Platone è meglio del Prozac

Marinoff Lou, Platone è meglio del Prozac, 1999 (a cura di Silvia D’Offizi)

Questo controverso, fortunatissimo libro (caso editoriale di alcuni anni fa), nasce con l’ambizione di rivolgersi, pur trattando di filosofia, al più ampio e composito universo di lettori. L’argomento, la pratica filosofica, è trattato con un chiaro intento divulgativo e non si inquadra quindi nello spazio della discussione accademica sulla possibilità e utilizzo del metodo filosofico nella cura, ma si rivolge direttamente al pubblico dei potenziali fruitori per spiegare l’ambito di applicazione e le linee specifiche di intervento.

La forma

Lo stile è facile, immediato. Il lettore viene coinvolto nella narrazione e gli si da del tu. Attraverso le più usate tecniche di scrittura per la divulgazione c’è un uso ridondante della paratassi e i concetti sono esposti e ripetuti più volte per agevolare il più possibile la comprensione.

La nuova prospettiva filosofica

Già dalle prime pagine si propone la via della filosofia come la nuova strada per chi ha qualche problema e non sa a chi rivolgersi perché deluso dai canali finora ritenuti validi come le guide spirituali o psichiatri e psicologi che sono non solo ormai inutili ma spesso dannosi. Quelli a cui si rivolge sono coloro che hanno bisogno di dialogo e non di diagnosi. Ognuno di noi ha una filosofia di vita ma non tutti hanno tempo per riflettere a fondo; l’esperienza detta le linee individuali di comportamento, ma queste vanno riportate a dei modelli di riferimento, vanno in certo senso classificate all’interno dei grandi sistemi filosofici che serviranno poi da punto di riferimento sia in una prospettiva futura che in un’opera di retrospezione. E naturalmente la storia della filosofia offre un bagaglio di migliaia di anni di riflessione ai quali attingere, le menti più illustri del passato hanno meditato sulle questioni che affliggono il genere umano e hanno lasciato delle linee di condotta a beneficio di tutti, ma ogni uomo è anche di suo un filosofo. Secondo l’autore, la storia della filosofia insegna che solo nell’ultimo secolo la filosofia è stata relegata negli ambienti accademici come disciplina puramente speculativa, mentre nei secoli passati e a partire dalla sua nascita è stata soprattutto un modo di vivere, una ricerca teorica sì ma con una applicazione pratica. E non è necessario studiare filosofia per condurre un’esistenza migliore, ma può essere necessario praticarla affrontando i problemi in termini filosofici.

Le differenze con l’approccio psicologico e psichiatrico

Chi si rivolge al consulente filosofico è un cliente e non un paziente. Questo si deduce, non viene esplicitato formalmente ma sempre e comunque l’autore parla di clienti e così, come professionista egli dichiara di fare gli interessi dei suoi clienti. Il suo compito consiste nell’individuare il problema da cui sono afflitti e, mediante il dialogo, scindere e classificare componenti e implicazioni. La soluzione migliore consiste nel trovare un approccio filosofico compatibile con il loro sistema di credenze.

La consulenza filosofica si incentra sul qui ed ora e sulle prospettive del futuro. Non scava nel passato, non va all’origine del problema ma lo affronta direttamente. Soprattutto la psicologia è accusata di fermarsi all’analisi dell’emozione, su come l’emotività si manifesta e sulle sue derive patologiche mentre non c’è un’opera di stabilizzazione emotiva che segue l’analisi e il paziente è lasciato solo col suo problema erroneamente ritenuto da quel punto di raggiunta consapevolezza ormai risolto. Tuttavia non basta tornare indietro all’origine della patologia e stabilire quali sono le emozioni in gioco per riuscire poi a gestirle.

In fine la consulenza è di breve durata, spesso si esaurisce in un solo incontro.

L’azione terapeutica è un dialogo, è la parola ad avere effetto.

Molti di quelli che ricorrono alla filosofia sono già stati in terapia l’hanno abbandonata oppure cercano un ulteriore sostegno. Per molti è più accettabile conversare con qualcuno a proposito di idee e ragionamenti e questa è la consulenza: una conversazione.

