Un contributo di Mike Silvi, psicologo clinico e psicoterapeuta in formazione ad orientamento dinamico – archetipico presso Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Archetipica “Atanor”
Paolo Villaggio attraverso la propria letteratura e filmografia, ha prodotto immaginari rappresentativi della società italiana post industriale. Quando denuncia un sistema sociale corrotto e amorale, lo fa con gli occhi e con il carattere di chi sta “dall’altra parte”, di chi viene investito da questo sistema arrogante e speculativo. Così nasce Ugo Fantozzi, una merdaccia di ragioniere che in ufficio è mobbizzato dai colleghi, e che si lascia sodomizzare dai suoi superiori… porgendo anche l’altra chiappa!
Nei film della saga di Fantozzi sono fin troppo evidenti i tanti malcostumi e modi di fare che si traducono in immagini che in psicologia possono dare una gestalt all’ archetipo che si attiva nell’ individuo. È necessario capire chi è Fantozzi: Villaggio lo descrive come un vigliacco e viscido elemento che subisce le angherie quotidiane della casta ma s’incazza in silenzio o, se lo fa, se la prende con la moglie. Nelle poche volte che tenta un disperato “ammutinamento” viene punito con punizioni infernali da girone dantesco (celebre la costrizione a recitare la scena della scalinata della corazzata Potëmkin fino all’età pensionabile o l’emblematica riassunzione come parafulmine dopo aver scritto in cielo che “il megadirettore Arcangelo è uno stronzo”).
Vorrebbe essere lui un alto dirigente, vorrebbe essere un grande amante e un bravo padre, ma non si spinge mai più in là del suo naso per la profonda vigliaccheria che lo contraddistingue, cosciente di un senso di inferiorità che lo fa arrabbiare ma che tacitamente, alla fin dei conti, accetta: sa di essere così e che non potrà mai migliorare perché non è capace, è consapevole di essere inferiore.
È l’antieroe: non trascende come un tipico eroe, rimane immobile! È un vinto, è vittima del sistema corrotto di una società malata, è l’italiano medio che con molta fatica tenta di arrivare indenne alla fine della giornata lavorativa; zero riconoscenza, zero soddisfazioni! Persino in ambito familiare!
Paolo Villaggio sia nei lavori scritti che in quelli cinematografici colloca Fantozzi in vicende a volte assurde dove si possono rintracciare diversi comportamenti (di lui) che delineano tratti caratteriali universali (è pater familias, poco paterno e scarso amante) che sono diverse maschere che Fantozzi cambia a seconda delle esigenze, cercando un modo per riuscire a sopravvivere. Sono sempre però situazioni che lo vedono sconfitto: archetipo, quindi, anche della sconfitta, della remissione e della sottomissione. È schiacciato dagli eventi: oltre agli eventi appena descritti, viene crocefisso in sala mensa e fa gli straordinari notturni per coprire le scappatelle del megadirettore.
Ma Fantozzi è anche l’insieme di tutte quelle maschere (persone) che sono riconosciute dalla collettività: è questo riconoscersi e riconoscere in Fantozzi (da parte della collettività) modi di fare e di dire che assurge il ragioniere allo stato di immaginario collettivo1, Fantozzi è così sfortunato che forse serve da parafulmine per i nostri guai, per questo è simpatico. È il più brutto, il più grasso, il più mediocre, il più bugiardo, il più vigliacco di tutti.2
Il processo di identificazione che si attua è quello di riconoscere caratteri e abitudini quotidiane, per loro natura sempre estranee a chi compie il processo. È possibile? È possibile che Fantozzi identifichi solo gli altri? È molto difficile che succeda, essendo il più vigliacco, il più bugiardo, il più vile, offre alle persone la rassicurazione “c’è qualcuno peggio di me”; avere qualcuno che psicologicamente sta peggio, da un lato aiuta il processo terapico, perché la conseguenza sarà “ce la posso fare”, ma dall’altro rafforza la convinzione di star bene anche così come si sta perché, anche se non si sta bene non si sta neanche male, perché c’è chi sta peggio.3
Ugo Fantozzi assume, quindi, una potenza mitologica grazie al fatto d’essere riconosciuto dalla collettività: diventa un’immagine che gli archetipi precedentemente esposti useranno per prendere una forma all’interno dell’inconscio in modo tale da potersi far riconoscere e far sì che si possa anche indagare il perché, in quel dato momento, hanno avuto quella carica psichica che li ha portati a divenire rilevanti per la terapia e per l’individuo. Questo accade se vengono considerate separatamente: se queste immagini venissero considerate come parti di un tutto, darebbero forma a quell’antieroe vittima della società.
