Le tracce di un abbandono

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, n. 17 “Abbandoni”, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2013 – Estratto

La frequentazione del territorio psicoanalitico per le mie personali analisi e la successiva appartenenza al Centro Studi Psicologia e Letteratura, mi hanno fornito strumenti auto-conoscitivi e conoscitivi utili per osservare i comportamenti attraverso una speciale lente d’ingrandimento. Ben sappiamo, e qui il pensiero va ad Aldo Carotenuto, quanto occuparsi delle proprie ferite sviluppi una sensibilità speciale che consente di guardare attraverso la ferita stessa, divenuta feritoia, gli accadimenti dell’anima.
Utilizzo questa lente per narrare una storia di vita, colta in una prospettiva diacronica, che mi sembra portatrice di elementi anche emblematici per la caratterizzazione dei rapporti familiari del nostro tempo.
Francesca nasce nei primi anni quaranta del Novecento da genitori molto giovani nel meridione d’Italia. Il padre che è all’inizio della carriera universitaria, dopo il matrimonio ottiene una borsa di studio alla Normale di Pisa, dove si trasferisce e resta, mentre l’Italia è divisa in due a causa della guerra. Anni difficili per tutti e per Francesca che vive con la giovane madre frustrata per l’assenza del marito. Su imposizione del padre, Francesca era nata in casa nel paesino d’origine dei nonni paterni e ciò evidenzia le contraddizioni del genitore, uomo dalla mentalità aperta, ma al tempo stesso patriarcale, rimasto legato alla sua terra in un ambiguo rapporto di amore- avversione.
La sua lontananza dalla famiglia non gli consente di svolgere in pieno il ruolo di padre. Nel dopoguerra la famiglia di Francesca si riunisce, ma la convivenza dei genitori dura poco e Francesca non riesce a ricevere sufficienti metaforiche carezze. (senza carezze non si cammina a petto in fuori1) dalla madre poco affettiva e dal padre, che si trasferisce ancora una volta, per motivi di studio, alla Sorbona di Parigi.

Francesca non riceve – questo è il suo vissuto- la tenerezza delle cure parentali e nei suoi racconti di adulta, compaiono due ferite non rimarginate risalenti a quando lei era molto piccola. La prima, quando la madre – andata in Francia a tentare di recuperare il marito – l’aveva lasciata per un lungo periodo dai nonni paterni con cui aveva poca confidenza; la seconda, quando la madre l’aveva insolitamente ricoperta di abbracci, ma non per una spontanea affettuosità nei suoi confronti – cosi lei aveva sentito- ma solo per la contentezza dell’inaspettato ritorno del marito. Nel dopoguerra la famiglia si ricompone, ma il matrimonio non è solido.

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Roberto Cantatrione