È una terapia per i sani, e questo la mette al riparo della tendenza della psicologia a patologizzare qualsiasi comportamento. Il libro è una giuda attraverso questo percorso riflessivo che, non riguardando nello specifico alcuna malattia, è per tutti.

Il metodo

La terapia procede seguendo un metodo definito con l’acrostico PEACE che si scioglie con : problema, emozione, analisi, contemplazione ed equilibrio. La maggior parte dei clienti sembra affrontare agevolmente da sola le prime due fasi e il consulente interviene nelle ultime tre con le quali il paziente enumera le varie soluzioni possibili al suo problema e poi contempla da quel punto di vista la situazione per come si presenta nel suo insieme a soluzione ormai raggiunta. L’ultimo passaggio rappresenta il raggiungimento dell’equilibrio ossia, comprendendo l’essenza del problema il cliente è pronto ad un’azione coerente e giustificabile. È in stato di equilibrio e pronto ai futuri cambiamenti.

Struttura del libro

Il saggio ha una classica struttura a mosaico, è studiato per la consultazione e accessibile da ogni sua parte perché non ha uno svolgimento lineare. Può essere aperto all’occorrenza e risolve il problema nel momento in cui si presenta. Teoricamente non è un’introduzione alla conoscenza di questo approccio ma già uno strumento utile che potrebbe sostituire la consulenza filosofica fatta con uno specialista.

La prima parte è un’introduzione alla pratica filosofica e descrive i modi per aiutare se stessi.

Passa poi in rassegna forze (poche) e debolezze dell’approccio di psicologia e filosofia e istituisce un paragone tra le varie modalità terapeutiche anche se già il titolo denuncia come i due approcci concorrenti tendano a patologizzare qualsiasi comportamento e a risolverlo, o meglio anestetizzarlo, con medicinali che denunciano più che altro la totale inefficacia di questi strumenti come metodi della conoscenza di sé.

Si enunciano poi le fasi del PEACE e una sintesi di tutti i sistemi filosofici ritenuti utili.

La seconda parte fornisce esempi di applicazione seguendo i problemi più diffusi e la terza parte mostra le applicazioni in contesti più ampi come gruppi e imprese. Nella parte quarta c’è una hit parade dei filosofi e nella quinta il modo di utilizzo dell’I Ching.

Note personali a margine del discorso sulla consulenza filosofica

Secondo questo approccio la parola attraverso la maieutica crea l’unica via della conoscenza del sé. Soprattutto attribuisce senso e infatti il metodo socratico è quello usato. L’altro filosofo chiamato in causa è Kant il quale allo stesso modo riteneva che esistesse nella coscienza individuale l’imperativo categorico, principio di ordine morale che dirige le azioni umane. Questo principio tuttavia la consulenza filosofica lo individua a posteriori e lo colloca come discrimine di ogni decisione. In questo modo fornisce una giustificazione delle decisioni già prese e va a tranquillizzare il cliente che si rivolge a questa forma terapeutica per controllare l’indecisione. Il filosofo, dopo aver ascoltato il problema e le intenzioni del cliente, individua una frase o uno scritto di un autore che giustifichi la condotta che si intende applicare. Questo sembra essere il campo d’azione fondamentale di questa pratica: il controllo dell’insicurezza. Non a caso l’altro motivo per cui le persone si rivolgono al consulente è trovare la coerenza tra le convinzioni personali e le azioni che ne conseguono.

Da qui si può ritenere che, secondo quanto si evince da questo saggio, sono tre gli ambiti di azione della terapia filosofica:

1. attribuzione di senso alle azioni e alle situazioni;

2. consonanza tra decisione e azione;

3. giustificazione della decisione presa.

Se si parla di come affrontare un lutto si cerca per quanto possibile un senso. Se si tratta di trasferirsi o meno da una città ad un’altra si cerca una consonanza tra la decisione presa e l’azione, se si deve lasciare in un istituto una persona cara perché malata per placare il dolore si cerca una giustificazione.

Naturalmente può sembrare riduttivo circoscrivere così l’azione di una terapia che si vuole sostitutiva ad altre, ma in realtà questa più che una via di cura sembra una prassi di vita e necessariamente va a placare le dissonanze, le forme d’ansia ma non le nevrosi né le patologie che sembrano restare comunque affidate ad altre modalità di indagine.

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