L’antieroe è un personaggio azzerato, grigio, meschino, vischioso, non si trova a proprio agio nella società, che per alcuni è sana ma in realtà è malata; se la prende, di indigna, invece di denunciare o di affrontare i problemi ripiega su se stesso, implode.4 Il quadro psicologico è di un individuo che incarna il vinto, il sopraffatto, il che evidenzierà dei conflitti: da un lato la rabbia per essere l’assoggettato degli assoggettati, dall’altro il senso di inferiorità da cui sa di non poter guarire (o comunque non vuole). Le nevrosi che si scateneranno saranno quindi rabbia verso il potere, e verso se stesso perché non si sente capace di cambiare e di cambiarsi.
È forse utile, per chiarire il ruolo dell’antieroe, raccontare brevemente il contesto nel quale si forma il ragionier Fantozzi. Siamo nel 1975/76, l’Italia è nel pieno del boom economico ed industriale; si assiste alla nascita di una casta che si impone nelle più alte sfere della società e che riesce, in pieno regime democratico, ad assumere una carica predominante e una potenza tale da essere riconosciti superiori e a far sentire subordinati quelli delle classi sottostanti. È chiaramente la confluenza di potere nelle mani di pochi che decidono per tutti, proprio a poca distanza dai moti del 1968; l’oligarchia nascente si spartisce le alte cariche ed il denaro in base ad amicizie, parentele, amori fedifraghi: nasce così quel il parentelismo che ancora oggi immobilizza la nostra società.
Figlio di questi tempi è l’antieroe: ma questo riveste soltanto le sembianze Fantozzi: esistono una schiera di personalità che nella letteratura e nella mitologia incarnano l’esatto contrario dell’eroe bello e forte. Amplificare l’immagine di Fantozzi con queste altre immagini è un passo necessario per avere una comprensione psicologica di come questo archetipo si muove nella psiche collettiva.
Nel 1971 Max Bunker5, pubblicando per la prima volta il fumetto di Superciuk, compie una presa in giro della società italiana arrivando anche a tratteggiarla sarcasticamente; questo personaggio è il supereroe dei potenti, dei ricchi: li aiuta a mantenere l’assoggettamento cui la classe medio bassa è vittima. “Ruba ai poveri per dare ai ricchi”6, va contro ogni valore, morale e buon senso sociale, è lui stesso amplificazione di questo assoggettamento, è l’antieroe. È l’alter ego di Ezechiele Bluff, che nella vita quotidiana è uno spazzino in stato perenne di ubriachezza; nel suo lavoro di netturbino si imbatte infatti sovente in un’umanità miserevole, poco attenta all’igiene, laddove i ricchi sono a suo dire educati e rispettosi della pulizia delle strade: fu questo quadro lo spunto di feroci attacchi satirici, per l’appunto, alla società italiana degli anni ’70 del XX secolo7.
