Potenza orgastica e termine dell’analisi

Tratto da: Giorgio Antonelli, “Godere”, in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 55, Roma, Di Renzo Editore, 2004

Quello che all’Io appare il confine definitivo assume, da un altro punto di vista, i connotati di un passaggio stretto, il cui attraversamento ha a che vedere con l’assunzione e, potremmo anche dire, la produzione di liquidi. Non si tratta per l’Io dunque di una morte assoluta, ma della sensazione che per l’Io è mortale, la sensazione assolutamente invivibile cioè, date le premesse, di entrare nel regno del “senza confine”. Anche a questo mi sembra si riferisca Reich quando parla di potenza orgastica come di quella “capacità di abbandonarsi, senza alcuna inibizione, al flusso dell’energia biologica, la capacità di scaricare l’eccitazione sessuale accumulata, attraverso contrazioni piacevoli involontarie del corpo”.

Nessun nevrotico secondo Reich è dotato di potenza orgastica e la stragrande maggioranza degli uomini soffre di nevrosi del carattere. Ergo la stragrande maggioranza degli uomini non sarebbe dotata di potenza orgastica, la potenza dell’abbandono, la potenza, si direbbe in termini eckhartiani (gli stessi riesumati da Heidegger), della Gelassenheit. La stragrande maggioranza degli uomini non sarebbe capace di abbandonarsi senza inibizione e cioè senza accampare pretese anaclitiche che, come s’è visto, sono le pretese dell’Io di appoggiarsi a questo o a quel confine, a questa o quella difesa, corazza, resistenza, immaginaria identificazione.

La potenza orgastica, la capacità di divenire uno con un altro, implica quella che Hegel chiamava capacità di morte. Una prospettiva di termine dell’analisi è la capacità di amare al riparo dall’angoscia. Ogni termine di trattamento analitico potrebbe essere ricondotto a quest’esito. Reich, ad esempio, potrebbe legittimamente ritenere, a partire dalle sue premesse sessuoeconomiche, che il vero, l’unico termine dell’analisi debba coincidere con il conseguimento della, con l’accesso alla potenza orgastica. Accesso che farebbe di un piccolo uomo, roso dalla sua peste emozionale, un uomo. Il termine dell’analisi dovrebbe coincidere con il divenire il paziente, l’analizzante, Mensch, essere umano, capace di abbandono e, dunque, capace di morte.

Condividi:
L'autore
Avatar photo
Giorgio Antonelli