Duello onirico nr 3 (a distanza): Rank e Freud

tratto da Giorgio Antonelli, “Duelli onirici. Fulminea storia della psicoanalisi dal punbto di vista del sogno”, in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 56, Roma, Di Renzo Editore, 2004

Un inganno, un fraintendimento, stando a quanto ne disse Otto Rank, avrebbe informato la redazione della Traumdeutung, dell’Interpretazione dei sogni di Freud. Freud, lo apprendiamo dalle sue parole, si sarebbe dedicato alla stesura di questo portentoso brano della sua autobiografia a seguito della morte del padre, morte giudicata come l’evento più importante nella vita di un uomo.

In un’ottica anticausalistica e dunque antipsicoanalitica, il postpsicoanalista Rank confuta l’affermazione di Freud invocando due punti di vista che si potrebbero nominare come il punto di vista dell’altro padre, e cioè del padre vero, e il punto di vista della madre.

Il padre vero è Breuer. È a Breuer, scrive Rank, che Freud deve la chiave di comprensione delle nevrosi e, dunque, anche le ragioni del suo successo. Breuer, più che Fliess, è il reale passeur di Freud, quello che è stato testimone del venir Freud a capo del proprio desiderio in merito alla cosa psicoanalisi. Se c’è una morte che fa da preludio alla scrittura della Traumdeutung, non è la morte del padre di Freud, ma la morte di quest’altro padre, Breuer, un padre ucciso da Freud. Meglio dovremmo dire che la psicoanalisi ha avuto due padri, un padre vero, Breuer, e un padre putativo, Freud.

Il delitto compiuto da Freud ha tutte le carte in regola per apparire perfetto. Di Breuer, nella Traumdeutung, non c’è traccia. Nei termini di Rank, dunque, la morte del padre, invocata da Freud, è una morte di copertura. La morte del padre vero di Freud avrebbe coperto quella più profonda del padre vero della psicoanalisi, Breuer. L’evento più importante nella vita di Freud non è stato la morte del padre, ma la rottura con Breuer. È a questo evento che Freud risponde con la Traumdeutung.

Rank, però, ha ancora altro da dire sull’(auto)inganno di Freud. Lo spostamento da Breuer al padre vero, un meccanismo principe invocato da Freud in tema di interpretazione dei sogni, equivale, a ben guardare, a uno spostamento dal presente (Breuer) al passato (il padre). Ora, è appunto in questo spostare in direzione del passato che risiederebbe secondo Rank il senso dell’interpretazione psicoanalitica. Rank ascrive questo riandare indietro nel tempo, di cui è critico severissimo, a un tentativo di lenire la colpa. La colpa si situerebbe dunque all’origine dell’interpretazione e dell’interpretazione dei sogni. Per lenire la colpa (la colpa causata dall’uccisione di Breuer, dall’eliminazione di Breuer dal tessuto della Traumdeutung) Freud avrebbe operato uno spostamento da Breuer al padre. In questo senso, per Rank, Freud avrebbe fatto un uso terapeutico della Traumdeutung. Non vedendo in essa Breuer, non vi avrebbe visto riflessa la propria colpa.

Se Freud lavora sui propri sogni, lo fa per capire la relazione col padre morto. Non diversamente dal ghost del padre di Amleto, i cui dubbi si legano a una colpa, anche Freud ha il suo fantasma, il suo morto che non vuole saperne di uscire dalla scena. Da una parte Amleto deve vendicare la memoria di un padre ucciso a tradimento, dall’altra Freud deve scrivere l’Interpretazione dei sogni. Prova ne sia il sogno che Freud fa la notte dopo i funerali (così scrive a Fliess, ma nella Traumdeutung, come anche fa notare Resnik, lo stesso sogno è collocato nella notte che precede i funerali). Freud sogna di trovarsi in un locale e di leggervi un cartello che reca la scritta: “Si prega di chiudere gli occhi”. Il locale del sogno è un negozio di barbiere presso il quale Freud si serve tutti i giorni. Per avervi dovuto aspettare il proprio turno, tuttavia, egli era arrivato in ritardo ai funerali. La frase, scrive Freud, va letta come invito ad adempiere il proprio dovere verso i morti.

