Neri Pollastri, Consulente filosofico cercasi, 2007 (a cura di Daria Filippi)
L’intento di Pollastri è quello di definire cosa effettivamente sia la consulenza filosofica segnalando le più diffuse distorsioni, e dissipando fraintendimenti e confusioni cui è soggetta l’idea della disciplina, attraverso testimonianze concrete della sua realtà.
Questa attività nasce e vive fuori dell’accademia con l’intento di riportare la filosofia tra la gente, ma non è contro l’accademia perché senza la ricerca filosofica ogni sua pratica non avrebbe senso. Si muove solo su un piano diverso perché si esercita con non specialisti, si conduce lavorando su problemi concreti e su concezioni del mondo individuali. Abbandona la sacralità e seriosità di cui si è sempre vestita la filosofia riconducendola al gioco, alla sua fondamentale ludicità, e all’arte, nel suo aspetto di improvvisazione.
Il termine consulenza filosofica è riservato a “quelle forme di lavoro svolto con individui e gruppi che si avviino da un esplicito e ben definito problema di partenza e non includano nelle esplicite intenzionalità operative finalità non specificatamente filosofiche”.
La consulenza filosofica non risolve problemi, ma ne chiarisce il contesto responsabilizzando i consultanti a cercare una soluzione in proprio. È essenzialmente un dialogo filosofico in cui i dialoganti hanno pari dignità razionale ed entrambi sono capaci di argomentare, osservare, riflettere assieme collaborando. Non ha metodo, né obiettivi predeterminati, tranne quello di filosofare.
La filosofia non può curare e neanche vuole farlo. È altro dalla terapia, può anche avere effetti terapeutici, ma questi sono solo i suoi effetti collaterali, non intenzionali. Non è nemmeno cura di sé: il consulente filosofico si occupa della persona del consultante, ma specificamente della sua concezione del mondo. Non è il soggetto il centro dell’indagine, ma la totalità dell’esistente. Non è quindi una professione d’aiuto.
L’aspetto della relazione, dice Pollastri, deve rimanere fuori dall’orizzonte del consulente. È chiaro che è una conditio sine qua non, ma non è ciò che interessa nel dialogo, poiché la consulenza filosofica si concentra sul contenuto del dialogo e poi lascia che su di esso si crei la relazione. Sono due discorsi soggettivi che incontrandosi creano un discorso intersoggettivo. L’empatia non ha importanza, il filosofo deve sì comprendere, ma questo non richiede la compartecipazione immedesimante di una psicoterapia.
La consulenza filosofica non è nemmeno formazione o insegnamento esplicito, è un confronto dialogico dove nessuno vuole insegnare qualcosa all’altro. Non veicola dunque contenuti sapienziali né offre consigli per “vivere bene”.
Il lavoro si avvia da una narrazione autobiografica per procedere in un modo che non può essere stabilito a priori perché dipende proprio dal dialogo, che sarà metodo di se stesso. È il consultante a decidere quando il lavoro svolto sia sufficiente perché è lui che mette alla prova nella sua vita l’elaborazione di pensiero sviluppatasi.
In quanto essenzialmente filosofia, la consulenza filosofica ha una propria ideologia, uno specifico atteggiamento nei confronti della realtà: critico, di perenne messa in dubbio dell’ovvio, che mira alla comprensione della realtà. Ed il consulente filosofico deve vivere una vita filosofica, che sia appunto coerente con questa ideologia, e deve sapersi servire di quello che sa.
L’ultima parte del libro è dedicata alla narrazione di alcuni casi clinici. Pollastri afferma che è molto difficile rendere pubblici i resoconti delle relazioni di consulenza perché, a differenza della psicoterapia che può concentrarsi su un ben preciso momento terapeutico, “la consulenza filosofica, non avendo un ‘tal momento’ ed essendo caratterizzata proprio dai ‘micromutamenti’ avvenuti nella concezione della realtà del consultante nel corso del dialogo, non può operare tagli o eccessivi cambiamenti nei particolari della vicenda”. Inoltre anche quando il dialogo viene narrato con un certo dettaglio il fatto che comunque si tratti di una narrazione fa sì che al lettore appaia meno significativo di quanto non sia stato per consulente e consultante.
Inoltre Pollastri si dedica anche alla discussione di altre forme di pratica filosofica di cui ha fatto esperienza (conversazioni, seminari, lavoro in azienda.