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Aldo Carotenuto – I sotterranei dell’anima

nuova edizione rivista e aggiornata (Bompiani, 2023) a cura di Erika Czako

                                  Recensione di Virginia Salles

Ciò che oggi intendiamo per “sincerità” è qualcosa di abbastanza recente nella vita etica della cultura europea e viene collocata dagli storici[1] nel periodo a cavallo tra la società medievale ed il mondo moderno, periodo in cui visse Shakespeare, durante il quale viene descritta una grande trasformazione nella vita interiore dell’uomo: l’impulso all’introspezione e alla ricerca della propria vera identità al di là della “maschera” sociale. É significativo un passaggio dell’Amleto nel quale Polonio consiglia a suo figlio Laerte: “sii sempre, e resta, fedele a te stesso; ne seguirà, come la notte al giorno, che non sarai sleale con nessuno“.

L’ascolto della nostra voce interiore, quella flebile voce che generalmente viene soffocata dal rumore del mondo e non viene mai presa in considerazione è un filo conduttore di tutti gli scritti di Aldo Carotenuto ed in fondo è ciò che più ardentemente desideriamo e la vera fonte di gioia e felicità. Felicità purtroppo frequentemente inquinata dai panni-ruoli sociali che siamo chiamati, a volte persino costretti, a indossare.

Dai primordi dell’idea di “sincerità” in Shakespeare all’acuta coscienza dei ruoli sociali in autori più moderni come Pirandello, Jean-Paul Sartre, Guy de Maupassant, James Joyce e tanti altri, la tensione tra l’io autentico e le maschere sociali ha segnato la storia del mondo moderno e acquisito sempre più centralità fino alla sua celebrazione nel concetto di “processo di individuazione” junghiano o in quello del “tradimento come fedeltà a se stessi” di Aldo Carotenuto.

Il peccato più grave, sostiene Carotenuto nel suo saggio I sotterranei dell’anima – che ora ci viene riproposto da Bompiani in una nuova veste editoriale – è esattamente quello che abbiamo sempre riconosciuto come il valore più alto per un essere umano: quello di possedere un’autocoscienza. La coscienza di se stessi come colpa, ci ricorda Carotenuto, è un concetto che incontreremo lungo il percorso culturale di tutte le civiltà, dalla mitologia greca ed ebraica fino al romanticismo e al pensiero filosofico moderno. Concetto questo frequentemente sottolineato dall’autore e soprattutto evidenziato nelle varie tappe che scandiscono il cammino esistenziale di due personaggi di spessore: Fedor Dostoevskji e Joë Bousquet, due grandi  interpreti dell’anima e della sofferenza umana. Seguendo le loro tracce Carotenuto ci accompagna attraverso labirinti, caverne e cunicoli oscuri, i sentieri tortuosi del  nostro mondo interiore. Non a caso Le memorie del sottosuolo si apre con questa affermazione: “Sono un malato” e lo stesso Freud già affermava che quando un uomo si interroga sul senso della vita “è già malato”. Di quale malattia? L’autocoscienza. Quando l’uomo è chiamato a ciò che Baudelaire definiva “lo spaventoso matrimonio con se stesso” è in realtà già condannato alla radicale incapacità di venire a patti con menzogne e compromessi e all’impossibilità di abbandonare, anche solo per un istante, l’ascolto di se stesso e la propria via.

Ma non solo: una profonda vita interiore è spesso causa di dolore ed emarginazione. La diversità ha sempre un costo altissimo in termini di sofferenza, prevede il passaggio obbligato attraverso la solitudine ed implica reazioni collettive ed effetti a catena non sempre di facile gestione: solitudine, incomprensione ed emarginazione sono quindi il prezzo da pagare per restare fedeli a se stessi e non è per caso che la vita di tanti “spiriti liberi” come  Dostoevskji e Bousquet sia trascorsa  sotto l’ombra amara dell’esilio e dell’isolamento: “il disagio della randagità” descritto dalla poetessa Marina Cvetaeva.

La via verso se stessi è costellata di pericoli e richiede forza e coraggio che non possiamo sottovalutare. La diversità e la libertà da un’esistenza determinata dal “destino”, dall’eredità genetica, dai ruoli che ci vengono attribuiti in famiglia o dalla società non a caso, rimangono privilegio di poche persone.  Per Platone “Demone” è colui che aiuta un altro essere umano a compiere questo destino di diversità e anche Carotenuto, sulla scia del grande filosofo greco, considera la diversità qualcosa di “demoniaco” perché demoniaca è la forza che ci consente di liberarci dalla paura e mostrarci al mondo per ciò che veramente siamo.

Attraverso Dostoevskji e Bousquet, due forti individualità che hanno saputo affrontare la solitudine e tutto il dolore di questa avventura umana e coinvolgere profondamente il lettore nella loro tormentata ricerca del senso perduto, Carotenuto ci invita a riflettere su noi stessi e sulla nostra posizione in questo bizzarro e spesso incomprensibile mondo contemporaneo. Come un tempo Pier Paolo Pasolini ci metteva in guardia contro l’omologazione, Carotenuto, come un demone greco, in questo libro denso e fondo ci pungola e ci sprona – come ha sempre fatto, qualcuno ricorda le sue lezioni all’università? – alla ricerca di un significato che trascenda tutto ciò che ci è stato tramandato come unica possibilità di vivere.

“Una terribile notte calerà veramente per lui come un secondo deserto sul deserto e il suo cuore sarà stanco di errare”, così definisce poeticamente Nietzsche la sacra maledizione di ogni “viandante” in questo doloroso passaggio attraverso il  dolore e la disperazione di chi ha osato prendere in mano la propria vita: la notte oscura dell’anima, ben conosciuta dai mistici e illuminati, la nera via per accedere a quella fonte luminosa chiamata autocoscienza.


[1] Trilling, L., Sincerità e autenticità – la vita in società e l’affermazione dell’io, Editora E Realizações, São Paulo, 2014.

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Virginia Salles