In epoca moderna troviamo Don Chisciotte come stereotipo dell’antieroe: Cervantes, nella sua opera volle sottolineare l’inadeguatezza della nobiltà dell’epoca che si trovava a fronteggiare, maldestramente, il tempo nuovo che si affacciava nella Spagna dei primi anni del 1600, periodo caratterizzato dal materialismo borghese e dalla mancanza di ideali e dalla crisi che dominerà il periodo successivo a quel “secolo d’oro” che andava appena concludendosi. Il personaggio di Don Chisciotte perde gradualmente la connotazione di personaggio “comico” e acquista uno spessore più complesso: mostra il problema dell’esistenza, e cioè la delusione che l’uomo subisce di fronte alla realtà, la quale annulla l’immaginazione, la fantasia, le proprie aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui l’uomo si identifica.8 […] Sperimenta su di sé l’impossibilità di separare bene e male, e nello stesso tempo la necessità che la lotta deve avvenire dentro di noi, in attesa che qualcuno che ci sta sopra la componga e la renda plausibile.9 Andando a ritroso, l’Iliade ci consegna ben due personaggi tipicamente non eroici: Terside e Dolone. Del primo si sa che fu il peggiore fra i guerrieri achei giunti a Troia: era pavido, codardo, brutto e fisicamente malferme. Fu il primo a incitare i compagni ad andar via, venendo però ferocemente interdetto da Ulisse, quando Agamennone mise alla prova i soldati inventando la storia secondo la quale ormai si erano perse le speranze di conquistare Troia.
È antieroe perché riassume in sé tutte le caratteristiche pregnanti del genere: è vile, parla quasi sempre a sproposito, ha lo scopo di denigrare, di nascosto, i potenti e trasformarli in oggetto di riso da parte delle truppe. Non sa controllare il tono della voce né selezionare ciò che è opportuno dire o tacere. L’eroe greco, secondo una simbologia di bellezza esteriore corrispondente a quella interiore, fu sempre raffigurato con un corpo bello, muscoloso, slanciato; Tersite, invece, è gobbo, zoppo, ha gambe arcuate e la testa ovale. Nella cultura ellenica un contrasto così forte non poteva che metterlo nei panni dell’antieroe.10
Dolone, (per sorta di par condicio) è d’origine troiana: non combatte per la gloria ma per una sete di guadagno che lo porterà ad andare incontro alla rovina; anch’egli è brutto d’aspetto, ha un animo vile e la sua velocità nel correre non lo rende adatto a una rapida incursione nel campo nemico (richiesta all’eroe), ma piuttosto descrive la sua propensione alla fuga. È assai stolto: non pensa a chiedere un compagno per la missione di spionaggio contro gli achei, e cade nel tranello dei Greci: si ferma ad aspettare i nemici, sperando che siano i Troiani venuti per portargli nuove disposizioni di Ettore, finché tardivamente riesce a distinguerli. Impaurito, rivela molto di più di quello che gli è stato domandato. Tenta di salvarsi la vita attribuendo ad Ettore tutta la responsabilità dell’incursione e anche dell’offerta di ricompensa;11 rivela senza scrupoli la struttura del campo troiano, tentando di condurre i nemici verso un bottino allettante. Viene ucciso nel sonno dopo essere stato rassicurato che avrà salva la vita, rassicurazione vana ma non disdicevole dato che nell’ottica guerriera dell’Iliade è considerata fuori luogo ogni gesto di pietà, tanto più nei confronti di un vile, debole e stolto.
L’antieroe può essere anche un personaggio idealizzato ma imperfetto, ha talento e passione, ha un’avversione per la società e le sue istituzioni, mancanza di rispetto per l’alto rango e i suoi privilegi (sebbene possieda entrambi) e viene ostacolato nell’amore da vincoli sociali. Questa è la descrizione che si può dare all’eroe byroniano: un ribelle, un arrogante, spesso esiliato e tormentato da un passato doloroso, presuntuoso e auto – distruttivo12 13.
