Alfred Adler. L’uomo, il pensiero, l’eredità culturale

Francesco Parenti, “Alfred Adler. L’uomo, il pensiero, l’eredità culturale”, 1987

Il titolo di quest’opera è completamente esplicativo del suo contenuto: Parenti infatti non si limita ad una trattazione sistematica della teoria adleriana ma parte dalla vita di Adler, dal suo essere uomo, per attraversarne consapevolmente il pensiero e per giungere infine all’eredità culturale che egli ha lasciato, nelle sue espressioni manifeste e non.

Alfred Adler. L'uomo, il pensiero, l'eredità culturaleL’autore inizia inquadrando l’ambiente culturale europeo, in particolar modo viennese, in cui nasce la Psicoanalisi. La psichiatria e la psicologia arrivano in ritardo rispetto ai progressi delle altre scienze collocandosi nel panorama culturale con un ritmo tutto loro e frammentandosi poi mettendo in evidenza la loro conflittualità. Le ricerche in campo psichico si limitavano ad affrontare la fisiologia rispondendo così alle rigidità del costume e del positivismo scientifico. Il disagio dell’uomo in risposta a stimoli ambientali non poteva considerarsi un obiettivo di studio. Vienna però era in un certo senso pronta alla sperimentazione, ambiente dotato di recettività segrete alle innovazioni. In questo clima si sviluppa la rivoluzione sessuale di Freud e la scoperta dell’inconscio a cui Adler aderirà con entusiasmo.
Parenti ci propone un’analisi della vita di Adler mettendo in evidenza gli elementi fondamentali che ne hanno influenzato il pensiero.

La sua famiglia proviene dal Burgenland, regione situata fra l’Austria e l’Ungheria, in cui prosperava una comunità ebraica che non aveva sopportato particolari discriminazioni e che univa al culto delle sue tradizioni un vivo scambio con la popolazione cristiana. Questa circostanza favorì probabilmente i suoi futuri ideali d’integrazione e cooperazione. Aggiungendo a questo aspetto l’insicurezza economica della sua famiglia e il bisogno dell’integrazione umana generato dal conflitto con la madre, possiamo capire gli ideali di uguaglianza e progresso e le scelte politiche di Adler che optarono per il riformismo socialdemocratico.

L’importanza dei rapporti tra fratelli all’interno della teoria individual-psicologica è presumibilmente dovuta invece al suo conflitto col fratello maggiore Sigmund, e quella assegnata alle relazioni dinamiche fra corpo e psiche alle sue caratteristiche fisiche non armoniche che alterarono la sua “immagine di sé corporea”. Col tempo Adler recuperò la propria inferiorità fisica compensandola con il comportamento, diventando un leader estroverso. Questa sua risposta si può avvertire anche nel suo principio per cui tutte le manifestazioni psichiche sono inquadrabili in termini di movimento. Il suo recupero scolastico lo portò alla convinzione che una linea di progettazione attiva può modificare anche le situazioni che sembrano ineluttabili.

Durante l’infanzia e l’adolescenza frequentò compagnie miste in cui il rapporto maschi-femmine era sostanzialmente paritario, da qui la sua presa di posizione in favore dell’emancipazione femminile e la sua distanza dalla sessuologia psicoanalitica. In questo senso influì anche il suo rapporto con la moglie, donna dalle idee anticonvenzionali che rovesciava completamente lo stile di vita della madre.

Il vissuto di bambino malato può aver stimolato il suo bisogno proiettivo di aiutare gli altri e l’aspirazione supercompensatoria a passare al ruolo di colui che cura.

Come mai Adler aderisce al movimento psicoanalitico? Per capire questa sua scelta Parenti propone di analizzarla insieme alle adesioni di Jung e Bleuler i cui pensieri sono, come quello di Adler, distanti dalle linee teoriche della Psicoanalisi. Possiamo però scorgere in loro tre e in Freud una confluenza di obiettivi polemici nei confronti della prassi psichiatrica tradizionale. Adler, Jung e Bleuler accolsero il messaggio di Freud attratti dalla sua dimensione rivoluzionaria, la loro accettazione dei contenuti psicoanalitici fu come un artificio inconscio in direzione di ipotesi molto diverse.

Adler partecipa così alle riunioni del mercoledì fin dal 1902 diventando poi anche presidente della Società Psicoanalitica Viennese. La sua posizione, premiata sul piano strutturale dell’organizzazione, diventa però sempre più difficile per la sua sempre più precisa caratterizzazione dottrinaria: il conflitto che probabilmente portò alla rottura fu lo scontro protesta virile-teoria della Libido.

Adler e gli altri “dissidenti” fondarono così la Società per la libera Psicoanalisi che diventò la Società per la Psicologia Individuale. La scuola fu poi meglio definita Psicologia Individuale Comparata, denominazione che esprime molto bene l’orientamento adleriano.

Passando in rassegna le opere principali di Adler, Parenti arriva ad un’esposizione esaustiva della sua teoria che definisce una vera e propria “teoria dell’uomo” ed in quanto tale applicabile ad obiettivi diversi.

Con il termine “organo psichico” Adler definisce la psiche unitaria (fa derivare i processi inconsci dallo stesso organo psichico unitario che produce i processi coscienti) e irripetibile (da qui anche il concetto di stile di vita) di ogni individuo, la inquadra come una “entità funzionale” matrice di processi psicodinamici. Esiste un rapporto intimo fra la vita psichica e il movimento: la psiche produce progettazioni e azioni che si inseriscono sempre in un contesto relazionale. L’organo psichico deve affrontare i tre compiti vitali dell’uomo (amore, lavoro e amicizia) che riassumono i bisogni esistenziali il cui appagamento corrisponde alla piena realizzazione dell’individuo.

