Sándor Lorand: un tributo a Ferenczi, “pioniere dei pionieri”

Adattato da: Giorgio Antonelli, Il mare di Ferenczi. La storia, il pensiero, la vita di un maestro della psicoanalisi, Roma, Di Renzo Editore, 1997

A cura di Franz Alexander, Samuel Eisenstein e Martin Grotjahn viene pubblicato, nel 1966, il testo Pionieri della psicoanalisi (pubblicato in traduzione italiana da Feltrinelli cinque anni dopo). Un capitolo, curato dal paziente di un tempo, nonché tra i fondatori insieme a Brill dell’Istituto Psicoanalitico di New York, Sándor Lorand, è dedicato a Ferenczi “pioniere dei pionieri”. A parte numerose, intriganti notizie biografiche (Ferenczi amava osservare e ascoltare gli uccelli, scrisse poesie per la futura moglie etc.) Lorand affronta la questione della tecnica e della sua relazione con l’equazione psicologica di Ferenczi. Quest’ultima ci interessa in modo particolare. Freud, prima di Lorand, e Chasseguet-Smirgel dopo, tra gli altri, hanno sentito la necessità di prenderla in considerazione. Lorand, il quale la affronta in una nota a pié di pagina, sostiene che Ferenczi “aveva uno smodato bisogno di piacere”. In ciò lo aiutava “una qualità di tipo infantile” la stessa che, secondo Lorand, lo portava con una certa facilità ad identificarsi con i bambini. Punto, quest’ultimo del “Ferenczi-puer”, che anche Jones ha messo in evidenza nelle sue memorie. L’ipotesi che Lorand formula si lega alla paternità mancata (“frustrata” scrive) di Ferenczi e al relativo tentativo di compensarla. È l’irrisolto problema della paternità che, secondo Lorand, “può aver costituito il motivo per alcuni esperimenti più radicali in materia di analisi attiva e di assunzione di un ruolo con i pazienti.”

Lorand affronta anche la questione della presunta malattia mentale di Ferenczi. Riconosce i molti aspetti nevrotici presenti in Ferenczi (l’ipocondria, lo smodato bisogno di piacere) e ammette la possibilità che nelle ultime settimane di vita “Ferenczi abbia presentato segni di decadimento quale conseguenza diretta dell’anemia”. Rigetta però la tesi di Jones che “il lato oscuro di Ferenczi fosse sempre rimasto celato nel suo intimo e che solo negli ultimi anni della sua vita fossero emerse in lui quelle manifestazioni nevrotiche che dovevano determinare il suo distacco da Freud.” Lorand ebbe anche modo di parlare della questione con Jones negli anni cinquanta, venti anni dopo la morte di Ferenczi. Nell’occasione Jones si sarebbe mostrato ancora critico e irritato nei confronti di Ferenczi. “Ovviamente” commenta Lorand “questi pregiudizi personali influirono sul suo atteggiamento scientifico: a motivo di ciò Jones finì col trascurare la precisione delle notizie relative allo stato di salute, alle relazioni e al comportamento di Ferenczi.” Una controprova della lucidità di Ferenczi, Lorand la ravvede provocatoriamente nel controverso scritto sulla confusione delle lingue oltre che nelle note e nei frammenti inclusi nel quarto volume di Fondamenti di Psicoanalisi (Bausteine zur Psychoanalyse).

Critico nei confronti di Jones, Lorand nega anche la legittimità della sua affermazione secondo cui Ferenczi si sarebbe allontanato da Freud nell’autunno del 1929. È un fatto che la corrispondenza dei due durò fino alla morte di Ferenczi. Inoltre, osserva Lorand, “se vi fosse stata una rottura, certamente la Società Psicoanalitica di Vienna non avrebbe invitato Ferenczi a parlare in onore di Freud in occasione del suo settantacinquesimo compleanno.” Nella circostanza, come sappiamo, Ferenczi presentò il lavoro “Le analisi infantili sugli adulti”. Freud vi appare come “il maestro” e vi viene difeso dalla fama di intollerante. Ciò a ridosso dell’esistenza, riconosciuta, di un certo contrasto di idee tra i due. Ferenczi ammette le proprie “deviazioni” dalla psicoanalisi e dice di non poter affermare che Freud sia d’accordo con tutto quello che egli ha pubblicato. Tuttavia, continua, “né a lui né a me è mai venuto in mente di interrompere la nostra collaborazione a causa di queste differenze di metodo e di teoria, dato che sui punti fondamentali della psicoanalisi il nostro accordo è assoluto.” (1931, 398). E del resto, vale la pena di ricordarlo, è anche nel segno di Freud, e di un tributo a Freud, che si consuma l’ultima pubblicazione di Ferenczi. Si tratta del lavoro intitolato “L’influsso di Freud nella medicina” la cui pubblicazione in inglese fu curata dallo stesso Lorand. L’affermazione finale su Ferenczi secondo la quale “tra i pionieri della psicoanalisi nessuno, eccettuato Freud, contribuì in modo altrettanto valido e con idee altrettanto originali, allo sviluppo della psicoanalisi, portandola a quel prestigio di cui gode tuttora” è ampiamente da sottoscrivere per quel che riguarda lo sviluppo. Quanto al prestigio della psicoanalisi, la questione è tutta da declinare.

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Giorgio Antonelli