Dialogo sulla Mente e Sulla Materia. Intervista ad Ignazio Licata

anno 7, n. 25, 2008

Da sempre le scienze della materia e della mente sembrano separate da un divario incolmabile. Le teorie della complessità e dell’emergenza hanno modificato profondamente questa situazione, innescando un nuovo dialogo tra fisica e psicologia. E’ in questo spirito trans-disciplinare che si svolge il dialogo tra Virginia Salles, psicoterapeuta e studiosa dell’opera di Stanislav Grof, ed Ignazio Licata, fisico teorico impegnato nella costruzione di una fisica della cognizione, in occasione della pubblicazione del libro “La Logica Aperta della Mente” , Codice Edizioni.

Virginia Salles: Uno dei problemi fondamentali della scienza, insolubile nell’ambito del paradigma newtoniano-cartesiano, è quello di comprendere come la tendenza al disordine e il caos possano produrre nuovi livelli di organizzazione nei sistemi biologici. Quale fattore determina questo salto qualitativo?

Ignazio Licata: Il riduzionismo, ossia lo studio dei “mattoni del mondo” è stata una strategia vincente che ha permesso di risolvere un gran numero di problemi. Purtroppo questo ha lasciato intendere che ogni sistema possa essere compreso a partire dalle unità costituenti, il ché non è vero, “more is different”, come recitava il titolo di un articolo-manifesto del 1972 del Nobel Philip Anderson. I comportamenti collettivi della materia, dai superfluidi ai sistemi biologici e cognitivi, sono naturalmente compatibili con le caratteristiche degli oggetti “elementari”, ma non sono banalmente riconducibili a queste e richiedono approcci diversi. Persino in dinamiche molto semplici, come quella di pochi oscillatori accoppiati, possono aversi fenomeni di impredicibilità, ed il caos – classico e quantistico – gioca il ruolo di “miscelatore” di ordine e disordine, da cui possono emergere nuova informazione e nuovi livelli di organizzazione. In generale è importante ricordare che per un sistema ad alta complessità la nozione di “struttura” ha un significato processuale legato alle dinamiche “globali” tra sistema ed ambiente, e non può essere identificata con i “componenti elementari”. Persino in alcune versioni della cosiddetta fisica “fondamentale” (termine assai fuorviante……), le particelle sono processi emergenti da un “fluido di Yang-Mills”, non più “fondamentali” dunque delle bolle d’acqua che si osservano durante la transizione di fase dell’ebollizione.

Tra la posizione realista di Einstein che sosteneva che un gatto “esisteva” anche quando lui non lo guardava e l’assoluto relativismo della visione del mondo dei filosofi post-moderni e delle interpretazioni radicali della fisica quantistica, quale è, secondo te, la vera realtà che soggiace alla nostra esperienza del mondo?

Il filosofo Alfred North Whitehead diceva che gli scienziati tagliano la stoffa dell’universo che è fatta di un solo tessuto. “Cosa” e “come” tagliare- identificare problemi ed elaborare le strategie d’approccio – non è affatto banale e costituisce l’essenza del problema dell’osservatore. La posizione del realismo naive e del relativismo post-moderno hanno in comune un atteggiamento “polarizzato” nei confronti del binomio osservatore-osservato; il realismo mette tra parentesi il primo termine ( “il mondo è già lì”, tagliato a fettine disciplinari pronte per essere studiate con un “metodo” opportuno), i post-moderni invece liquidano ogni realismo e dissolvono il mondo nella pluralità dei punti di vista. Entrambe le posizioni sono alla lunga inaccettabili: dire che il mondo è fatto “oggettivamente” di atomi, ad esempio, è corretto ma banale, mentre il relativismo trascura l’importanza della conoscenza culturalmente condivisa. La “via di mezzo” per evitare questo Scilla e Cariddi- come diceva Francisco Varela- consiste nella posizione costruttivista che considera la conoscenza come un processo relazionale tra osservatore ed osservato. E’ questo binomio inscindibile il “tessuto” della conoscenza ed il nostro rapporto profondo con il mondo. Le teorie che costruiamo sono mappe del mondo, ma non dobbiamo mai confondere la mappa con il territorio.

