“Si prega di chiudere gli occhi”
“SI PREGA DI CHIUDERE GLI OCCHI” 
Lutto ed elaborazione nell’ultimo disco degli Afterhours “FOLFIRI O FOLFOX”
Pubblicato il 4/1/2017

“Avevamo un patto io e te,
ma poi ti si è spento, dentro
Allora l’ho firmato da me,
da solo a sei anni
giù in fondo ad un sogno, d’oro
Tu giurami che noi non moriremo mai
questo puoi farlo…”


Per il loro ultimo album “Folfiri o Folfox”, uscito ormai da più di sei mesi, gli Afterhours sono tornati con un lavoro intimista e sperimentale, imprevisto e straordinario.

Chi come me è cresciuto lungo le orme dei dischi della band milanese sa che gli Afterhours hanno sempre suonato le corde profonde dell’animo umano con il loro sound dolce e graffiante, attraverso la rabbia delle chitarre e le carezze dei violini, cantando l’essenza ambivalente dell’animo umano, coniugando amore e odio, asfissiando i sentimenti dentro un pugno e bagnandoli di saliva e di lacrime.
Folfiri o Folfox è però un album differente dai precedenti, un’opera d’arte nata nel laboratorio dell’anima e del suo travaglio, per dare forma a un cambiamento strutturale, per costruire arterie di senso al dolore.

Un concept album sul lutto e sulla sua elaborazione. E su un lutto molto specifico, denso di significati per la vita psichica: il lutto paterno, vissuto da Manuel Agnelli, voce e leader storico del gruppo. Una strana sincronicità mi ha legato ancora una volta alla band milanese: un anno prima dell’uscita di Folfiri e Folfox mi trovavo all’uscita da un concerto degli Afterhours quando seppi della morte di mio padre. Dopo un anno, ritrovare nel nuovo disco il tema della morte del padre è stato per me come la chiusura di un cerchio, e spiega perché possa scrivere questo articolo solo adesso.
Il lutto è un lavoro che l’Io deve compiere, diceva Freud, anch’egli legato nella sua vita e nelle sue scoperte alla perdita del padre: la notte dopo la morte di suo padre fece un sogno in cui leggeva “Si prega di chiudere gli occhi”. Fu nella tempesta emotiva che ne seguì, nel ritiro interiore e nell’autoanalisi, che giunse alle scoperte confluite ne L’interpretazione dei sogni.
Il poeta Robert Frost diceva con un eloquente frase:

“L’amore di tua madre non devi meritarlo, mentre devi meritarti quello di tuo padre”

ed è per questo che il significato di questa perdita, della figura che ha sostenuto funzioni evolutive fondamentali nel permettere all’individuo di uscire dall’alveo fusionale con la madre e incontrare il mondo, non conosce similitudini nella costante sequela di perdite che la vita, per la sua stessa natura, ci propone.
Questo lavoro gli Afterhours lo hanno fatto in musica, traccia dopo traccia, attraversando tutte le fasi che conosciamo del lutto. Lungo  i 60 minuti di Folfiri e Folfox (nb. nomi di due protocolli chemioterapici) si svolge quel complesso lavoro che parte dalla protesta e dal rifiuto, attraversa il dolore, e giunge alla rinascita.

“Tuo padre nel suo letto,
tu guardi la tv
E ti chiedi se hai risposto
ai suoi occhi con i tuoi:
che sai navigare in un mare d’amore
anche senza di lui…
So navigare nel panico solo
E si lo so
che lui resta dentro di me…
Si, lo so, che tu resti dentro di me.”


Su queste note comprendiamo come la risoluzione del lutto e lo scatto evolutivo che ne consegue passi per delle acquisizione psicologiche fondamentali. Saper navigare in un mare d’amore, nonostante l’assenza, mantenere l’erotica della vita, l’investimento libidico sul mondo, elaborando che Il dono d’amore ricevuto è fatto per essere ridestinato sull’esistenza.
Accettare il panico e imparare a navigarlo: il panico, cortocircuito emozionale del cambiamento sofferto, quello in cui cadiamo quando rimaniamo al crocevia di due strade, troppo spaventati dal nuovo cammino, troppo in colpa per abbandonare quello vecchio. Un nodo che in questo brano viene sciolto attraverso quel lavoro che anche in psicoterapia compiamo: far diventare l’oggetto esterno un oggetto interno, che come tale diviene parte di noi stessi e non muore mai.

“Si lo so che lui resta dentro di me. Si lo so che tu, resti dentro di me”

In mezzo ci sono diciassette brani, che descrivono i movimenti e il tormento dell’anima mentre lotta per acquisire una nuova forma. La negazione di “Non voglio ritrovare il tuo nome”, il confronto coi demoni in “San Miguel” , il cinismo della title track “Folfiri o Folfox”, il nichilismo e la tristezza di “Noi non faremo niente” e “Ne pasci ne pesci”.
17 lunghe tracce di un percorso interiore in musica, che porta all’ultimo brano, la liberatoria “Se io fossi il giudice”, un inno alla vita e a se stessi, alla capacità di plasmare creativamente gli eventi costruendo nuovi significati personali.

Oggi svegliandomi,
ho realizzato che tutto il resto è stupido,
voglio provare a vivere.
Che ci sia luce oppure sia oscurità
cammino come un uomo e parlo come un uomo,
e in mezzo a tutta questa casualità..
Cosa potevi fare? cosa potevi avere?
potevi mai capire? poteva mai finire?
Se io fossi il giudice mi ginocchierei
e darei il tuo nome a ogni preghiera che riconoscerei,
In mezzo a tutta questa casualità,
Chi scappa chi è di pietra,
chi si converte a Dio,
chi spiega le ali e vola via….
Ognuno ha un modo di abbracciare il mondo,
il modo che ho è soffrire fino in fondo…
Libero di non essere più me
Libero di non piacerti più
Libero di buttare tutto via
Oggi svegliandomi, credevo fossi tu
che mi dicevi: stupido, devi tornare a vivere…”


Il disco si conclude così, ma la conclusione era già inclusa nell’inizio, così come la gemma della guarigione è compressa nella malattia. Nella dimensione onirica, nella profondità del ricordo d’infanzia della prima traccia “Grande”, si rivelava la strada che avrebbe restituito senso alla rabbia e al dolore. Il bambino già sapeva. Il bambino, diceva Wordsworth, è padre all’uomo:

“Avevamo un patto io e te e l’hai tradito tu
perché io diventassi grande.
Scoprendo che il dolore non era la destinazione vera.
Che tutto è folle ormai
ma in questo sogno qui noi non moriamo più
e non moriremo mai”.

Autore: Alessandro Uselli
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Alessandro Uselli
Specialista in Psicologia clinica e Psicoterapeuta. alessandro.uselli@gmail.com