Fromm su Ferenczi e la missione di Freud

Adattato da: Giorgio Antonelli, Il mare di Ferenczi. La storia, il pensiero, la vita di un maestro della psicoanalisi, Roma, Di Renzo Editore, 1996

Nel 1959 Erich Fromm pubblica La missione di Sigmund Freud. Nell’ambito della propria critica a Freud, Fromm, allo scopo di confortare la tesi di un autoritarismo del fondatore della psicoanalisi ricorre, tra l’altro, all’esempio fornito dal suo rapporto con Ferenczi. Per Fromm si tratta qui dell’esempio più drastico dell’intolleranza di Freud. Secondo Fromm il modulo delle amicizie maschili di Freud si ripeterebbe secondo una rigida sequenza: intensa amicizia iniziale, con annesse fiducia e dipendenza, rottura, talvolta odio. Tale modulo coinvolgerebbe le amicizie con Breuer, Fliess, Jung, Adler, Rank e Ferenczi. Il fatto è che, come sostiene Fromm, Freud disdegnava con tutto se stesso la dipendenza dagli uomini. E Ferenczi, come abbiamo avuto modo di vedere, non faceva altro che riproporgli tale radicato complesso.

Nel libro di Fromm figura tra l’altro una comunicazione personale di Izette de Forest all’autore relativa a una conversazione avuta da Ferenczi con Freud sulle sperimentazioni del primo (la tecnica dell’indulgenza). Si tratta del famigerato incontro che costituì l’infausto preludio all’intervento di Ferenczi sulla confusione delle lingue. In quell’occasione, come s’è già visto, Freud criticò Ferenczi in base all’argomentazione secondo cui l’indulgenza dell’analista nei confronti del paziente aumenta la dipendenza del paziente nei confronti dell’analista. Perché la dipendenza venga estinta, occorre che l’analista si ritragga emozionalmente. Inoltre, se applicata da un analista inesperto, la tecnica dell’indulgenza può scivolare con facilità in un’indulgenza sessuale.

Un anno dopo Robert Waelder, nel contestare la tesi di Fromm, ricostruisce brevemente la vicenda. Tutto sommato, scrive Waelder, le sperimentazioni tecniche di Ferenczi non hanno fornito un grande raccolto. L’idea, poi, di “viziare” i pazienti, intrattenuta e sviluppata negli ultimi anni, non è affatto nuova, corrisponde al contrario a un antichissimo accorgimento terapeutico. Ferenczi sarebbe ritornato, a detta di Waelder, “al concetto pre-freudiano di un’infanzia fondamentalmente asessuale”. Waelder riporta l’esempio di quel paziente di mezza età che, seduto in grembo a Ferenczi, lo chiamava “nonno” e gli parlava come un bambino. Anche Freud aveva preso in considerazione, venti anni prima di Ferenczi, la possibilità offerta alla terapia da una cura concepita à la Ferenczi e l’aveva respinta per la buona ragione che un tale modo di procedere interferiva con la stessa analisi della psiche, cioè con la psicoanalisi. La reazione di Freud alle intemperanze analitiche di Ferenczi viene interpretata da Fromm, diversamente da Waelder, come un esempio del dogmatismo proprio del pensiero psicoanalitico ufficiale. Per quanto riguarda l’episodio della presentazione, da parte di Ferenczi, dell’articolo sulla confusione delle lingue al Congresso di Wiesbaden, Waelder sostiene che Freud non cercò di interferire, il che è falso.

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Giorgio Antonelli