Adattato da: Giorgio Antonelli, Il mare di Ferenczi. La storia, il pensiero, la vita di un maestro della psicoanalisi, Roma, Di Renzo Editore, 1996
L’anno successivo alla pubblicazione dell’ultimo volume della biografia freudiana di Jones, in una lettera all’editore comparsa sulla rivista International Journal of Psychoanalysis dal titolo «Sándor Ferenczi’s Last Year», Balint contesta le illazioni jonesiane sullo stato di salute mentale di Ferenczi. Anche Izette de Forest le aveva contestate nel suo scritto del 1954. Balint scrive di aver spesso visto Ferenczi durante la sua ultima malattia. A dispetto di essa, tuttavia, egli era mentalmente lucido. Nell’occasione parlava con Balint in dettaglio della controversia con Freud e formulava progetti di ampliare l’ultimo suo contributo congressuale (quello sulla confusione delle lingue).
La tesi di Jones, che stabilisce una forte connessione tra una diagnosi di paranoia (aggravato da stato delirante e impulsi omicidi nella fase finale) e gli scritti nonché l’attività nel movimento psicoanalitico dell’ultimo periodo della vita di Ferenczi (dove per ultimo periodo Balint ritiene di dover considerare quello a partire dalla pubblicazione di Thalassa e dello scritto con Rank), non regge. Balint comunque concede al suo interlocutore, forse per motivi tattici, che gli scritti ferencziani dell’ultimo periodo siano controversi. Ammette inoltre che Ferenczi aveva i suoi tratti nevrotici (come ognuno di noi), tra essi una certa suscettibilità e un enorme bisogno di essere amato e apprezzato. Concede infine che Jones possa aver avuto accesso, per la sua diagnosi, a fonti non espressamente citate nella sua biografia di Freud.
Concessioni che Jones non si lascia sfuggire nella sua replica. Balint, nella veste di esecutore letterario di Ferenczi e di suo allievo e amico, non può permettere che la tesi avanzata da Jones passi senza essere controbattuta. Ciò indurrebbe a ritenere che gli ultimi scritti di Ferenczi non meritino un’adeguata attenzione. Proprio il contrario, secondo Balint, risponde a verità. «Gli ultimi scritti di Ferenczi» scrive «non solo hanno anticipato lo sviluppo della tecnica e della teoria psicoanalitica di 15-25 anni, ma contengono ancora numerose idee che possono far luce su problemi presenti e anche futuri». La differenza sostanziale tra Jones e lui, ritiene Balint, sta nella interpretazione dei fatti, piuttosto che nel rispetto di essi, interpretazione che egli suggerisce sia stata, almeno in parte, causata da un fattore soggettivo. Balint non esplicita il senso di questo «fattore soggettivo», ma esso risulta comunque abbastanza facile da comprendere. Nella sua interpretazione dei fatti relativi a Ferenczi, Jones ha messo molto di suo, molto della sua, diciamo, «ostilità» nei confronti dell’analista d’un tempo. Balint infine propone di demandare agli psicoanalisti che verranno il compito di stabilire la verità.
Nella sua breve replica Jones scrive di comprendere la situazione e lo stato d’animo di Balint (il verbo impiegato da Jones è «sympathize»). Jones non mette assolutamente in dubbio l’accuratezza dei ricordi di Balint, ma osserva che è caratteristico dei pazienti paranoidi fuorviare anche gli amici e i parenti con l’esibire una completa lucidità. Con ciò egli lascia intendere che Balint è stato fuorviato da Ferenczi e dalla sua soltanto apparente lucidità. Dal canto suo neanche Balint dovrebbe dubitare della buona fede di Jones. A questo punto segue l’affermazione alquanto sospetta sulla propria fonte segreta (e rimasta tale). Quanto Jones ha scritto relativamente agli ultimi giorni di Ferenczi si basa, e qui vale la pena di citare alla lettera, «on the trustworthy evidence of an eye-witness». Jones però non rivela il nome del suo attendibile testimone oculare e ribadisce, nel finale della risposta a Balint, che le proprie opinioni non divergono da quelle di Freud e Eitingon e dagli altri colleghi, tutti concordi nel sostenere che gli ultimi controversi scritti di Ferenczi sono stati influenzati in qualche misura da fattori personali («subjective personal factors»). Occorre però aggiungere come l’idea che Jones si è fatta nel corso degli anni sulla salute mentale di Ferenczi sia stata variamente confermata da quanto gli hanno riferito autori diversi come Eitingon, Rickman, Joan Riviere e, ovviamente, Freud.
Nella controversia Balint-Jones, come si può vedere, prevale un modulo ricorrente della politica psicoanalitica. Sia l’uno che l’altro ricorrono allo stilema del «fattore soggettivo» per inchiodare l’avversario di turno. Alla base della diagnosi jonesiana, secondo Balint, sta un fattore soggettivo. Alla base degli ultimi scritti di Ferenczi sta, secondo Jones, analogamente, un fattore soggettivo. Sia Balint sia Jones, come è stato rilevato da Ferenc Erös, hanno siglato una sorta di compromesso lasciando alle generazioni future il compito di dirimere la questione.