in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 44, Napoli, Liguori, 1998
Osea è un profeta scrittore del Vecchio Testamento. Egli narra in prima persona la sua avventura immorale, ordinatagli da Jahwè: sposare Gomer, una prostituta dedita al dio cananeo Baal, e avere da lei “figli di prostituzione”. Nonostante i tradimenti di Gomer, Osea è di nuovo invitato da Jahwè a non allontanare la moglie fedifraga ma a ricostituire l’inusuale legame. Solo dopo un difficile percorso interiore Osea comprende la dignità della sua missione di integrazione; e con lui Jahwè si avvicina al proprio aspetto Ombra, identificato con il dio cosmo-biologico Baal. Le nozze scandolose di Osea sembrano rappresentare in conclusione la variante biblica di un mitologema universalmente diffuso in cui la coincidentia oppositorum, del più alto con l’indegno, costituiscono la meta di un rischioso ma fecondo percorso evolutivo della psiche. Ancora più sconcertante appare questa proposta se si considera che essa viene formulata in un contesto fortemente etico personale come quello vetero-testamentario.
Di fronte alla infedeltà incontenibile del suo popolo, Yahwè propone ad Osea una soluzione sconcertante:
Va, prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, poichè il paese non fa che prostituirsi, allontanandosi dal Signore
Un progetto di lisi del problema del male completamente inedito. Opposto a quello realizzato qualche anno prima dalla furia omicida del profeta Elia, che, dopo aver radunato nel torrente Kison tutti i sacerdoti di Baal, si eccita di fronte al loro massacro.
Una strategia, quella di Osea, ambigua dal punto di vista etico. “Osea avrebbe dovuto accusare Yahwè d’immoralità” –dice Jung. Alcuni esegeti hanno ritenuto la storia mai realmente accaduta, ma solo una allegoria della indefettibile fedeltà dell’amore di Yahwè versus le infedeltà della sua sposa Israele.
La stessa operazione allegorizzante di depotenziamento erotico effettuata anche nei riguardi di altri testi biblici sessualmente imbarazzanti, come ad esempio il Cantico dei Cantici . Secondo altre interpretazioni il consiglio ad Osea di sposare una prostituta avrebbe lo scopo di regolarizzare con il matrimonio una spiacevole situazione di convivenza.
L’ordine di unione con la prostituta viene ribadito da Yahwè una seconda volta quando, dopo il matrimonio, le “scappatelle” di Gomer continuano. Osea non si ribella all’invito del suo Dio. Anzi – nota stupefatto S. Gerolamo – “non oppone resistenza…ma compie l’ordine con gioia, quasi lo stesse aspettando”.
Prima con la tattica della violenza e delle minacce, poi con la promessa di preziosi regali e di eterno amore, il profeta invita Gomer ad abbandonare definitivamente i suoi amanti. Da sua moglie il nabi ha tre figli, che chiama: Izreel, Non-compatita e Non-mio-popolo. In segno del disaccordo di Dio con la condotta della sua gente.
E’ l’inizio del racconto. Si può dire, in una ermeneutica psicologica, che ad Osea viene chiesto di diventare il pioniere veterotestamentario di una nuova dinamica di integrazione del lato oscuro della realtà, dell’”ombra buona”, come il nabi definisce i luoghi della prostituzione sacra. Non più in atteggiamento agonico e muscolare, ma di amante appassionato.