La crisi della coppia. Una prospettiva sistemico-relazionale
La crisi della coppia. Una prospettiva sistemico-relazionale

A cura di Maurizio Andolfi, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1999

In genere non ci piacciono i libri “a cura di…”. Soprattutto quelli votati all’uso didattico universitario. Sono testi che la maggior parte delle volte mancano di coerenza di stile, di metodo e di contenuto, a causa della pluralità degli autori, e che tuttavia non acquistano nulla in profondità, a causa del poco spazio che ciascun contributo dispone per analizzare l’argomento dal proprio punto di vista. Di questi volumi ‘assemblati’, mostri senza anima, ne abbiamo incontrati molti, imposti da docenti di cattedra che hanno in questo modo fornito un alibi per coprire la pigrizia o l’incapacità di elaborare in prima persona la totalità dei contenuti. Zibaldoni anonimi, privi di vivezza e di originalità. Deleghe in bianco per riscuotere interessi dalla comunità accademica. E raramente ne siamo rimasti soddisfatti.

Una eccezione è rappresentata da La crisi della coppia, a cura di Maurizio Andolfi, neuropsichiatria infantile e professore ordinario di Psicodinamica dello sviluppo e delle relazioni familiari presso l’Università La Sapienza di Roma. Un libro ‘di esame’, polimorfo ma ordinato e ricco di idee. Anche se talora inevitabilmente ripetitivo per la compresenza di oltre trenta autori. Nato in origine, e forse è questa la ragione della sua anomalia, dalla raccolta di interventi ad un congresso che aveva riunito tutti i pionieri della terapia familiare.

Al grande guru della terapia familiare, Carl Whitaker, è dato l’onore di aprire il carosello degli interventi con un breve articolo, a carattere quasi oracolare, distillato di sapienza e di disarmante cinismo, sulle ‘Funzioni del matrimonio’, in cui il maestro del curatore del testo individua tre tappe della vita di coppia: la luna di miele, sindrome del decimo anno e la crisi del ventesimo anno.

La sindrome del decimo anno costituisce un periodo in cui lui si accorge che lei non sarà mai quella che avrebbe voluto farla diventare e lei che non riuscirà mai completamente a farlo cambiare. I due si danno allora due possibili soluzioni. O si concedono la possibilità di un amante, decidendo che l’amante sarà poi scoperto e che alla fine troveranno un accordo mentre la temperatura del rapporto sarà finalmente salita, superando l’empasse. In alternativa al triangolo amoroso, la crisi può essere superata con un triangolo terapeutico, al di là del quale ci potrebbero essere altri dieci anni di stabilità e di crescita.

L’ultima tappa coincide con la crisi del ventesimo anno che corrisponde più o meno al periodo in cui i figli se ne vanno di casa. Il superamento di questa ulteriore difficoltà esistenziale nella vita dei partner conduce ad affrontare insieme la vecchiaia e la morte.

Virginia Satir è un’altra fra gli appartenenti all’antico nucleo del libro. La studiosa individua nel numero di cinque le idee che maggiormente hanno contribuito a cambiare il concetto di coppia: la nascita della uguaglianza fra i due partner, con il superamento dell’antico modello relazionale basato sulla dominanza-sottomissione; la ricerca per entrambi i partner di una parziale androginia, all’interno della quale sviluppare sia gli elementi cognitivi che quelli emozionali della propria identità; la separazione epocale dell’identità personale dal ruolo di genere che si è chiamati temporaneamente ad assolvere; la ricerca dell’autostima e quella della spiritualità.

James Framo, altro pioniere, si dedica alle distinzioni cliniche fra il suo modo di convocare la famiglia trigenerazionale durante la terapia e le modalità codificate da Whitaker. La terapia familiare auspica come momento topico di ogni evoluzione della coppia l’incontro dei ‘piani bassi’, partner e figli, con il ‘piano alto’ della casa-famiglia, rappresentato dai nonni. Anche se questi sono divorziati e magari vivono distanti fra loro o dai figli e anche se le relazioni fra i vari piani non sono emotivamente serene. La differenza fra i due grandi maestri è che Framo predilige convocare entrambi i genitori e i fratelli di ciascun coniuge separatamente, cioè ogni coniuge con i propri parenti, inviando poi il nastro della seduta al coniuge assente, per avere la possibilità di ricevere confidenze e notizie che verrebbero altrimenti taciute. La scuola di Whitaker invece ama convocare possibilmente i genitori dei due coniugi tutti e quattro insieme alla coppia.

