Il mistero del Golgota. Tra i demoni e gli dei della modernità

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 13, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2011 – Estratto

Non solo gli uomini, ma anche gli dei muoiono. O si trasformano in figure di legno, di cemento o di pietra, privi della propria essenza “religiosa”. A volte rinascono. L’immagine di Cristo morto sulla croce che prevale nella nostra cultura su ogni altra icona religiosa, è emblematica e ci ricorda che, per la nostra coscienza collettiva, Cristo non è mai risorto.

La croce ha significati universali e risuona profondamente dentro di noi in quanto rappresenta un momento cardine dell’evoluzione umana che non è stato del tutto compreso né ha ancora trovato la dovuta appartenenza nella nostra realtà psichica. Questo momento evolutivo viene definito nell’esoterismo cristiano “nozze spirituali” e nella nostra cultura occidentale viene rappresentato dalla figura umana (l’io) inchiodata alla croce-mandala (il Sé). L’attivazione del “Sé” nella psiche umana e tutta la dinamica archetipica ad esso collegata è un processo carico di insidie e di violenza, una vera e propria “catastrofe psichica”. Secondo Jung non c’è posto in questo mondo per la nascita del Sé in quanto, per lo status quo consolidato, esso rappresenta una stranezza, un’aberrazione o perfino un crimine. Esso deve quindi realizzarsi “extra mundum”. Se vogliamo comprendere ed elaborare il processo interiore senza soccombere alla sua violenza né rimanerne vittima, occorre avere un punto di osservazione al di là del “mondo”.

Cosa può mai seguire alla morte di un “Figlio di Dio”? “Punizione, tormento, morte e trasfigurazione”, sostiene Jung. L’accesso alla dimensione eterna-universale dell’esistenza, che definiamo appunto “Sé”, trascina con sé l’ombra del “personale” e l’incontro con l’ombra inizia con una dolorosa umiliazione, con una sconfitta dell’io che viene decentrato, relativizzato, a volte annichilito.

I demoni della modernità, le nostre attuali entità terrorizzanti, sono i portatori di morte, ma non di una morte fisica come viene spesso rappresentato simbolicamente nell’arte o come noi tendiamo a interpretare, ma di un dramma di morte e rinascita nel quale l’io incontra il proprio destino transpersonale e si affida ad esso. I demoni della modernità sono i Demoni precursori di un nuovo inizio (“morte iniziatica”), un passo necessario per penetrare i misteri dell’esistenza e intraprendere un cammino di conoscenza. Il consiglio di Jung per sopravvivere a questa “crocefissione” è quello di “ormire o pregare”, ma anche “Immaginare”: un’immaginazione creativa favorisce la trasformazione degli opposti e la conseguente redenzione.

La “verginità” psicologica necessaria in questo processo definisce un atteggiamento che è “puro” nel senso che è capace di entrare in relazione con l’universale, cioè un atteggiamento privo, “purificato” della componente personale. L’io vergine è un io sufficientemente forte e consapevole da potersi mettere in relazione con l’energia transpersonale senza esserne “risucchiato”, senza cioè identificarsi con essa.

Abstract

Il mistero del Golgota. Tra i demoni e gli dei della modernità

L’autrice in questo testo analizza il significato della crocefissione così come viene interpretato nell’arte e nella iconografia religiosa contemporanea e focalizza l’attenzione soprattutto sull’esperienza psichica archetipica associata al simbolo cristiano. In particolare viene messo in rilievo l’importante contributo di Rudolf Steiner, in sintonia con Jung ed i più recenti sviluppi della scienza contemporanea. Non solo gli uomini, ma anche gli dei muoiono. O si trasformano in figure di legno, di cemento o di pietra, privi della propria essenza “religiosa”. A volte rinascono. L’immagine di Cristo morto sulla croce che prevale nella nostra cultura su ogni altra icona religiosa, è emblematica e ci ricorda che, per la nostra coscienza collettiva, Cristo non è mai risorto. I demoni della modernità, le nostre attuali entità terrorizzanti sono i portatori di morte, ma non di una morte fisica come viene spesso rappresentato simbolicamente nell’arte o come noi tendiamo a interpretare, ma di un dramma di morte e rinascita nel quale l’io incontra il proprio destino transpersonale e si affida ad esso. È molto significo che nella esperienza clinica il simbolo del Cristo emerga a volte nel momento “clou” delle “emergenze spirituali” come promessa del processo evolutivo e coronamento di una nuova e più profonda personalità. La potenza misteriosa del Simbolo può, durante questo percorso, suscitare una tale fascinazione e raggiungere una tale intensità, da fare scaturire la dolorosa identificazione con il Cristo, la sua passione e morte. Per completare il processo evolutivo il Mistero della Croce dovrà essere sperimentato, compreso e assimilato dall’individuo come proprio destino personale. A questo punto la proiezione viene ritirata e l’uomo è ora in grado di stabilire un rapporto individuale con lo “Spirito Santo”, ovvero con la fonte eterna dell’essere. È questo, secondo Steiner, l’importante passo avanti in direzione del superamento del “cristocentrismo”. Passo che non si compì alla morte di Cristo in quanto l’individuo non divenne lui stesso il “vaso del divino”; emerse, invece, un contenitore collettivo, la Chiesa, come tramite unico del “messaggio” e “vaso dello Spirito Santo”. Il pensiero di Steiner come quello dei moderni scienziati fa un balzo oltre il razionale e delinea i tratti di un’affascinante e complessa visione dell’uomo: un uomo multidimensionale, visione nella quale possiamo scorgere una via che gli restituisce dignità e la possibilità che l’interiorità umana si intensifichi nell’empatia, nella creatività e nell’inspirazione.

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Virginia Salles