La Psicologia Individuale dopo Adler

Francesco Parenti, La Psicologia Individuale dopo Adler, 1983
(a cura di Maria Themeli)

La Psicologia Individuale dopo AdlerIn questo testo l’autore espone le principali concezioni della Psicologia Individuale e la loro applicazione al sottofondo dinamico di tutte le affezioni d’interesse psichiatrico. Finalità del libro è la comprensione dell’uomo di oggi con lo spirito con cui Adler comprendeva e aiutava l’uomo di ieri. La Psicologia Individuale ha una matrice creativa tanto ricca da consentire ancora molte nuove ipotesi lungo la sua linea direttrice e perciò il testo è rivolto ad analisti “creativi” e non a tecnici applicatori di formule.

Secondo la Psicologia Individuale le due istanze basilari dell’uomo sono la volontà di potenza e il sentimento sociale. Queste istanze non escludono l’esistenza di altre pulsioni come l’aggressività e l’istinto sessuale, ma si propongono come qualcosa di più profondo, capace di orientare le energie istintuali nell’ambito di quei rapporti interpersonali e sociali che sono il terreno di vita dell’individuo. Le linee d’azione della volontà di potenza coprono tutti i settori della vita umana individuale e collettiva e quindi i tre compiti vitali dell’uomo ipotizzati dalla Psicologia Individuale: amore, lavoro e amicizia. Nelle situazioni devianti come le nevrosi, le perversioni, la criminalità, esiste in genere un predominio della volontà di potenza, a scapito del sentimento sociale.

Per capire come l’individuo affronta fin dalla nascita le sue esperienze con il mondo è indispensabile chiarire due concetti del pensiero adleriano: il sentimento e il complesso d’inferiorità. Nell’infanzia il sentimento d’inferiorità è una naturale condizione d’inadeguatezza dovuta a obiettive insufficienze nei confronti degli adulti. Tale sentimento non è mai integralmente superato. Adler afferma che tutta la vita psichica dell’individuo è caratterizzata dal tentativo di passare da una situazione di insufficienza a una situazione di maggior sicurezza e gratificazione. Il complesso di inferiorità è un’accentuazione abnorme e scompensata del sentimento d’inferiorità. Il fattore più importante che può determinare l’insorgenza di un complesso di inferiorità è l’inferiorità d’organo. Nel pensiero di Adler l’inferiorità d’organo è intesa come stimolo psicologico e non come fattore fisico condizionante. La sua valutazione deve essere quindi sempre rapportata alla confluenza con gli apporti positivi o negativi. La volontà di potenza si propone di superare un sentimento o un complesso di inferiorità per via di compensazioni. Il principio di compensazione è avvertibile in tutti gli esseri umani. A volte però le scelte di compenso sono più o meno gravemente devianti, fino a provocare esse stesse un danno peggiore rispetto alla situazione di partenza. Per definire questa particolare modalità di patologia psichica, Parenti elaborò il termine di nevrosi secondaria.

L’autore dedica una particolare attenzione all’uso individuale della comunicazione simbolica. La Psicologia Individuale ammette l’affiorare di attività inconsce con il mascheramento di un linguaggio simbolico e in particolari occasioni espressive come i sogni, le fantasie, i lapsus e gli atti mancati. Però la dinamica dei contenuti e della loro comunicazione è vista in un’ottica diversa, rispetto alle altre scuole di psicologia del profondo. Il ricorso ai simboli può mascherare certo dei desideri sessuali, ma anche delle finalità aggressive o antisociali e tutte le forme di comportamento che siano respinte da una particolare cultura. È un orientamento socio-psicologico, adattabile al divenire della civiltà umana che non accetta

l’universalità, fisiologica o culturale, dei simboli.

Nella parte conclusiva Parenti affronta la metodologia dell’analisi individuale e di gruppo. I principi di base della Psicoterapia Individuale offrono spunti per soluzioni idonee a rendere le psicoterapie di gruppo meno traumatizzanti e attivamente capaci di operare sulla via del recupero. È possibile nello spirito del pensiero adleriano mettere a punto una diversa dinamica interpersonale sia fra i pazienti e il terapeuta, sia fra i vari membri del gruppo. Perchè il trattamento non sia una finzione, occorre che la psicoterapia di gruppo sia applicata come modalità esclusiva di cura solo nei casi che non richiedono di necessità un’analisi personale. Le terapie di gruppo possono però integrare positivamente una psicoterapia analitica, specie nelle fasi conclusive, quando l’analizzato trova vantaggio nel collaudarsi con la sperimentazione controllata di rapporti interpersonali.

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