sentirsi felice e comunque in armonia con l’universo.
E allora come si chiama questa capacità di poter giocare con due sassolini, oppure per noi poi da adulti di poter prendere un pezzo di carta e fare uno scarabocchio, o quello che voi volete, ebbene questa si chiama immaginazione.

Voi sapete che l’immaginazione è una capacità che noi abbiamo appunto di formare immagini mentali di ciò che non è realmente presente. Allora facciamo i collegamenti – voi dovete sempre cercare di pensare in questo modo – nella mente mia il bambino gioca con i due sassolini, gioca con un pezzo di carta e chissà cosa immagina … In quel momento la sua immaginazione, attenzione, lo porta a fantasticare tutto un mondo che lì non esiste, ma che esiste però dentro se stesso.
E queste sono cose importanti e fondamentali. Allora il vero problema è quello di poter conservare questa capacità immaginativa.
Il grande potere dell’immaginazione e, come voi sapete, la dimensione più ampia dell’uomo che è sempre quella artistica, è sempre legata all’immaginazione. Cioè io non ho bisogno di cose concrete, non ho bisogno di stimoli presenti all’esterno ma, attenzione, è sempre il mondo interno che è capace di creare le cose. E questa è una funzione, che noi esseri umani abbiamo, fondamentale.

Quando sarete un po’ più grandicelli io vi inviterei a leggere le penose esperienze, al limite dell’umano, oltre il quale ci può essere solo l’inferno, delle persone che circa 50 anni fa sono state costrette ad andare nei campi di concentramento. Voi direte … ma perché quando sarete più grandicelli … perché sono letture devastanti … davvero si perde ogni speranza nella vita, ma sono letture devastanti e purtroppo nello stesso tempo istruttive, per vedere come le persone comunque cercavano di sopravvivere in situazioni che sono state definite le estreme situazioni dell’esistenza, oltre le quali ci può essere solo la morte o l’inferno o il diavolo.

E’ vero questo: queste sono situazioni estreme. Bene anche in queste situazioni estreme si vedeva che certe persone riuscivano, attraverso l’immaginazione, a sopravvivere. Cioè non erano tanto le torture o il fatto che venivano fucilati, questo è un altro discorso, ma tenere una persona per 5 anni nelle situazioni più disperate possibili, ebbene una persona resiste attraverso la sua immaginazione.
Bene, voi sapete però che noi crescendo siamo costretti a distruggere questa capacità.

E qui noi dobbiamo veramente lottare contro un pregiudizio che si fa nei nostri riguardi da piccoli e che poi si fa da grandi, cioè è come se la vita di un bambino deve essere considerata come un’età da superare …. quando poi diventerai grande …. È questo è talmente vero che anche un momento fa ve l’ho detto anche io! Però è un pregiudizio fatale per noi perché quello che si sottintende quando si dice ‘nel momento in cui diventerai grande’, sottintende che le tue capacità, queste della neotenia, io te le debbo distruggere, non sapendo che noi abbiamo invece proprio in quelle particolari capacità la chiave della nostra esistenza.

Allora noi psicologi queste cose le dobbiamo sapere. Ora come i fisici conoscono i misteri dell’atomo, i medici conoscono, o dovrebbero conoscere, i misteri del nostro corpo, così noi, come psicologi, dobbiamo conoscere i segreti della nostra anima.
E sono segreti importanti perché di fronte ad una persona disperata che piange di fronte a voi, voi vedete soltanto un bambino che ha perso la possibilità di essere bambino.

Voi sapete che nella psicologia a cui io aderisco, diciamo per simpatia, la psicologia junghiana, noi abbiamo un termine “puer aeternus” oppure “puella aeterna”, che cosa significa? Sta a significare una capacità di essere sempre un po’ cuccioli, cioè sempre portatori di una dimensione interna un po’ sanguinante, un po’ che fa star male, che però è ricca di possibilità trasformatrici, cioè il puer aeternus è quello che si trasforma in continuazione, è sempre un fanciullo e quindi è sempre in crescita, capite?

E allora noi abbiamo il puer aeternus anche in persone grandi, ma non deve questo termine essere considerato come qualcosa di negativo, tutt’altro, perché è la capacità dell’uomo di conservare in se stesso la dimensione creativa rispetto al mondo, questa dimensione di essere sempre vivo e curioso.
E poi, scusate, noi facciamo parte di una religione nella quale ad un certo punto si dice che per entrare nel Regno dei Cieli bisogna essere come dei fanciulli. Allora queste frasi che hanno tutta la loro carica religiosa e come tali possono essere capite, possono essere da noi rilette in una maniera diversa, cioè : entrate nel Regno dei Cieli se siete capaci di conservare la vostra vita, la vostra esistenza …

Allora l’immaginazione è una dimensione per la quale la realtà di per sé è superabile perché io attraverso l’immaginazione la scolpisco, bene con questa situazione io sollevo la mia vita dalle cose.. Quindi non è più importante vivere in un certo modo o in un altro modo come condizioni naturali o condizioni pratiche, ma è invece importante avere questa grande forza immaginativa attraverso la quale io posso fare viaggi enormi e posso vedere le cose che gli altri non vedono.

