Marta e Maria

in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 43, Napoli, Liguori, 1998 – Estratto

Il silenzio appartiene al Regime notturno dell’immaginario; quel Regime che fa dell’intima recettività e della eufemizzazione dei contrari il suo filo di Arianna. Il silenzio è lo stile comunicativo dell’introverso ed è caratterizzato dalla volontà di contatto con il numinoso, con ciò che da senso alla esteriorità delle cose, e dal coraggio del discensus ad inferos, cioè del confronto con la propria ombra. L’esegesi di alcune pericopi del Nuovo Testamento rivelano un’attenzione gesuanica per il silenzio, e per il femminile in generale, che la religiosità androcentrica non aveva mai avuto. Marta e Maria di Betania diventano così la risposta femminile (decisamente più evoluta) alle figure di Origene e Tertulliano esemplificative, secondo Jung, del tipo estroverso e introverso.

Quando entra nel villaggio di Betania, Gesù viene ospitato da una donna di nome Marta. Marta ha una sorella di nome Maria, che mentre Gesù parla, si siede ai suoi piedi, in silenzio, ad ascoltarlo. Marta sta in cucina (e per questa sua mansione sarà promossa nel calendario dei santi, il 29 luglio, a protettrice delle casalinghe e delle cuoche). Non sopporta l’inoperosità della sorella e rivela questo suo disappunto a Gesù.

Gesù le risponde che mentre lei si preoccupa e si affatica per molte cose, sua sorella Maria, “ha scelto la parte buona, e ciò non le deve essere tolto” Gesù è dalla parte di Marta e dei suoi silenzi. Elisabeth Moltman-Wendel, teologa femminista, si indigna per l’entusiasmo con il quale la tradizione ha esaltato e diffuso la figura silente di Maria. Secondo l’autrice il silenzio “su” Marta è il silenzio della tradizione cristiana patriarcale nei confronti di ogni donna che parla e che esprime la propria individualità. E’ la paura dell’uomo nei confronti dell’emancipazione femminile.

Le poche rappresentazioni medioevali della Marta dimenticata la ritraggono come il corrispettivo femminile di S. Giorgio o di S. Michele, mentre doma un drago, un mostruoso sauro corazzato. Lo specificum femminile di Marta, nei confronti dei suoi colleghi lottatori, è che ella non uccide il mostro, ma lo doma, lo “eufemizza”, tenendolo al guinzaglio quasi come un animale domestico.

In Marta potrebbe annunciarsi -dice Wendel- un nuovo modo di rapportarsi al problema del male: non il suo annientamento, ma il suo riscatto. Marta potrebbe essere la rappresentante di un nuovo umanesimo nel quale la natura venga integrata in tutti i suoi aspetti. Proprio come Jung, lo “gnostico, aveva più volte auspicato.

L’encomio al silenzio “di” Maria riflette invece una volontà di assoggettamento e di supremazia. Maria è simbolo di sottomissione all’uomo e l’unica sua grandezza è come rappresentante della superiorità della vita contemplativa su quella operativa. Il neoplatonismo colpisce ancora: umilia nel presente ed esalta non si sa dove!

La teologa ha ragione. Eppure non si può negare l’apprezzamento di Gesù nei confronti di Maria di Betania, anche quando, nel Vangelo di Giovanni, attirandosi i rimproveri di Giuda, ella all’improvviso rompe un costoso vasetto di olio profumato e lo cosparge sui piedi di Gesù, asciugandolo poi con i suoi capelli. Marta e Maria – e questa è la mia tesi – rappresentano la forma evoluta al femminile delle figure di Origene e di Tertulliano, così come sono state analizzate da Jung nel saggio “Tipi psicologici” (di cui abbiamo trattato in precedenza). Marta con la sua estroversione e la sua intraprendenza, Maria con l’introversione dei suoi silenzi.

Prototipi di una umanità che non possiede gli odi, le violenze e le mutilazioni che hanno contraddistinto la vita e il pensiero dei due Padri della Chiesa. Marta e Maria, entrambe, pur nelle loro differenze, sono le rappresentanti dell’umanità che piace a Gesù, alla cui dimora egli si introduce e dalla quale si lascia convincere a compiere il miracolo della resurrezione (Lazzaro è il fratello di Marta e Maria). Una umanità non senza confronti, ma sicuramente più integrata e più rispettosa, dove silenzio e parola, introversione e estroversione convivono dentro la stessa casa.

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L'autore
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Antonio Dorella