(Tratto da Giorgio Antonelli, Il mare di Ferenczi. Il mare di Ferenczi. La storia, il pensiero, la vita di un maestro della psicoanalisi, Roma, Di Renzo Editore, 1997)
In un saggio intitolato Note sullo sviluppo e su alcuni problemi correnti della psicologia psicoanalitica infantile (1950, in Gli scritti di psicoanalisi, Boringhieri, Torino, 1977), Ernst Kris sostiene che Ferenczi e Rank, nel loro lavoro scritto in collaborazione, hanno ragione nell’affermare che quanto “appare nell’analisi come esperienza in relazione al passato non necessariamente è stata realmente vissuta prima, ma hanno torto quando “si comportano come se non potesse essere stata vissuta prima”. In questo modo, infatti, come scrive Kris “la ricostruzione non ha quindi niente a che fare con ciò che si era verificato un tempo”. In tale posizione, che Kris ritiene presente anche nello scritto di Rank sul trauma della nascita, sono all’opera molta confusione e una “esagerazione quasi caricaturale del punto di vista di Freud sulla realtà psichica”. Che la ricostruzione non debba dipendere da quanto è accaduto, in ogni caso, corrisponde a una posizione tipica di Rank, da lui sviluppata in particolar modo negli scritti “postanalitici” quali Verità e Realtà (del 1929) e Terapia della volontà (corrispondente ai volumi 2° e 3° di Technik der Psychoanalyse, del 1929 e 1931). In essi Rank postula la necessità di una “falsificazione del passato”. Nella sua recensione del primo volume di Technik der Psychoanalyse del 1926, Ferenczi critica il fatto che Rank trascuri il punto di vista storico, trascuratezza espressa ad esempio dall’affermazione, citata nella recensione, secondo cui non servirebbe a nulla al paziente “sapere come e perché una cosa si è svolta in quel modo”. Lacan, nel suo Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi (il discorso tenuto a Roma il 26 e 27 settembre 1953) sembra rivoltare letteralmente l’assunto di Rank quando scrive che “nell’anamnesi psicoanalitica non si tratta di realtà ma di verità”.