Per esempio oggi su tutti i giornali c’è una notizia particolare che mi ha abbastanza colpito. Allora io ho pensato, naturalmente poi uno pensa sempre in modo legato alle cose cui sta pensando, allora ho detto: ‘questo è un puer aeternus!’ Allora la storia è questa, qualcuno di voi già la saprà. Voi sapete che esiste un famoso quadro, misterioso che si chiama ‘La Gioconda’. Misterioso perché nessuno mai sa bene chi sia, a chi voglia corrispondere, a che cosa alluda ecc.

Allora c’è stato uno scienziato il quale ha avuto un’intuizione ed io l’ho invidiato perché mi sembra proprio vero, però guardate come può una persona avere un’intuizione del genere … allora vi spiego quale è stata, perché è un puer aeternus, solo un bambino che fa le marachelle riesce a vedere, a cogliere queste cose, perché queste cose … una persona seria … un direttore di un museo non avrebbe detto niente perché sicuramente è uno già andato, è già perso …. Ha fatto carriera, quindi non vale più niente, cioè non ha nulla che lo ispiri … allora questo signore, magari poi sapremo che è un direttore di museo, ma credo proprio di no, ma comunque che cosa ha detto : bene ! La Gioconda non è altro che la trasposizione interna che Leonardo ha fatto di se stesso visto come donna. E poi ha fatto tutti gli esperimenti con degli specchi ed è sorprendente quello che si vede, cioè il volto di Leonardo e il volto della Gioconda sono assolutamente sovrapponibili.

E a me la cosa piace, anche se poi non è vera io diventerò un difensore di questa tesi perché mi piace molto. Cioè lui è riuscito a dimostrare, è chiarissimo, che il volto della Gioconda non è altro che la trasposizione dello stesso volto di Leonardo, però al femminile. Allora si spiegano tante cose. Però io voglio far capire una cosa: come ha fatto lui in tanti anni, la Gioconda esiste da tanti anni , tanti critici l’hanno osservata, tante persone ci hanno pensato sopra, come mai è stato l’unico che ci è riuscito? Perché probabilmente aveva un diavolo dentro, o vale a dire, era un bambino …. Era cioè uno che sapeva giocare con le cose e allora questo poter giocare con le cose gli ha permesso di fare questa supposizione.

Allora voi capite il discorso che stiamo facendo: ma che cos’è la personalità? Ma noi non capiremo mai che cos’è la personalità come punto finale se non capiremo che questa non è altro che il raggiungimento e la messa a punto di situazioni che noi abbiamo già dentro e che noi dobbiamo non perdere o superare, ma addirittura conservare!
E’ questo il concetto basilare. Io ve lo dico sempre: se noi riusciamo a conoscere il nostro volto di bambino, noi saremo sempre giovani, vivi; non è che quando noi lo perdiamo siamo adulti… siamo invecchiati! E guardate è una cosa importante che voi capiate per tutto il resto della vostra vita.

Allora direi che questa dimensione critica rispetto a questi fattori che sembrano infantili e che invece non sono infantili ma sono fattori di crescita, che cosa fa? Impedisce a tutti noi di capire che noi veniamo al mondo con un bisogno innato di apprendere. Guardate, quando io vi dico innato, vi dico una parola estremamente “difficile” nel linguaggio psicologico … innato …. appreso è molto difficile, però noi abbiamo il coraggio di farlo, no?
Guardate, chi non esprime nulla, non è una persona coraggiosa. Noi esprimiamo delle idee che possono essere sbagliate o esatte, però le esprimiamo. Allora diciamo che è innato questo bisogno, è un bisogno di crescere per poter imparare.

Attenzione, attenzione …. Crescere per poter imparare. Allora è come se la nostra dimensione psicologica fosse una dimensione che ha senso, che si è strutturata nell’esistenza soltanto allo scopo di imparare le cose. E qui c’è una delle tante differenziazioni che noi possiamo avere tra il mondo animale e quello degli uomini: che noi impariamo.
Ecco perché c’è poi la cosiddetta ‘tradizione culturale’, c’è la cultura, cioè noi abbiamo fatto uno sforzo, cioè è stato fatto molto tempo fa e ci hanno messo in una condizione per la quale, voi lo sapete dalla genetica, là dove c’è stata una mutazione, sono venuti uomini che imparano e che hanno fatto fuori gli altri che non imparano. La sopravvivenza favorisce noi che impariamo rispetto a quelli che non imparano e quindi gli uomini che non riuscivano ad imparare sono stati praticamente fatti fuori, non si sono sviluppati, mentre noi ci siamo sviluppati e non è un caso che siamo qui a imparare. E quando noi allora abbiamo questo germe, questo virus che ci spinge sempre ad avere un libro in tasca, ascoltare vedere, fare e chiederci e domandarci e porci degli interrogativi, a quel punto noi siamo veramente legati al mondo della natura, capite?, perché se è naturale che io imparo e faccio questo, io mi inserisco nell’alveo naturale.