Tutta una serie di antieroi sono rintracciabili nei romanzi picareschi: già nel XVI secolo si raccontava di sottoproletariato urbano, si descrivevano le vite delle persone dai gradini più bassi della città per osservare, analizzare e comprendere i mali che quella società viveva. I protagonisti sono sempre o poveri o orfani o figli illegittimi, o legati ad un’infanzia difficile; una volta fuori della famiglia, vengo a trovarsi da soli contro la società ed impattano con quella sopravvivenza che hanno bisogno di sperimentare presto per potersi adattare a standard che ella stessa impone. Hanno dovuto imparare, quindi, a lusingare, a mentire, a frodare. Spesso viene descritto il loro sfortunato destino, ma anche il vano attacco che fanno alla società denunciando un abuso perpetrato nei loro confronti.14
Nella società quindi l’antieroe è quello che viene schiacciato e subisce, ma di contro vi si pone colui che combatte il sopruso e rivendica diritti e valori inalienabili: l’eroe. Egli è il simbolo dell’unione di forze celesti e terrene, […] rappresenta lo slancio evolutivo, il desiderio esistenziale, la situazione conflittuale della psiche umana, attraverso il combattimento contro i mostri della perversione15; l’antieroe, invece, non li combatte: sovente li subisce, sovente ne diventa complice. Diventa quindi importante paragonare eroe ed antieroe proprio per il significato psicologico che porta dietro di sè questo paragone: l’eroe è immaginario di solidità, forza, valore e portatore di sani valori, fin nell’antica Grecia dove il culto dell’eroe era visto proprio come un mito, un modello di perfezione che è bramato dall’uomo; l’antieroe è immaginario di codardia, vigliaccheria, viltà e consapevole sottomissione, è un personaggio che, polemicamente o no, mostra qualità del tutto opposte a quelle considerate tipiche e tradizionali dell’eroe16 .
Se l’eroe inizia il viaggio per uccidere il drago, l’antieroe non partirà mai; l’antieroe Superciuk farebbe addirittura la guardia al drago, l’antieroe Fantozzi si offrirebbe come pasto. Con Jung e Neumann abbiamo appreso che a livello psichico l’antieroe nutre la Grande Madre che l’eroe combatte per portarsi ad un livello superiore di maturazione per compiere il processo di individuazione; nel reale, nutre i modelli che vanno contro la morale e la salute personale. Ogni epoca ha un suo eroe, e di contro ha anche un suo drago: nell’epoca in cui viviamo il drago è molto potente, ha acquisito una forte predominanza che permette l’emersione dell’Ombra; ci saranno così, sempre meno viaggi eroici e sempre più stasi antieroiche.17
La società moderna e post moderna, infatti, è “invasa” da antieroi: è ancora oggi ben radicato, un senso di cosciente impotenza; ci si incazza per le angherie subite ma non si muove un dito per migliorare la propria condizione e ci si sfoga con chi è più debole di noi: di solito sono femminili fragili che diventano, ingiustamente “carne da macello” nelle mani di chi continuamente frustrato, vessato, mobbizzato, diviene violento perché sfoga una rabbia che inizialmente è soffocata da un senso di inquietudine e passività (forse cronicizzata) e di punto in bianco esplode.
È giusto fare, in ultimo, un parallelo tra il rapporto eroe/antieroe e Persona/Ombra. L’eroe deve combatte un drago che a livello psichico ha un fascino e una seduzione tale da ridurre al minimo l’efficienza dell’Io, che poi verrà castrato e inghiottito nell’Uroboros; per evitare tutto ciò deve evitare una regressione dell’Io, combattere la Grande Madre affinché possa emanciparsi da essa: infatti la vittoria dell’eroe non è nient’altro che la maturazione dell’Io. L’antieroe sembra o non avere gli strumenti per evitare la regressione o non sentirsi in grado: non portandosi a un successivo livello di maturazione non avrà la dimestichezza e le risorse per poter affrontare ciò che il mondo reale gli porrà dinnanzi; è qui che si sentirà inutile e incapace.18 È anche vero che anche se il fine ultimo è l’emancipazione dalla Grande Madre, ogni epoca ha visto diversi eroi cimentarsi con draghi diversi; l’impresa che l’eroe deve compiere oggi non è più quella del secolo di Galileo. Dove allora v’era tenebra, oggi vi è luce, dove era la luce, oggi è tenebra. L’eroe moderno deve cercare di riportare alla luce l’Atlantide perduta dell’anima coordinata19, l’antieroe contribuisce a tenerla sommersa.