Secondo Resnik “la trasformazione del sogno nella versione diretta a Fliess sembra dettata dal bisogno inconscio di Freud di non assumersi la responsabilità del lutto (chiudere gli occhi).” Nell’Interpretazione dei sogni, però, c’è un’alternativa: “negare il lutto o stringere un’alleanza falsificatrice con se stesso per evitare il confronto”. In un certo senso, per quanto percorrendo diverse traiettorie, le interpretazioni di Rank e Resnik concordano o, almeno, si lasciano leggere insieme. Perché, comunque, di padre si tratta e di colpa, di un legarsi di padre e colpa nel sogno e di uno scrivere la Traumdeutung in relazione a quel legarsi.

In definitiva la terra del sogno, essendo una terra dei morti, è la terra dei padri morti. Rispetto a Freud e Resnik, Rank opera un ulteriore spostamento: dal padre della realtà al padre simbolico, il padre cui Freud deve la scoperta, l’invenzione della psicoanalisi. Potremmo dire che, proprio per il fatto di attribuirsi colpe nei confronti del padre della realtà, Freud riesce ad evitare la colpa nei confronti di quello che Rank considera il vero padre della psicoanalisi.

Ha lasciato qualche traccia l’interpretazione di Rank che legge Breuer là dove Freud sogna il padre? Qualche traccia, almeno una che io sappia, l’ha lasciata, anche se in essa si perde il nome del suo ideatore. Prima di arrivare a quella traccia, tuttavia, va detto che lo stesso Freud, almeno per una volta, è vicinissimo all’interpretazione di Rank. Lo è in particolare là dove interpreta il “sogno assurdo che concerne il padre morto”. Come dire che occorre l’assurdo, o il preteso tale, perché Freud si avvicini alla propria verità.

Nel sogno in questione, a un certo punto, il padre racconta a Freud di quando si era ubriacato e in conseguenza di ciò era stato rinchiuso e sorvegliato. Freud nota come “mentre di solito il sogno tratta di ribellione contro altre persone, dietro le quali si cela il padre, qui è l’inverso”. Il padre del sogno, scrive Freud, la cui persona sarebbe altrimenti sacra, è in realtà uno Strohmann, un uomo di paglia, uno che copre altre persone, un padre di copertura, un padre che copre altri padri. In questo trapassare un padre facciata, un padre di paglia, Freud si porta in prossimità di Breuer e di Rank. Ancora più vicino a Breuer e Rank sembra essere Freud quando associa il sogno a una circostanza specifica: un suo collega più anziano, il cui giudizio passava per inattaccabile, si era espresso con disprezzo e stupore sul fatto che un paziente di Freud continuasse per il quinto anno il trattamento psicoanalitico con lui. Freud dunque non procedeva abbastanza in fretta. L’inattaccabilità di quel giudizio implica di per sé l’attaccabilità della psicoanalisi.

Rank non avrebbe dubbi nell’individuare la persona celata dal padre-uomo di paglia. E dubbi non li ha avuti neanche chi, mancando di citarlo, ha individuato in quella figura messa in ridicolo, coperta da un padre ammirato senza riserve, appunto Breuer, il suo mentore che gli aveva voltato le spalle. E cosa fa Freud, invece? Non legge Breuer, dietro il padre-uomo di paglia, ma, diremmo, un altro uomo di paglia, il grande, come lo chiama espressamente Freud, Meynert, professore di psichiatria all’Università di Vienna, le cui orme, scrive Freud, egli aveva seguito “con tanta venerazione” e il cui comportamento verso di lui “si mutò, dopo un breve periodo di predilezione, in aperta ostilità”.

