in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, n. 17 “Abbandoni”, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2013 – Estratto
Nel 1992, ai tempi della mia avventura nella foresta dell’ipnosi, ho letto il primo libro di Brian Weiss Many lives, many masters, che non era ancora stato tradotto in italiano. Lo psichiatra americano, oggi famosissimo per tutte le sue pubblicazioni sulla trance e per le sue suggestive esibizioni con migliaia di persone insieme, in aule gigantesche o addirittura sulle navi da crociera, era allora abbastanza sconosciuto in Europa. Nel mio libro Viaggio nell’ipnosi, psicoterapia creativa pubblicato nel 1994, ho fatto un lungo e appassionato resoconto del libro, a proposito del mio discorso sull’ipnosi, citandolo come esempio curativo per l’uso dell’ipnosi regressiva. La mia opinione su Weiss è però cambiata nell’arco degli ultimi venti anni. Nel 1991, conseguita la qualifica di psicoterapeuta, mi recai negli Stati Uniti, a Chicago, per un lungo convegno di una settimana, organizzato dalla American Society of Clinical Hypnosis. Le giornate erano caratterizzate da interventi preordinati, ma, soprattutto, prevedevano dei corsi che si potevano seguire durante lo stesso convegno nel pomeriggio. Ne scelsi uno a caso, attirato soltanto dal titolo: La trance quotidiana, tenuto da uno psicoterapeuta dal cognome italiano. Durante i tre giorni seguenti feci la conoscenza di un gigante della comunicazione e, nello stesso tempo, di un fantastico giocoliere della suggestione, Ernest Lawrence Rossi, brillante allievo di Milton Erickson, nonché curatore di tanti libri dello psichiatra ipnoterapeuta, pubblicati dopo la morte di quest’ultimo. Già, perché Erickson mandò in stampa pochi articoli, quando era in vita, mentre un’infinità di suoi seminari e conferenze venivano registrate diligentemente dai suoi allievi, come Rossi ed anche da un altro talentuoso terapeuta che risponde al nome di Jay Haley. Dopo questo primo incontro, rimasi davvero stregato dall’ipnosi. Così non persi occasione per incontrare nuovamente Rossi, che effettuava anche seminari in Europa varie volte l’anno. Mi organizzai per seguire tutti i corsi che potevo. L’anno seguente decisi di fermarmi un mese intero a Chicago, dove Ernest teneva diversi insegnamenti a piccoli gruppi. Decisi, durante la mia permanenza americana, di recarmi anche a Phoenix, in Arizona, per un’altra sessione didattica e infine a Malibu, dove il mio guru abitava. Qui mi fermai una settimana e presi lezioni di ipnosi privatamente per diverse ore al giorno. Da Rossi appresi, in queste occasioni, molte notizie di prima mano riguardanti il mitico Erickson. Questi è stato il medico psichiatra che, negli Stati Uniti, ha disseppellito la pratica ipnotica dal macero di bugie, sciocchezze e paure in cui era sprofondata. Come per l’autoanalisi di Freud, l’esperienza di Milton era cominciata con l’autoipnosi. Colpito da bambino per ben due volte da poliomielite, riuscì a venirne fuori, se non proprio indenne, abbastanza risanato, grazie alla sua capacità auto-curativa, scoperta attraverso l’utilizzazione dei poteri auto-suggestivi e salutari che, come lui evidenziò, ciascuno di noi possiede. Ho sentito più volte, dalla viva voce di Ernst Rossi, il racconto di diverse storie riguardanti le miracolose auto-guarigioni di Erickson. Eccomi quindi a perpetuare questa leggenda (e bisogna riconoscere che queste storie spesso confortano, anche se stupiscono, la medicina ufficiale, senza offenderla, speriamo) che riguarda il famoso ipnoterapeuta. Si tramanda che Milton, colpito da bambino da questa grave malattia, contro la quale non esisteva ancora il vaccino, avesse ricevuto la visita di un medico che lo avrebbe dato per spacciato, confidando, in disparte alla mamma, che il piccolo non avrebbe superato la nottata. Il giovanissimo futuro medico ascoltò questo bisbiglio del curante giunto al suo capezzale, e si indignò pensando: Come può un medico essere così crudele e sicuro di quel che dice, tanto da sentenziare la morte di un figlio entro poche ore, incurante del dolore della madre? Così, rispettando la saga, sembra che il giovincello sia riuscito a restare sveglio e attento tutta la notte, al solo fine di contraddire le tragiche parole del medico. Addirittura – aggiungeva Ernst Rossi – l’adolescente sarebbe stato in grado di mettersi in piedi all’alba e di portarsi fino alla finestra della sua stanza, camminando sulle sue gambe, che erano paralizzate fino a poche ore prima. Quella volta ho pensato subito a una bella trasposizione artistica del fatto, condensato magnificamente in appena quattro parole da Eduardo De Filippo nella sua commedia Napoli Milionaria (1945): Adda passà ‘a nuttata. La nottata trascorse e diventò, per il malatino, foriera e gravida di un futuro professionale ed umano tra i più entusiasmanti della storia della medicina e della psicoterapia. Il mito di Erickson è rimbalzato fino in Europa, che in realtà resta la culla dell’ipnosi. L’Europa, a partire da Mesmer, passando per Charcot, per giungere fino a Chertok ed epigoni, vanta importanti e validissimi psicologi e medici esperti dell’inconscio che hanno utilizzato con successo la trance e ancora operano favorevolmente con l’ipnosi in psicoterapia. Ricordo che mesmerizzare è diventato, fin dal 1700, il verbo sinonimo di ipnotizzare.