Quando l’amore parla con il corpo

FRAMMENTI2

La condizione amorosa risveglia le nostre potenzialità creative, e quando si verificano simili frangenti, l’individuo passa da un livello qualitativo ad un altro, in cui sente che il suo ruolo di sempre comincia a non essere più adeguato alla sua modalità psicologica. Questo accade perché, di fronte al progetto esistenziale che si rivela nella sfida dell’amore, il consueto scade nella banalità. Ecco perché il fantasma del rifiuto genera tanta desolazione. Non c’è coppia che non abbia fatto i conti con questo problema. Vorremmo non fosse così, ma inevitabilmente, dopo un periodo variabile di tempo, all’interno del circuito amoroso può accadere che uno dei due partner inizi a rifiutare l’altro.

Il disamore, il disinteresse, attivano vissuti di cui abbiamo più che il sentore, dato che si tratta di esperienze di cui abbiamo già provato la tragicità, esperienze che infliggono un grave colpo al nostro narcisismo. Essere rifiutati assume così il significato di una disconferma del nostro diritto alla felicità, della nostra appartenenza al mondo. E così come accadeva nell’infanzia, nei momenti della solitudine e della paura, per l’assenza dell’Altro soffre innanzitutto il corpo. Prima che ci si possa rendere conto della perdita che si profila al nostro orizzonte, la dimensione fisica inizia a vacillare, ad incrinarsi: il corpo si ammala. Tocchiamo qui uno degli aspetti più inquietanti e misteriosi dell’esperienza amorosa, giacchè l’amore, come il dolore, non investe solo la nostra anima, non ha soltanto una esistenza psichica, ma è inscritto innanzitutto nel nostro corpo, che non può e non sa mentire.

La passione coniuga la voce dell’anima e quella del corpo, e l’amante estatico vive la pienezza della totale coincidenza tra desiderio del cuore e volontà della carne. Ciò che l’anima non è capace di dire, se non balbettando, affiora spontaneamente dalle pieghe del nostro corpo, dai suoi gesti, dai suoi umori. Il tempo eccezionale in cui corpo e sentimento ritmano all’unisono, si incontrano, si incrociano e divengono l’uno la parola dell’altro, è il tempo della esaltazione e della bellezza, e noi daremmo tutto della nostra esistenza pur di poter prolungare all’infinito questo connubio felice. In realtà, purtroppo, le cose vanno in genere diversamente, e tale armoniosi sfocia, prima o poi, nel conflitto. Si tratta del manifestarsi di una realtà drammatica che attanaglia l’universo della coppia: il tempo sembra logorare inesorabilmente il rapporto e introdurvi la minaccia del silenzio, di un vuoto di comunicazione che sfocia nel triste epilogo del riconoscimento di non avere più nulla da dirsi.

E’ qui che si incide una frattura profonda tra la verità del corpo e le menzogne del cuore: la coppia può mantenere il proprio equilibrio fittizio, la propria infelicità che, malgrado tutto, serve a qualcosa che non si sa ammettere, ma subisce l’estraneamento dei corpi. Così, nel corpo dimenticato e trascurato può mantenersi in vita la verità del disagio, la verità che fa luce su un’illusione di sopravvivenza che argina come può la paura della solitudine. Si deve mentire continuamente per continuare a vivere. La vita dell’anima, d’altra parte, come la vita del corpo, sono piene di pudore, di vergogna: nessuno può mai esprimere pienamente ciò che veramente gli appartiene, quel nucleo di segretezza che fonda l’esperienza della nostra singolarità. L’amore ha sempre un corpo, ma è un corpo che spesso si sperimenta nella vergogna di sentirsi “inadeguato”.

Molte volte nell’amore l’età del nostro corpo può non coincidere con quella della nostra anima: la nostra vergogna fa sì che, per quanto si sia avvezzi e in un certo senso affinati alle dinamiche del sentimento, dato che sin dalla nascita impariamo a percepire le atmosfere emozionali a cui siamo esposti e i sapori dolci o amari del sentimento, tuttavia l’esperienza del corpo che si dona, che si espone all’altro, ci vede sempre impreparati, incerti, sempre al primo incontro. Così il sentimento del tempo che passa è percezione del proprio corpo che muta, e, in quel mutare, età del sentimento ed età del corpo si separano, lasciandoci nell’equivoco di un cuore capace di vivere le emozioni in tutte le loro sfumature e i loro estremi, mentre il corpo – che non vorrebbe mai deludere – diventa meno desiderabile, più sgraziato, più solo. La passione, dunque, rapisce e annienta: quando ci imbattiamo nell’immagine che ci lascia presagire  una felicità immensa, non possiamo che aggrapparci ad essa.

Aldo Carotenuto

Pubblicato su “Il Mattino” di Napoli, all’interno della rubrica “Eros e Pathos”. Non è stato possibile rinvenire la data esatta di pubblicazione.

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L'autore
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Aldo Carotenuto
Aldo Carotenuto (1933-2005) Ha insegnato Psicologia della Personalità e delle Differenze Individuali all'Università di Roma