Il ritorno di Adler

Ansbacher, H.L. – Ansbacher, R.R., La psicologia individuale di Adler. Firenze, Martinelli, 1997

Ecco a voi Adler, il più derubato degli psicologi

Si tratta, come viene esplicitato nel sottotitolo, di una rivisitazione sistematica del “pensiero di Adler attraverso una selezione dei suoi scritti”. L’edizione originale, in inglese, è del 1956. Nella quarta edizione tedesca, pubblicata nel 1995, figura un contributo conclusivo di H. L. Ansbacher su “Adler e lo sviluppo del pensiero di Freud”, pubblicato originariamente nel 1992, che è stato riproposto anche in questa edizione italiana.

Il testo è corredato da una bibliografia (non completa) degli scritti di Adler e da una bibliografia generale che si ferma, però, al 1954 (e che sarebbe stato il caso di aggiornare). I curatori, come si legge nella prefazione, ritenendo che “la mancanza si sistematicità sia il maggior difetto degli scritti di Adler”, hanno considerato “il loro più importante contributo quello di averli organizzati includendovi quasi tutti i titoli sia dei capitoli che dei paragrafi”.

L’opera in effetti si presenta come una vera e propria summa dell’adlerismo. Preceduta da una introduzione sulla “collocazione della psicologia individuale nel panorama psicologico” essa è divisa in due parti (articolate in numerosi più specifici capitoli). La prima parte è dedicata alla teoria della personalità e al suo sviluppo (con sezioni su inferiorità d’organo e compensazione, protesta virile, finzionalismo e finalismo, aspirazione alla superiorità, sentimento sociale, grado di attività individuale e tipi di temperamento, psicologia d’uso), la seconda riguarda la psicopatologia e campi correlati (con sezioni sulla disposizione nevrotica e sue origini, difese, unità dinamica dei disturbi mentali, trattamento del paziente, primi ricordi e sogni, trattamento del bambino problematico, criminalità e psicologia sociale).

Il testo proposto si divide tra parte antologica (di Adler in primo luogo, ma anche di altri autori come Vaihinger e Furtmüller) e commenti in corsivo che ne illustrano i contenuti via via affrontati. Una particolare cura è stata riservata alle ragioni del progressivo dissidio con Freud. Ciò è evidente a partire dai primi due capitoli “La compensazione e la confluenza” e “La protesta virile e la critica di Freud”.

I curatori fanno notare nel loro commento come molte concezioni di Adler (alcune delle quali lo stesso Adler avrebbe in seguito abbandonato o diversamente ridefinito) si ritrovino in Freud (il quale ne ha in certi casi riconosciuto la paternità adleriana) a testimonianza d’una influenza del primo sul secondo e a rettifica d’un paradigma storiografico che ha insistito a vedere in Adler un allievo di Freud. Sia Adler sia Freud fanno grande uso del termine Trieb (pulsione). Adler parla di intreccio e confluenza pulsionali (esempio: il sadomasochismo), di trasformazione delle pulsioni, di pulsione aggressiva.

Nel caso clinico dedicato al piccolo Hans (1908) Freud riconosce il proprio debito nei confronti dell’ipotesi adleriana secondo cui l’angoscia deriva dalla repressione della pulsione aggressiva. Si tratta qui d’una ipotesi che Freud svilupperà ulteriormente quando affermerà che ci si sente in colpa per non esser stati aggressivi e sosterrà che si tratta con ciò del più grande progresso della psicoanalisi che egli lascia in eredità ai suoi discepoli perché ne sviluppino le implicazioni.

Evidente è il debito del contributo metapsicologico di Freud Pulsioni e loro destini, del 1915, nei confronti del concetto di “trasformazione delle pulsioni” così come si trova illustrato nel breve articolo di Adler “La pulsione aggressiva nella vita e nella nevrosi” pubblicato nel 1908 e ristampato nel 1914 nel volume “Heilen und Bilden”. Nell’articolo del 1908 Adler parla tra l’altro di “trasformazione della pulsione nel suo opposto” (adducendo l’esempio d’una avarizia inconscia che diventa generosità conscia). A tale concetto corrisponde il freudiano “capovolgimento di una pulsione nel suo opposto” ovvero la “formazione reattiva”.

Tra le altre idee adleriane riprese da Freud (o che comunque ne anticipano il pensiero) i curatori includono: le tendenze alla protezione (corrispettivo dei meccanismi di difesa), l’idea che la rimozione vada annoverata tra le suddette tendenze alla protezione, la nozione d’una polarità Io-libido, quella di ideale della personalità o ideale del Sé (con Sé i curatori traducono l’Ich adleriano) il cui corrispettivo è l’ideale dell’Io di Freud. Infine il concetto adleriano di controfinzione anticiperebbe in parte il Super-Io di Freud.

Gli spunti offerti da questa antologia sono numerosissimi e non si limitano certo al confronto con Freud, confronto che sta dalla parte del passato di Adler. Di notevole interesse sono ad esempio le indicazioni offerte da Adler riguardo alla relazione terapeutica, agli scopi del trattamento, alla sua durata, all’impiego di ricordi e sogni (inclusi i “sogni inventati”), agli avvicinamenti alla terapia di gruppo di cui il fondatore della psicologia individuale, sebbene non l’abbia mai utilizzata nelle forme canoniche, può per molti versi essere considerato un precursore. Ne ha ad esempio suggerito l’impiego per il trattamento dei criminali. Inoltre, come spiega Ansbacher, è riconducibile alla terapia di gruppo il metodo impiegato da Adler nei suoi consultori, metodo che “consisteva nel trattare i bambini in presenza degli adulti, che così cooperavano alla terapia”.

Per quanto riguarda la relazione terapeutica (Adler considerava la diade analitica una coppia creativa) assume un particolare interesse, anche in sede di riscrittura della storia della psicologia del profondo, l’affermazione relativa all'”assunzione tardiva” da parte del terapeuta “della funzione materna”. Quanto precede sembra bene armonizzare con la significazione originaria attinente al servire del termine “terapia”, e che Adler ritraduce anche come “devozione”, una devozione sostanziata di empatia e di incoraggiamento. Il che sembra collocarlo sulla linea anti-establishment di altri due eretici storici quali Ferenczi e Rank (per non parlare di Jung). Quanto alle regole che deve osservare lo psicologo esse sono secondo Adler fondamentalmente due: “conquistare la fiducia del paziente” e “non preoccuparsi mai di aver successo”.

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Giorgio Antonelli