La Persona è un complicato sistema di relazioni fra la coscienza individuale e la società. Una specie di maschera che serve a fare una determinata impressione sugli altri e nascondere la vera natura dell’individuo. Implica oltremodo una reciprocità per cui sembra più opportuno parlare di “Persone”. Le esigenze di coppia o di famiglia possono portare alla formazione di diverse “Persone” distinte da quelle che hanno un ruolo ufficiale. La sua formazione deriva dalle qualità richieste e promosse dalla socializzazione che vengono mostrate all’esterno: sono aspettative ed esigenze che possono riguardare ruoli privati o professionali. Si manifestano tendenzialmente tratti positivi e graditi che assicurano un riconoscimento nella collettività. Perché si origini una persona, devono esserci, da parte dell’ individuo, una preparazione e una motivazione sufficiente per acquisire il comportamento richiesto o la volontà di rifiuto e di protesta.
Parte inferiore della personalità, invece, l’Ombra è somma di tutte le disposizioni psichiche personali e collettive che a causa dell’inconciliabilità con la forma di vita scelta non vengo vissute; nell’ inconscio si uniscono a tendenze contrarie e formano una personalità parziale semi autonoma. Deve la sua esistenza al lavoro di rimozione che va a favore del mantenimento della Persona, ne diventa antagonista. I contenuti che vengono accolti nell’Ombra vanno fatti risalire alla storia personale, sono individuali, come accade nella Persona; ma le rimozioni che riguardano la Persona si volgono anche verso un gruppo di persone (famiglia, cultura, comunità religiosa) quindi l’Ombra assume anche connotati collettivi. Questi elementi sono invisibili e sconosciuti, si trovano nell’ inconscio.20
Punto nodale è il fatto che Fantozzi non riesce a equilibrare la(e) propria(e) Persona(e) con la sua Ombra; nell’Ombra si trovano tutti quegli aspetti che danno vita alla maschera (Persona) che indossa dentro casa: autoritario, deciso, sicuro, fermo, un uomo di polso che descrive meglio un megadirettore che lo sfortunato ragioniere. È come se avesse un disturbo dissociativo dell’identità dove non solo vi sono due individualità che hanno ciascuna una loro Persona e una loro Ombra, ma sembra che queste siano l’una il contrario dell’ altra: il Fantozzi d’ufficio la cui Persona è remissiva, sfigata e vigliacca ha l’Ombra autoritaria, decisa e sicura; il Fantozzi casalingo la cui Persona è autoritaria, decisa e sicura ha l’Ombra vigliacca, remissiva e sfigata.
È un uomo posseduto dalla propria Ombra: l’autorità che mostra sulla famiglia è soltanto una reazione ad un’impossibilità di potersi affermare al di fuori delle mura domestiche; sbatterà il pugno sul tavolo ogni volta che subirà un sopruso ma preferirà rimanere in quella condizione sfavorevole (dominato dall’Ombra) agli occhi degli altri per pura vigliaccheria. È da Jung che apprendiamo che chi è posseduto dall’Ombra ha contraria la buona sorte: ogni qual volta sembra che ci sia un raggio di sole nella giornata di Fantozzi, piomba la fedele nuvola da impiegato a rovinare tutto. La necessità di porre Fantozzi (e le sue amplificazioni) come antieroe nasce dal fatto che la psicologia junghiana si è occupata principalmente di personaggi “positivi”21 come il fanciullo e il vecchio saggio; non esistono solo Achille, Ettore, Giasone, Teseo, che personificano l’eroe, ma esiste anche la loro Ombra, l’antieroe, che si personifica attraverso Fantozzi.
