di Patrizia Battaglia – Estratto
Che l’arte e la psicoterapia abbiano degli aspetti comuni è un dato acquisito sin dagli inizi della psicoanalisi. Freud ha il merito di individuare delle analogie tra il contenuto della creazione artistica e quello della psicoanalisi. Gli artisti intraprendono da sempre un viaggio nei cunicoli segreti della propria anima e si avvicinano in questo percorso alla psicoanalisi.
Freud si interessa a varie opere artistiche ed interpreta psicoanaliticamente i moventi inconsci dei personaggi e degli autori della letteratura, e degli artisti in genere. Egli sostiene che l’arte è una forma di sublimazione dei conflitti consci ed inconsci a sfondo sessuale. Per cui l’arte ha una funzione terapeutica in quanto l’artista riesce a trasformare “sublimare” i propri conflitti attraverso la sua opera. La creatività viene intesa come risultato di una difesa che permette all’artista di risolvere i suoi conflitti, in una sorta di “mascheramento” accettabile da se stesso e dall’ambiente circostante.
Nel 1906 Freud nel saggio Il delirio e i sogni nella Gradiva di Wilhelm Jensen; analizza il testo letterario esplorando i contenuti psichici del personaggio e dell’autore. Freud pubblica inoltre i saggi su Leonardo, su Michelangelo, si interessa di Dostoevskij, rivisitando la vita degli artisti nell’ottica della teoria “pansessualista”. Egli non approfondisce le opere in chiave estetica ma sempre in chiave psicoanalitica: l’interesse verso la creazione artistica serve a comprendere meglio il funzionamento della psiche umana. L’interesse è concentrato sull’artista, sui suoi istinti e complessi.
Jung vede invece la funzione terapeutica dell’arte non riferita solo alla sessualità ma anche al fatto che l’arte attinge agli archetipi dell’inconscio e all’inconscio collettivo. L’artista esprimendo tutto ciò si fa vate ma quelle immagini primordiali ed ancestrali vengono plasmate dal momento storico in cui egli vive.
Jung, nelle sue opere La psicologia analitica nei suoi rapporti con la poetica e Psicologia e poesia, sostiene che in base all’ipotesi freudiana l’opera d’arte può definirsi “psicologica” mentre in base alla concezione junghiana l’ opera d’arte può definirsi “visionaria” in quanto in essa si manifestano gli archetipi dell’inconscio collettivo; l’artista è considerato capace di esprimere nella sua opera il mondo transpersonale.
Neumann, allievo di Jung, rovescia la concezione freudiana dell’artista facendo di questo un uomo che non si maschera ma “si espone” alla tensione dialettica tra conscio ed inconscio, tra l’ideale dell’io e l’ombra, tra collettivo ed individuale. Neuman nel suo saggio “L’uomo creativo e la trasformazione” ” sottolinea la capacità nell’uomo creativo di avvalersi dell’inconscio personale e del suo caos per accedere al mondo degli archetipi. Egli afferma che la creatività può irrompere all’improvviso come in Rimbaud o in un processo graduale di crescita come in Klee. Il rischio per l’uomo creativo è il naufragio nell’inconscio collettivo come accade nello psicotico o nel conscio collettivo: o la “dispersione nel caos” o la “mortificazione nella rigidità”. Neumann sostiene che la via da intraprendere è quella della trasformazione.
L’interesse nei confronti dell’arte da parte della psicoanalisi ha favorito la pubblicazione di molti testi in cui le grandi opere d’arte e i loro artefici vengono rivisitati in modo più congeniale ad un occhio attento ai processi psicologici. Gli artisti diventano protagonisti di testi letterari e conoscendo anche la loro vita si accede in modo più profondo ed intimo alla loro produzione. Marie Bonaparte si interessa di Edgar Allan Poe per esempio ed evidenzia in uno studio quanto la storia personale dell’artista influisca sulla scelta dei temi funebri ed orridi. Munch con la sua opera Il grido dà un volto alla sua dolorosa esperienza: la perdita e l’assenza sono elementi costitutivi della vita dell’artista, la perdita in giovane età della madre prima e poi della sorella più piccola. Nell’opera dell’artista vengono sovvertiti lo spazio e la prospettiva perché lo spettatore entri più facilmente nella dinamica del quadro. La memoria, il ricordo sono i contenuti più presenti nell’opera di Munch, egli sostiene di dipingere quello che ha visto, non ciò che vede. Il percorso artistico dell’autore è un percorso psicologico di recupero della memoria, di frammenti di vita di cui riappropriarsi, anche se dolorosamente, attraverso tutto un processo che lo fa riscattare da una dimensione persecutoria.
Abstract
La psicoanalisi si è sempre occupata dell’arte in quanto espressione di vissuti individuali e collettivi. Opere letterarie, pittoriche, plastiche sono state lette in chiave psicologica sia con un occhio attento all’autore sia al fruitore, facendo intraprendere viaggi avventurosi nei meandri dell’anima alla scoperta e alla rivelazione dei contenuti profondi. Il valore evocativo dell’opera d’arte, la sua capacità di riattivare emozioni, sensazioni, la sua forza di far riemergere contenuti sommersi fa dell’arte uno strumento con una grande valenza terapeutica. Quanto è suscitato da un prodotto artistico come quanto viene espresso artisticamente da un paziente rappresentano un arricchimento del “materiale” psichico che entra nella seduta analitica a pieno titolo per una maggiore conoscenza di se stessi. La psicoterapia con l’arte, di cui tratta il presente articolo, è un prerogativa dell’Arte Terapia che si avvale della potenzialità creativa del paziente che si cimenta in varie forme artistiche come la pittura, il teatro, la musica ecc. per facilitare il contatto con se stesso. Nell’arte terapia il linguaggio conscio e verbale, pur mantenendo un ruolo determinante, viene affiancato da un linguaggio di tipo non verbale: la gestualità, il simbolo, la metafora ecc popolano la seduta analitica nella quale vengono agite e rivelate le voci interiori di ognuno.