La scienza, come tu scrivi, è un’impresa umana ed è guidata quindi anche dalle convinzioni non scientifiche degli scienziati. Qual è il contributo fondamentale della teoria della apertura logica della mente all’epistemologia e quale personale convinzione sottende il tuo pensiero?

La teorie diceva Einstein sono libere creazioni della mente umana ed in quanto tali sottodeterminate dai dati, ossia una teoria non si deduce dagli esperimenti ma piuttosto si costruisce sui dati sperimentali. Aggiungerei però che le teorie sono sovradeterminate culturalmente, risentono delle convenzioni e dei paradigmi culturalmente condivisi dalla comunità scientifica in un certo momento storico. La teoria dell’apertura logica è una teoria generale dei rapporti tra osservatore ed osservato, e cerca di cogliere le caratteristiche fondamentali delle “gerarchie intrecciate” (Douglas Hofstadter) e dei “sistemi ad alta integrazione” (Robert Rosen) . Al di là del formalismo, che può essere molto complicato- dalla teoria delle categorie alla teoria quantistica dei campi-, il punto essenziale è molto semplice: più un sistema è complesso più sono possibili molteplici livelli di descrizione, legati alle relazioni tra sistema ed ambiente. La terminologia e gli strumenti concettuali derivano dalla termodinamica dei sistemi aperti, che scambiano continuamente materia ed energia con l’esterno, e dalla visione della matematica come sistema aperto, non “catturabile” da un singolo sistema assiomatico (i famosi teoremi di Godel-Turing reinterpretati da G. Chaitin). Contrariamente al vecchio paradigma dell’intelligenza artificiale noi non siamo meri elaboratori di informazione, ma nel flusso informazionale emergono continuamente nuove categorie interpretative e nuovi codici. Questi processi di emergenza intrinseca richiedono dunque una nuova teoria della computazione più adatta ai sistemi biologici e cognitivi, la computazione naturale, sulla quale ho lavorato in questi anni con un gruppo di studiosi, tra cui voglio ricordare Hava Siegelmann e Cris Calude. In questo modo è possibile delineare una “fisica della cognizione” in cui la logica “chiusa” del computer è sostituita da una logica “aperta” in cui trova posto la singolare capacità della mente di produrre emergenza semantica. Per dirla con Nelson Goodman, siamo “creatori di mondi”.

“La cognizione non è la rappresentazione del mondo, ma un processo di generazione di mondi connesso alla complessità dell’accoppiamento strutturale tra un organismo e l’ambiente… scrivi nel tuo libro e “l’io”, messo costantemente in discussione dalla psicologia transpersonale, viene definito da te come un “continuo processo di accoppiamento con il mondo, un flusso tra interno e esterno veicolato dal nostro essere organismi…”. In questo “processo di accoppiamento con il mondo” che significato potrebbe acquisire all’interno della tua visione “la morte dell’ego” (o “dell’io”, cioè della “separatezza”) descritta nella letteratura spirituale e nella psicologia transpersonale e la conseguente rinascita psicospirituale?

La coscienza e gli stati soggettivi (i qualia) hanno avuto uno strano destino nella scienza. Nel trattato di William James sui principi della psicologia sono considerati un problema fondamentale, mentre nel lungo periodo del cognitivismo e dell’intelligenza artificiale sono stati “espulsi” dalla ragione scientifica e considerati una trappola linguistica, un errore epistemologico, un problema mal posto. In genere si dice che la scienza è costruita “in terza persona” e dunque non può affrontare stati che per loro natura sono “in prima persona”. E’ ovvio che non ha senso confrontare gli stati soggettivi o tentare di ridurli ai cosiddetti “correlati neurali”, misurati dalle neuroscienze. Però possiamo domandarci qual è il loro significato biologico e cognitivo, e che ruolo hanno nel processo della conoscenza. Un risultato interessante dell’apertura logica è la necessità di una “rivoluzione copernicana” che riposiziona al centro la “bussola cognitiva” degli stati soggettivi. Se elaborassimo le informazioni come computer non si produrrebbe mai nuova conoscenza. Lungi dall’essere un “ vago fumo che esce dal cervello”, la soggettività dell’osservatore è dunque un elemento fondamentale per comprendere come un organismo conosce il mondo. Nella teoria del Quantum Brain, proposta da Hiroomi Umezawa e ripresa recentemente da Giuseppe Vitello, l’attività della mente viene descritta come una continua interazione dissipativa con l’ambiente, e nei calcoli fa la sua comparsa una sorta di auto-interazione del sistema con sé stesso che può essere identificata con la coscienza, che viene ad essere così una “mappa interna” delle relazioni mente-mondo. Il punto essenziale è che la soggettività non è un’entità “statica” ma un processo dinamico e come tale va incontro a modificazioni strutturali, biforcazioni, catastrofi. L’ “io” non è una struttura permanente dai contorni ben definiti, e le sue molteplici ( e necessarie) “morti” sono una condizione necessaria di re-immersione nel mondo e creazione di nuovi significati. Bateson ha scritto bellissime pagine su questo tema, intuizioni geniali che oggi prendono la forma di una teoria scientifica.