Il fatto che Meynert sia grande giunge a proposito perché la mislettura di Freud riesca in pieno. Ha mai pensato Freud che l’interpretazione e, soprattutto, la propria interpretazione potesse equivalere a un lapsus, a un atto mancato? In effetti non c’è niente di più riuscito di uno Strohmann che ne copra un altro. Non c’è niente di più riuscito di uno Strohmann che sia anche grande. E niente di più persuasivo anche per l’autoanalista Freud, il quale aveva tutto l’interesse a chiudere la catena associativa, diciamo anche la catena dei significanti paterni. Ora, ci si può chiedere: è plausibile che il grande Meynert possa rimproverare Freud a causa di un trattamento psicoanalitico che si protrae per cinque anni? Cosa c’entra Meynert con la psicoanalisi? Quel rimprovero suonerebbe di certo più plausibile se a rivolgerglielo fosse uno che la psicoanalisi a suo modo l’ha fatta, anzi, stando a quanto sostiene Rank, l’ha originata, tirandola fuori dal sapere non saputo di un’isterica. Quale rimprovero alla lentezza del trattamento psicoanalitico condotto da Freud sarebbe più plausibile di quello rivoltogli da uno che della psicoanalisi è stato il vero padre?

Dietro il padre di copertura biologico, dunque, nonché padre venerato e dietro il padre di copertura Meynert, grande psichiatra, la catena dei significanti paterni non è riuscita a scivolare oltre in direzione del vero padre, Breuer. Non ultimo, anch’egli, nella catena, ma certamente più vicino a quell’ultimo che si nomina nella morte. Che coincide appunto con l’assurdo che nessuna interpretazione può svelare, perché è assolutamente reale, un reale che corrisponde in pieno al messaggio del sogno in quanto tale. Il sogno su un padre morto è insomma, alla stregua di qualsiasi sogno, ma in modo certamente più perspicuo, più appariscente, un sogno sulla morte. Sulla morte di una relazione, ad esempio. Sull’impossibilità delle relazioni tra uomini, presumibilmente. Sul fatto che a un certo punto gli uomini voltano le spalle agli uomini. Sul fatto che Meynert volta le spalle a Freud, Breuer volta le spalle a Freud e Freud volta le spalle a Breuer, facendone un morto, non menzionandolo mai, strappandolo per sempre a quella catena di significanti paterni che insisteva nei sogni di Freud affinché questi ne riconoscesse lo scivolare di anello in anello. Con tutto ciò, con questa impossibilità di fatto che qualcuno, anche il grande Freud, possa interpretare i propri sogni, fa il paio l’osservazione, oltremodo severa, di Meltzer secondo la quale, per quanto Freud abbia revisionato la Traumdeutung per quasi un trentennio, egli “non abbandonò mai i preconcetti sui quali si era basata la sua teoria del processo onirico”. Necessariamente vale qui l’adagio di Jung secondo cui nessuno è all’altezza dei propri sogni.

Il fraintendimento, quello stesso che per Schleiermacher si darebbe spontaneamente, non soltanto sarebbe all’origine dei sogni, ma anche all’origine di quell’opera che per eccellenza ha voluto svelarli. Non possiamo allora fidarci, stando a Rank, di quanto Freud ha da dirci sulla circostanza che lo vide iniziare a scrivere l’opera cardine della psicoanalisi. Freud, che snida il fraintendimento, fraintende. Anche Rank, però, non gli è da meno. Per essere giusti con Freud, andrà allora detto che la tesi di Rank la si può legittimamente spingere dalle parti del padre di Rank. A questa catena di spostamenti, del resto, non si può pretendere di apporre la parola fine. Nessun interprete di sogni, nel suo duello con un altro, sia egli Jung o Rank, potrà dire a nessun Freud (e viceversa): io termino la catena.

Non ha forse Rank ucciso suo padre, il nome di suo padre, quel Simon Rosenfeld, gioielliere alcolizzato, che odiava? Diciamo infatti Otto Rank, non Otto Rosenfeld, come richiederebbe l’anagrafe originaria. E poi come spiegare l’accanirsi di Rank contro quell’affermazione di Freud sulla morte del padre come l’evento più disperante nella vita di un uomo? E, inoltre, e conseguentemente, non è forse passato, Rank, dal padre Rosenfeld al padre Freud? Così, mentre stigmatizza il fraintendimento di Freud, anche Rank fraintende. Non vede la propria storia riflessa in quella di Freud, il proprio padre scivolare sul padre di Freud. E, dunque, anche lui colpevolmente sposta. Quanto al punto di vista della madre, infine, si tratta veramente di un’altra, sebbene correlata, avvinghiata, storia.

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Giorgio Antonelli