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La fragilità violenta di un uomo senza ruolo

La dimensione maschile non sopporta frustrazioni o rifiuti che ledano la propria sensazione di dominio. Questo è un atteggiamento conosciuto molto bene, ma fino a che punto possa spingersi un uomo rifiutato, questo resta da stabilire. E a definirlo sono proprio gli avvenimenti di cronaca che investono il vivere quotidiano.

Il fatto che un uomo, per giunta giovane, abbandonato dalla sua compagna di vita, possa riversare tutta la sua delusione proprio su di lei, fino a ucciderla in un impeto di rabbia, non è certo un’ipotesi teorica, ma è quanto accade anzi quanto è accaduto proprio in questi giorni.

Un uomo respinto, un uomo abbandonato, come per altro ogni essere umano a prescindere dalla propria identità sessuale, vive certamente la rottura di un legame come qualcosa di destabilizzante e sconvolgente. Il suo senso di sé, infatti, viene ad essere messo in crisi da un aspetto del proprio essere (il rapporto sentimentale costruito, cioè) che è improvvisamente negato e svilito proprio da quel partner col quale si voleva condividere l’esperienza di vita. Il legame affettivo, infatti, costituisce una base di sicurezza sulla quale investire la propria progettualità e aspettativa esistenziale. Il suo scioglimento fa crollare tutto questo e getta l’individuo in una dimensione di solitudine e defraudazione. Ma, nel caso in cui ad essere abbandonato è un uomo intervengono nella sua risposta all’evento degli ulteriori elementi che si collegano anche ad una tradizione culturale collettiva. Essere uomo significa dominare, scegliere e abbandonare. Essere, invece, abbandonati attiene ad una dimensione di vita legata alla sfera della passività, socialmente attribuita all’immagine femminile. L’aggressività che ne scaturisce può essere dunque di maggiore portata. Il che non significa che anche il dolore e la disperazione abbiano maggiore intensità. Ad avere, invece, una potenza superiore è la reattività impulsiva che si riversa nelle azioni concrete dirette ed immediate. É così che la decisione della donna di separarsi dall’uomo può essere percepita da questi come un affronto alla propria mascolinità, e la reazione non può che tendere a riaffermare proprio ciò che sembra venire messo in discussione. Per essere uomini, cioè, anche in queste circostanze, la forza fisica e la conseguente violenza, da sempre contrassegno del mondo maschile, non possono che essere lo strumento privilegiato attraverso il quale riaffermare il proprio dominio sulla situazione. E anche sulla donna.

Ma l’implicazione emotiva di un gesto dettato dall’immediatezza del sentire, porta inevitabilmente delle conseguenze nella psiche del soggetto stesso. E il senso di colpa schiacciante ed opprimente emerge insieme alla consapevolezza del gesto compiuto. La rabbia estrema che aveva condotto all’omicidio, nasceva, infatti, dal terreno condiviso dell’amore e pertanto non poteva avere una valenza razionale o definitiva. L’ambivalenza dei sentimenti forti, cioè, muove nell’animo dell’individuo portandolo a continue contraddizioni comportamentali tra un sentire emozionale e un sentire razionale. Costituirsi diviene allora l’unico atto riparatorio che il ragazzo possa mettere in atto. Sicuramente in una consapevole scelta di responsabilità, ma forse anche in un ulteriore affermazione della propria virile capacità assertiva.

Aldo Carotenuto 

10/04/2001

 

 

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L'autore
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Aldo Carotenuto
Aldo Carotenuto (1933-2005) Ha insegnato Psicologia della Personalità e delle Differenze Individuali all'Università di Roma