Anche se la scienza non è in grado di affermare una realtà trascendente, emergono dalla moderna visione del cosmo entità dai connotati “esoterici” come i quark o i buchi neri, e forze “oscure” come le onde di probabilità o la gravità quantistica che risultano (a noi, profani) incomprensibili. Potrebbero essere messe in relazione con le antiche divinità mitologiche o con alcune concezioni della filosofia orientale, come per esempio, l’Akasha degli indù?

(non so se questa domanda ha senso… dimmi tu!)

Possiamo provare a darle assieme un senso, confrontando le nostre diverse visioni del mondo! La capacità di generare significati da ogni evento, tra l’altro, mi sembra l’aspetto più fecondo della sincronicità dei nessi a-causali di Jung e Pauli. Come ogni narrazione, la scienza produce le sue immagini-chiave, paradigmi e “mitologie”: l’universo meccanico di Laplace, lo spazio-tempo curvo di Einstein, la schiuma quantistica ed il muro di Planck, il tempo curvo in cosmologia quantistica, la dinamica multidimensionale delle stringhe. Queste immagini acquisiscono una forza autonoma, diventano potenti suggestioni estetiche, vere e proprie catalizzatrici di pensiero, mandala per la meditazione. Il problema è che staccate dal loro contesto originario, centrato su problemi ben precisi, si svuotano progressivamente di significato e diventano meri elementi di spettacolarizzazione della scienza.

Se è valido il parallelo tra la tua visione scientifica e le antiche tradizioni spirituali e filosofiche, esiste un modo “scientifico” di avvicinarsi alla spiritualità?

Non dobbiamo dimenticare che l’attività scientifica è una forma raffinata di artigianato: individuiamo dei problemi e su questi costruiamo degli strumenti per affrontarli. Le teorie si modificano con il tempo e la “cassetta metodologica” diventa sempre più complessa. Quest’attività offre sicuramente elementi di riflessione importanti sul rapporto tra l’uomo ed il mondo- pensa al multiverso o al principio antropico-, ma non credo che una teoria scientifica possa offrire di per sé all’uomo che la pratica una saggezza spirituale. Quella è un “distillato” soggettivo, che può derivare da ogni attività. In questo caso la scienza è una possibilità, come la “manutenzione della motocicletta” di Pirsig, il “tiro con l’arco” di Herrigel, l’ascolto degli ultimi quartetti per archi di Beethoven o della nona di Mahler.

La realtà che emerge dalle nuove scoperte della fisica e, in un certo senso, anche dalle pagine del tuo libro è una realtà psicofisica. Così anche la coscienza e l’anima sembrano avere la stessa origine delle cose che costituiscono la realtà fisica (“il vuoto quantico”). Potremo un giorno incontrare Dio tra le pagine di un libro di fisica?

La storia dei tentativi di “teologia naturale” è molto interessante. Newton definì lo spazio assoluto “sensorium dei”, mentre Laplace affermava di non aver affatto bisogno dell’ipotesi “Dio”. Alcuni hanno persino sostenuto di poter offrire una sorta di dimostrazione fisica dell’esistenza di Dio. Un esempio è la teoria del Punto Omega di Frank Tipler, che per inciso è un ottimo fisico-matematico. Personalmente ritengo che siano forzature, gli scienziati tendono a volte a prendere ontologicamente troppo sul serio le loro costruzioni, estrapolandone il significato al di là dei limiti consentiti da quello che abbiamo definito artigianato scientifico. Tra l’altro, ritengo il bisogno cognitivo che anima la religio sia altro rispetto ai concetti di “teoria” e “dimostrazione”.