Adler fu un precursore della psicologia dinamica a impronta socio-culturale. Secondo il suo pensiero l’uomo deve sempre attenersi alla logica della vita collettiva, fin da bambini cresciamo ricevendo messaggi che ci obbligano ad adattarci alle costrizioni di una cultura ma ci garantiscono sicurezza. Da qui il concetto adleriano di sentimento sociale, istanza basilare dell’uomo che crea in lui il bisogno di integrarsi con i propri simili e di cooperare con loro. L’idividuo sano è integrato, l’individuo “malato” tende ad isolarsi.

Componente del sentimento sociale è la compartecipazione emotiva che deriva dal bisogno dell’uomo di condividere intensamente delle emozioni con i suoi simili ed è sempre vissuta in chiave progettuale, ossia indirizzata verso tentativi di programmazione del futuro (Adler analizza anche i sogni in questo senso). Il pensiero di Adler segue infatti un orientamento teleologico, l’uomo ha uno scopo prevalente, un fine ultimo. La progettazione selettiva contrassegna tanto le dinamiche positive dell’uomo quanto i suoi movimenti psichici devianti. In quest’ultimo caso la meta prevalente diviene un fine ultimo fittizio che induce ad un decremento del sentimento sociale. L’individuo, proteso verso il suo fine ultimo, adatta a questo le immagini di sé e del mondo manipolandole (finzioni). Il finalismo della Psicologia Individuale è comunque un finalismo causale in quanto non esclude una certa dose di determinismo rilevabile ad esempio dall’importanza assegnata ai primi ricordi e alla costellazione familiare.

Altro concetto fondamentale a cui fa riferimento Parenti è la volontà di potenza, un’altra istanza di base inversamente proporzionale al sentimento sociale. Negli scritti di Adler prevale l’inquadramento della tendenza alla superiorità come un fattore negativo però, ad esempio, dal processo d’incoraggiamento (elemento significativo della psicoterapia adleriana) possiamo dedurre l’utilità di favorirla nell’educazione in armonia con il sentimento sociale.

Da ricordare inoltre il sentimento d’inferiorità che quando non è superato può assumere la forma patologica del complesso d’inferiorità. E così, come reazioni ad un vissuto d’insicurezza nascono le compensazioni che possono essere positive (non intaccano il sentimento sociale e trasformano il complesso d’inferiorità in uno stimolo orientato al raggiungimento di un obiettivo di valorizzazione nello stesso settore deficitario o in un altro sostitutivo) o negative (determinano una supercompensazione e di conseguenza un complesso di superiorità).

Collegato a questo il concetto di protesta virile che indica una compensazione, messa in atto sia dall’uomo che dalla donna, per progettare una linea direttrice caratterizzata da schemi di virilità ipertrofica. La protesta virile parte dal bisogno di superare un complesso d’inferiorità legato alla convinzione basso=femminile/alto=maschile.

Per quanto riguarda la psicoterapia adleriana bisogna concentrarsi sull’importanza del rapporto terapeuta-paziente. Adler non parla di transfert ma di relazione terapeutica. Il terapeuta deve proporsi come una figura nuova, alternativa a quelle che nel passato hanno indotto la nevrosi, che offre solidarietà e compartecipazione emotiva pur mantenendo il suo ruolo. Il suo setting è completamente diverso da quello psicoanalitico: situazione “fronte a fronte” che permette una comunicazione diretta. La “guarigione” per Adler coincide con l’attenuazione della distanza fra il soggetto e gli altri e con un migliore appagamento dei tre compiti vitali.

Parenti propone inoltre un vero e proprio raffronto operativo tra la Psicologia Individuale e la Psicoanalisi analizzando due tra i più famosi casi clinici di Freud, il piccolo Hans e l’uomo dei lupi. Prima segue l’interpretazione psicoanalitica poi li ripercorre, attraverso una revisione critica, mettendo in evidenza chiavi di lettura adleriane e proponendo quindi una lettura alternativa.

L’ultima parte del libro è dedicata all’eredità culturale lasciata da Adler. L’autore prospetta due ipotesi: o il pensiero di Adler è stato apertamente assorbito ed imitato nei suoi spunti essenziali, ma non riconosciuto nel suo apporto globale per una resistenza ad accettarne alcune implicazioni o per il rifiuto del suo stile giudicato troppo semplice e lineare, oppure altri studiosi sono giunti spontaneamente alle sue stesse conclusioni essendo queste un corollario inevitabile dell’osservazione psico-sociologica.

I concetti individual-psicologici defluiti in altre scuole posteriori si riferiscono principalmente alla sua visione della sessualità, all’orientamento teleologico, al principio di una psiche unitaria e dinamica, ai fattori di realtà, all’influsso della cultura, all’accantonamento di un linguaggio simbolico universale in favore di un simbolismo variabile, e ad una relazione terapeutica permeata di fattori d’incoraggiamento su base interpretativa.

Parenti ci offre a questo punto una panoramica di autori e correnti che ci dimostra l’esistenza inequivocabile di un’eredità adleriana: da Jung a Fromm, da Sullivan alla Fenomenologia, da Sartre a Lowen.

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Daria Filippi