Il termine archetipo, in senso platonico, è sinonimo di idea22 , è in sé un elemento vuoto, formale, nient’altro che una facultas praeformandi, una possibilità data a priori della forma di rappresentazione. Ereditarie non sono le rappresentazioni, bensì le forme, che sotto quest’aspetto corrispondono esattamente agli istinti, anch’essi determinati nella forma soltanto. Difficilmente si può dimostrare che la presenza di sé degli archetipi, così come degli istinti, fintantoché essi non si manifestino concretamente. […] esso può essere in linea di principio denominato e possiede un nucleo di significato invariabile: questo però determina il suo modo di manifestarsi solo in teoria mai in concreto.23
L’archetipo è una struttura strutturante l’inconscio collettivo, il quale per prendere una forma attinge alle mitologie, alle fiabe, alle religioni, alle leggende, alla letteratura e anche agli stereotipi, agli usi e costumi che distinguono le varie culture. L’archetipo del fanciullo, è l’immagine di certe cose della nostra infanzia e che abbiamo dimenticato, […] rappresenta l’aspetto infantile preconscio dell’anima collettiva, […] non è soltanto un residuo, ma anche un sistema che funziona nel presente ed è destinato a compensare e rispettivamente rettificare le inevitabili unilateralità della coscienza. […] Il fanciullo è anche, avvenire in potenza, l’emergere di tale motivo nella psicologia dell’individuo normalmente significa un’anticipazione di sviluppi futuri, anche quando al primo momento sembra trattarsi di una visione retrospettiva […] anticipa nel processo di individuazione quella forma che risulterà dalla sintesi degli elementi coscienti e incoscienti della personalità […] diviene simbolo unificatore degli opposti, un mediatore, un salvatore (eroe), ossia un artefice della totalità.24
L’archetipo del fanciullo si compone di due aspetti: quello del dio – fanciullo e quello del giovane eroe, hanno entrambi una nascita e le vicende infantili caratterizzate da episodi prodigiosi che riguardano la minaccia dei persecutori e l’abbandono. Il dio – fanciullo è soprannaturale, personifica l’inconscio collettivo nella sua stretta affinità con l’animale simbolico, il giovane eroe è colui che ha un carattere umano ma sovrannaturale, dove comprende anche l’essere umano, e ciò lo pone come sintesi tra l’inconscio e la coscienza umana.25 Il vecchio saggio, nei sogni e nelle meditazioni acquisisce lo stato di “guru”; può apparire come mago, medico, sacerdote, maestro, professore, nonno; l’archetipo dello spirito si presenta, indipendentemente dalle sue manifestazioni in situazioni dove sono richieste saggezza, perspicacia, intelligenza, dove va presa una decisione, dove c’è bisogno di pianificazione26 . Questo archetipo compensa una carenza (quasi sempre) dell’Io il quale non ha mezzi propri. 27
Gli immaginari del vinto, dello sconfitto, del perdente, della “merdaccia” sono tanto importanti quanto quelli del paladino, del Robin Hood, del condottiero in quanto lo scopo della terapia è quello di raggiungere un’armonia psichica, e per farlo è necessario dare spazio, onorare tutti gli immaginari che rappresentano la psiche.
Autore: MIKE SILVI, Psicologo clinico e psicoterapeuta in formazione ad orientamento dinamico – archetipico presso Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Archetipica “Atanor”. Riceve a L’Aquila, piazza Duomo, 63.
Cell. 327.125.623 – email attivamenteaq@gmail.com
NOTE
1 Cfr. Villaggio P., 1971, Fantozzi, BUR, Milano, 2010; Villaggio P., 1979, Fantozzi contro tutti, BUR Milano, 2010; Villaggio P., 2010, Fantozzi Totale, Einaudi, Torino; Villaggio P., 1974, Il secondo tragico libro di Fantozzi, BUR, Milano, 2010; Villaggio P., 2011, La fortezza tra le nuvole, Morganti Editori, Pordenone; Villaggio P., 2011, Non mi fido dei santi, autobiografia bugiarda, Alberti Editore, Roma; Villaggio P.,2011, Tragica vita del ragionier Fantozzi, Mondadori, Milano.