In un’intervista a Stanislav Grof del 29 novembre 2006, ad una mia domanda circa il futuro della psicologia, Grof risponde ricordandomi i nuovi sviluppi della scienza e la straordinaria rivoluzione della fisica nelle prime due decadi del ventesimo secolo, quando si passò dalla fisica newtoniana alla fisica relativistica e quindi alla fisica quantistica, rivoluzione che cambiò completamente il nostro modo di considerare la realtà. Analogamente, sostiene Grof, con tutte le prove prodottesi nel tempo, anche la psicologia potrebbe fare lo stesso percorso. I libri che trattano questo tipo di argomenti sono interdisciplinari e raggiungono un livello di complessità che non li rende comprensibili alla maggior parte delle persone. Come potrebbe una simile rivoluzione in campo umanistico raggiungere un livello di consapevolezza collettivo?

Oggi stiamo assistendo ad un forte crossing disciplinare che sta modificando il nostro modo di pensare la Physis in cui mente e materia sono elementi dinamici di uno stesso scenario concettuale. Sotto questo profilo la teoria dell’apertura logica è una “teoria del tutto” in un senso molto più profondo di quello corrente nella fisica delle particelle, perché tende ad inquadrare in uno schema logico unitario i rapporti complessi tra mente e mondo. Perché si possa percepire nella sua portata generale questa rivoluzione prospettica è necessario abbandonare alcuni fantasmi filosofici vetusti e cominciare a pensare che siamo processi che osservano processi e che man mano che studiamo livelli sempre più alti di complessità i “vincoli” e le “condizioni al contorno” diventano più importanti delle “leggi”. Andiamo verso una scienza sempre più “eraclitea” e costruttivista, con più attenzione per la diversità e la gioia del fare che per le verità definitive ed ultime, che hanno sempre prodotto guai.

Grof considera l’impulso verso l’esperienza mistica – la trascendenza dei confini dell’ego e della dimensione spazio-tempo, l’essere Uno con il Tutto – come l’impulso più potente della natura umana e la spiritualità non solo come una dimensione legittima e fondamentale della psiche e dell’ordine universale, ma attribuisce ad esse anche una importanza critica per l’umanità. Secondo Grof la civiltà occidentale sta pagando un prezzo altissimo per aver perso il contatto con la spiritualità genuina ed è questa una delle ragioni principali dell’attuale crisi globale. L’esasperata razionalità e unilateralità e l’ateismo generati dalla scienza materialistica contribuiscono significativamente, secondo lui, al fatto che l’umanità moderna ha perso la sua bussola e conduce un’esistenza distruttiva e suicida. Per Grof il riconoscimento e la rivalutazione della spiritualità acquisisce oggi nel mondo un significato salvifico e potrebbe essere la nostra unica vera speranza considerata la tragica situazione globale che stiamo affrontando. Queste affermazioni di Grof possiedono un fondamento scientifico? Che ne pensi?

C’è un elemento di verità, ma bisogna operare un distinguo. Il materialismo è una creatura filosofica di fine ‘800, la scienza in sé non è né materialista né spiritualista, ma studia le forme di organizzazione del mondo. Rivolgerei piuttosto l’analisi della crisi all’uso della scienza secondo certe direttive socio-economiche che hanno effettivamente creato un divario tra uomo e natura, lacerando quel delicato gioco di equilibri che Capra chiama efficacemente “la rete della vita”.