E allora voi vi spiegate quello che veniva espresso in termini poetici, vale a dire nel periodo romantico, importantissimo periodo dell’esistenza della cultura, quando c’era quest’amore per la natura e per le cose … loro senza sapere avevano capito che l’uomo, se inserito in questo mondo della natura, allora è veramente uomo, quando invece se ne distacca è invece tutta un’altra cosa.
E questo perché è importante? Io non so se voi avete mai vissuto quella che si chiama una intensa partecipazione. Allora l’intensa partecipazione forse voi l’avete sperimentata quando vedete un film. Se voi vedete un film e vi piace naturalmente, per cui ad un certo punto non guardate l’orologio, non guardate la persona che vi è accanto, non pensate che avete fame …. allora in quel momento c’è un’intensa partecipazione. Adesso io non sto a dire quale tipo di film. Però se c’è un film che vi prende allora in quel momento partecipate intensamente e state a bocca aperta … quella è l’intensa partecipazione e lì il regista è bravo … almeno con il vostro tipo psicologico ha fatto le cose in modo tale che non c’è possibilità di perdere tempo, di distrarsi … vi cattura ! Ricordate che ne parleremo giovedì nel seminario sulla seduzione e questo concetto della cattura è importante.

E questa intensa partecipazione sapete cosa procura a tutti noi? Attenzione! Ci eccita. Ribollono dentro di noi le cosiddette endorfine che sono quelle sostanze simili alla morfina, solo che sono sostanze naturali. Adesso vi faccio un esempio. Dovete sapere che quando io vi parlo, attenzione, non è un caso che io il seminario l’ho messo nella seconda parte, non nella prima, perché per me parlare è eccitante e allora mi si sviluppano le endorfine per cui quando devo parlare nel secondo tempo sono molto più gasato che nel primo! E’un fatto fisiologico che capiterebbe a qualsiasi persona, non è che sono più stanco, ma manco per niente, poi non potete capire come sono se devo fare una terza lezione! Allora a quel punto cadono le mura!

Ma per dirvi … la partecipazione vi crea all’interno, vi suscita qualche cosa e allora questo suscitare dà a noi un senso di onnipotenza. Infatti dopo che voi avete fatto quest’esperienza, se qualcuno vi si avvicina, voi non parlate più. Siete troppo gasati … è un’altra cosa! Però si può capire, non è mancanza di tatto, perché uno sta in una situazione di eccitamento che gli permette però di superare delle situazioni, altrimenti non potrebbe farlo. E in quel momento dà la consapevolezza di una grossa potenza rispetto alla propria crescita, rispetto alla natura, rispetto al mondo. Poi piano piano cala … uno si addormenta e finisce così .
Però, diciamo, uno le deve vivere queste esperienze! Le deve vivere perché sono esperienze molto importanti che danno un senso alla propria sicurezza interiore e come al solito vanno verso la formazione della personalità.

Perché la personalità non è che arriva così, è un consolidamento successivo, progressivo, costante, lento ma sempre presente di una serie di esperienze così come vi sto parlando e sono esperienze che hanno una base appunto nella nostra situazione psicologica. E questo potenziale di crescita che ci deriva da esperienze del genere è avvertito da tutti noi come una continuità, come un accrescimento, cioè noi dovremmo già all’età nostra avere questa sensazione, giorno per giorno, istante per istante, non deve passare un minuto in cui non sentiamo che stiamo crescendo … e non è che ci debbano capitare sempre cose positive, anche se sono negative io cresco nel momento in cui dò senso alle cose negative, le so amalgamare in me stesso, in modo tale che la mia personalità cresce sempre di più. E cresce, attenzione, non in funzione però delle cose che ricevo, questo è un equivoco nel quale non dobbiamo cadere, ma cresce in funzione delle cose che io sviluppo dal di dentro, per cui effettivamente una persona che si sviluppa con questa modalità diventa una persona onnipotente, invincibile e non è il denaro, non saranno le cose pratiche che faranno di lui una persona felice … ma sarà dal di dentro la sua felicità e allora lui è pronto a fare qualsiasi cosa.

Poi le persone generose sono queste, capite? Persone generose perché sanno che possono attingere sempre al pozzo profondo della propria anima, allora il pozzo dell’anima non si esaurisce mai, è sempre pieno perché l’ho riempito io, ma se invece devo attingere dal di fuori si diventa una persona gretta. Allora è la cosa che ho, l’orologio che ho, la penna che ho, che mi fa felice. Ma queste sono sciocchezze, sono degli sbagli psicologici madornali !
Purtroppo il mondo è pieno di queste cose, ma noi diciamo che abbiamo una crescita che è legata al senso della continuità inserita nel grande mondo della natura.
Va bene … adesso le endorfine sono parecchie … allora apro la discussione, se ci sono domande da fare …

Trascrizione di Erika Czako

 

 

             

 

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