2 Villaggio P., 1979, Fantozzi conto tutti, BUR Narrativa, dic. 2010, pag. 9.
3 è sbagliato ricondurre la terapia al “c’è chi sta peggio”: anche se può essere una condizione favorevole, non è il punto nodale sul quale si deve basare la terapia; questo è se stessi. Arrivare a compimento del processo di individuazione, scoprire se stessi, comprendere quale è il nostro funzionamento.
4 Cfr. Campbell J., 2012, L’eroe dai mille volti, Lindau, Torino, 2014.
5 pseudonimo di Luciano Secchi, fumettista, scrittore, editore e giornalista italiano: è il padre del gruppo TNT, una squinternata associazione di agenti segreti insieme a Magnus, alias Roberto Raviola, fumettista italiano.
6 Bunker M., 1971, Alan Ford e il gruppo TNT, n°26 Superciuk, Editoriale Corno, Milano, 1990, pag. 43.
7 Cfr. Bunker M., Alan Ford e il gruppo TNT, n° 26, 27, 28, 51, 74, 75, 436.
8 Cfr. Cervantes Saavedra de, M., 1606, Don Chisciotte della Mancia, trad., Troiano B. e Di Dio G., Newton Compton, Roma, 2007.
9http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/ articleid,0089_01_1962_0266_0003_16982452/ .
10 Cfr. Omero, 720 a.c., Iliade, Einaudi, Torino, 2005.
11 chiese i cavalli di Achille.
12 da George Gordon Noel Byron, VI barone di Byron, poeta e politico inglese, nacque nel 1788 a Londra e morì nel 1824 a Missolungi; influenzò molti autori come John Milton, Charlotte ed Emily Brontë. L’eroe byroniano è presente in molte sue opere, tanto che è considerato egli stesso la personificazione di questo.
13 Cfr. http://web.cn.edu/kwheeler/lit_terms_B.html#byronic_hero_anchor .
14 Cfr. padis.uniroma1.it/bitstream/10805/603/1/FiorellinoBarbara105.doc.
15 Chevalier J. & Gheerbrabt A., 1999, Dizionario dei simboli, Bur, Milano, 2008, pag. 417, 419.
16 http://www.treccani.it/vocabolario/antieroe/.
17 Cfr. Campbell J., 2012, L’eroe dai mille volti, Lindau, Torino, 2014; Jung C. G., 1912, La Libido, simboli e trasformazioni, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma, 2006; Neumann E., 1949, Storia delle origini della coscienza, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1978.
18 Cfr. Jung C. G., 1912, La Libido, simboli e trasformazioni, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma, 2006; Neumann E., 1949, Storia delle origini della coscienza, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1978.
19 Campbell J., 2012, L’eroe dai mille volti, Lindau, Torino, 2014, pag. 449.
20 Cfr. Jung C. G., 1935, Introduzione alla psicologia analitica, Cinque conferenze, Universale Bollati Boringhieri, Torino, 2000; Jung C. G., 1928, L’Io e l’inconscio, Bollati Boringhieri, Torino, 2012; Roth W., 2005, Incontrare Jung, introduzione alla psicologia analitica, edizioni Magi, Roma, 2006.
21 Non esistono personaggi negativi e positivi della psiche; tutti hanno una loro finalità, tendono verso qualcosa, la finalità della terapia che lavora con e attraverso gli immaginari è scopistica.
22 Cfr. Jung C.G., 1980, Gli Archetipi e l’inconscio collettivo, in Opere, vol. 9*, Bollati Boringhieri, Torino 2002
23 Ibidem, pagg. 81,82.24 Ibidem, pagg. 154 – 158 . 25 Cfr. Ibidem, pag. 159. 26 Cfr. Ibidem, pag. 209. 27 in terapia è possibile riscontrare situazioni dove l’Io accetta questo aiuto e situazioni dove invece evita di entrare in relazione con il vecchio saggio; nel primo caso di parlerà di Io immaginale, nel secondo di Io eroico: la terapia ha lo scopo di rendere l’Io immaginale.
BIBLIOGRAFIA
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SITOGRAFIA
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