Secondo la filosofia tradizionale le categorie di bene e male non hanno una base oggettiva nel mondo, sono concetti puramente soggettivi. Ma nel cosmo nuovamente spiritualizzato dalle scienze di frontiera, così come descritto per esempio da Ervin Laszlo, possiamo riconoscere una base obiettiva per la moralità: possiamo distinguere tra bene e male, tra giusto e sbagliato. Il bene è ciò che dà energia al processo evolutivo ed è maligno tutto ciò che lo trattiene e lo soffoca. Quindi ogni nostra scelta avrebbe così una dimensione etica-morale dal momento che può promuovere o ostacolare l’evoluzione. Nella vita di tutti i giorni, secondo la scienza, come possiamo scegliere “la giusta via”?

Il darwinismo è stato spesso “ostaggio” di ideologie che lo hanno utilizzato per giustificare la “mano invisibile” in economia. Le scienze della complessità ci portano progressivamente a scoprire l’importanza dell’auto-organizzazione, della cooperazione e delle dinamiche di processo in natura, e questo dovrebbe suggerire anche un nuovo paradigma etico ed economico. Quel “principio di massima diversità”, ipotizzata da Freeman Dyson come tendenza generale, può stimolare una nuova sensibilità etica in grado di proteggere la diversità in un mondo sempre più livellato ed omologato.

Richard Tarnas nel suo libro “The passion of the western mind” sostiene che l’attuale crisi che affligge il mondo occidentale sia una crisi essenzialmente Maschile che si sta avviando verso una soluzione attraverso la straordinaria emergenza del principio femminile nella nostra cultura. Ho l’impressione che dietro la nuova cosmo-visione che emerge dalla fisica moderna regni una Divinità Femminile. Nel senso che ci stiamo spostando da una modalità cognitiva tipicamente maschile, razionale, analitica, frammentata, verso la percezione di un mondo unificato, una visione essenzialmente femminile dove “tutto è una cosa sola”, un mondo governato dalla Grande Dea Madre. Stiamo forse iniziando un nuovo culto, quello del Divino Femminile?

Nel Moby Dick di Melville troviamo una bellissima metafora della crisi dell’occidente. Il capitano Achab sacrifica il senso del viaggio ossessionato dalla caccia alla balena bianca, mentre il dolce Ismaele fraternizza con i compagni e osserva meravigliato le creature del mare. Achab, figlio di Faust, va verso la distruzione, Ismaele è l’unico superstite del Pequod. C’è già tutto quello di cui abbiamo bisogno: meno Achab e più Ismaele.

Gli autori dialoganti:

Virginia Salles, psicoterapeuta individuale e di gruppo, di formazione junghiana e transpersonale, vive e lavora a Roma. Conduce a Roma gruppi di respirazione olotropica (certificazione del G.T.T., Grof Transpersonal Training). E’socio del Centro Studi di Psicologia e Letteratura fondato da Aldo Carotenuto.
Ha svolto, presso la Cattedra di Psicologia della Personalità e delle Differenze Individuali, Università La Sapienza (Roma), seminari sulle “Radici magiche della psicologia del profondo” e sulle “Potenzialità terapeutiche degli stati non ordinari di coscienza” dal 1990 al 2002. E’ autrice del romanzo psicoanalitico-transpersonale “Agua scura”( di Renzo, Roma, 2005) e di numerosi articoli sulla psicologia analitica e transpersonale. www.virginiasalles.it

Ignazio Licata è un fisico teorico, direttore dell’ISEM, Institute for Scientific Methodology per gli studi interdisciplinari a Palermo. Ha studiato con David Bohm, Jean Paul Vigier, Abdus Salam e Giuseppe Arcidiacono. Si occupa di fondamenti della fisica quantistica, cosmologia, teoria dei sistemi, epistemologia, modelli matematici dei processi cognitivi e teoria della computazione nei sistemi fisici e biologici. Editor dell’Electronic Journal of Theoretical Physics e di QuantumBioSystems, è autore di Osservando la Sfinge (Di Renzo Editore, Roma, 2003, 2 ed), e del recente “La Logica Aperta della Mente” ( Codice Edizioni, Torino, 2008). Ha curato le antologie “Majorana Legacy in Contemporary Physics” (EJTP-Di Renzo, Roma, 2006) e &#x20Physics of Emergence and Organization” , World Scientific, Singapore, 2008. E’ uno degli organizzatori del progetto europeo Enhancing Research on Neural Networks and Cognitive Modeling based on Principles of Quantum Mechanics.

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Virginia Salles