Aldo Carotenuto, Milano, Bompiani, 1993
Carotenuto ci accompagna in un viaggio nei “sotterranei dell’anima” di due scrittori del calibro di Fedor Dostoevskji e Joë Bousquet. Due grandi interpreti della malattia della coscienza, accomunati da un destino di sofferenza che li sollecita a investigare le realtà dell’anima e a rivelare i lati più segreti, più oscuri dell’essere. Un lungo pellegrinaggio nel corso del quale l’io sperimenta qualcosa di simile a una morte, perché tutti i punti di riferimento che esso aveva fissato per orientarsi nel reale si eclissano. Eclissi della ragione, eclissi della coscienza diurna per accedere a quella conoscenza interiore delle cose che distingue il poeta dall’uomo comune. L’autore, commentando questa nekya, ce ne illustra i pericoli e i vantaggi. Attingendo alle immagini della psiche inconscia, accogliendone le suggestioni ed elaborandone i contenuti, l’individuo matura una consapevolezza di sé e del mondo che riconcilia i poli scissi dell’esperienza, pur mantenendone le contraddizioni. Salute e malattia, sogno e realtà, soggettività e alterità perdono la loro irriducibilità e si relativizzano, concorrendo alla generazione dei destini individuali. Carotenuto ritrova nelle tappe che scandiscono il lavoro analitico gli stessi travagli che caratterizzano l’opus trasformativa dei due artisti; e suggerisce la medesima cura: quella della parola. Riconciliare colui che parla con ciò di cui parla, questo l’impegno in cui converge la ricerca analitica e quella artistica.