Al nucleo originale sono stati poi aggiunti i contributi di molti altri terapeuti, portando il libro alle dimensioni attuali, suddivisibile in quattro sezioni. Nella prima è analizzata lo sviluppo del sistema del coppia, nella seconda vengono raccolti i contributi di coloro che si interessano all’importanza della sessualità nelle relazioni di coppia. Nella terza sezione vengono riassunte le coordinate terapeutiche per aiutare i partner durante le fasi critiche della loro evoluzione. Nella quarta parte infine vengono esaminate le nuove forme di famiglia apparse all’interno dello scenario post-moderno. Fra cui la coppia adottante, le coppie omosessuali, le famiglie aperte e le famiglie divorziate ed eventualmente ricomposte.

È inserito in questo capitolo il contributo dell’autore che abbiamo apprezzato di più, Vittorio Cigoli. Con un gusto per la speculazione tendenzialmente filosofico, Cigoli ci ha convinto per la padronanza della materia e per la sua capacità di ordinarla secondo schemi ampi, esposti tuttavia con un linguaggio chiaro e di concreta comprensione. Secondo Cigoli ogni rapporto di coppia si muove su un continuum i cui due poli sono rappresentati dall’idem e dall’ipse di coppia. Attraverso l’idem ciascun membro è rimandato al rapporto interiorizzato con le figure genitoriali, con il corpo familiare d’origine, con i pari e con il compagno immaginario. Oltre all’idem, la coppia incontra anche l’ipse, cioè la diversità irriducibile del partner. Nella mia traduzione psicodinamica: la validità evolutiva del matrimonio, e comunque di qualsiasi unione, risiede nella capacità di condurre nell’idem, cioè nell’aspetto Ombra, attraverso le seduzioni e le attrattive dell’idem, cioè attraverso le apparenti coazioni a ripetere di situazioni passate.

Nel modello di pattuizione di coppia, prosegue Cigoli, si possono distinguere due tipi di contratti: un patto dichiarato, che va dalla rigidità all’inconsistenza, passando per l’assunzione. E un patto segreto, cioè non detto, che va dalla impraticabilità fino alla praticabilità limitata, passando per la praticabilità vera e propria. Mentre il patto dichiarato appartiene al registro etico ed è legato al giudizio perenne delle istituzioni, il patto segreto è inerente al registro affettivo ed è quindi per sua natura specifico e temporalmente limitato. Esistono dunque –traduco- due matrimoni: uno dell’Io e sociale, e l’altro psichico e inconscio. Percentualmente la causa più frequente della fine dell’unione è data dal fallimento dell’incastro fra i patti segreti e dichiarati dei due partner. Di rado il ‘fallimento dell’incastro’ esita nel divorzio. Più spesso la fine del rapporto si declina secondo la modalità di dannazione dell’altro, in cui il partner diventa l’incarnazione del male (come ben rappresentato da molta cinematografia) o seconda la forma del confronto eroico, come stillicidio di lotta e opposizione senza quartiere. Un’altra forma di fine dell’unione è provocata dall’esaurimento del compito assegnato al legame. Come se una volta raggiunto l’obiettivo reciproco, il patto si sgonfiasse perdendo di slancio e la coppia non fosse più in grado di rilanciarlo. Una terza forma di fine del patto e di causa di separazione è la presenza di un avvenimento sconcertante, nefasto come la malattia o la morte di un congiunto o anche lieto come le crisi che si situano a ridosso dell’attesa e della nascita di un figlio. Quarta e ultima possibile forma di lisi è dovuta alla debolezza di pattuizione fra i partner, nel quale i valori narcisistici predominano su quelli di coppia. Nella debolezza di pattuizione basta l’attribuzione all’altro di qualche difetto e limite o il sentore di una delusione, perché il patto salti. Ma, predice Cigoli, anche in questa forma di lassità di vincolo, la scena di coppia è destinata a mutare con la nascita e la presenza di figli.

L’importante, conclude l’autore, è che la fine del patto, cioè il divorzio o la separazione, non coincida mai con la fine storica del legame, cioè con la definitiva rottura, quanto con una fine-passaggio. Non è possibile uscire da un vincolo affettivo annullandolo, anche se ciò è quello che molti disperatamente ricercano. È invece possibile separarsene, nel senso di riconoscerlo per quello che è stato, sapendo al contempo riproporre il valore e la speranza del legame in altri contesti.

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Antonio Dorella