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PERCHE’ CHITARRA NERA E’ UN BRANO CHE PARLA ALL’ANIMA
di Alessandro Uselli

L’ultima volta, come una colpa, mi hai detto: alla fine sei stato l’unico che ha continuato a suonare…”

Il video di Chitarra nera, con Elio Germano, regia di Daniele Vicari

Non sappiamo chi sia l’interlocutore di questa lettera in musica con cui Vasco Brondi è tornato a scrivere, ammesso che un interlocutore reale ci sia.

Perché questo strano brano – flusso di coscienza, onirico, animista – sentiamo sia in fondo un dialogo dell’anima con l’anima. E come tale si rivolge al profondo di chiunque ascolti, specie a chi con Brondi ha condiviso la strada di questi brevi e lunghissimi anni.

Lo spazio potenziale di ogni evoluzione si nutre di speranza ma anche di malinconia. Le note intimiste di Chitarra nera guardano alla strada, a ciò che è stato, a ciò che è adesso è. Toccano l’affanno della transizione, la malinconia del diventare grandi. Un lutto, che però, come diceva Racamier, è un processo che – se autentico – si  lega più alla vita che non alla morte.

Il disco che uscirà a Maggio è il primo in cui Brondi si presenterà come se stesso, dopo lunghi anni di “Le luci della città elettrica”.

Il nuovo disco di Vasco Brondi

In questi anni la sua musica urlata ha accompagnato la precarietà esistenziale dei ventenni/trentenni degli anni zero, generazione che adesso si è adeguata a una qualche forma di stabilità o che forse ha trasformato il precariato in un’abitudine senza ulteriori richieste.

Chitarra nera è sfogliare l’album degli ultimi dieci anni. Ci fa fare un salto indietro nel tempo (la metrica ricorda molto quella del primissimo Brondi) e in questa cerniera tra il prima e il dopo ci tocca nel profondo con una domanda nucleare: cosa ne abbiamo fatto della nostra arte?

Non si tratta naturalmente dell’arte intesa come opera, ma del segno distintivo che ci differenzia, che non ci omologa, che ci invita a inseguire la vita per cui siamo nati e non quella che finiamo ad adattare (o abdicare) alle istanze collettive. Un compito per nulla semplice, che evoca la solitudine e la colpa. La colpa anche di aver continuato a suonare – se lo abbiamo fatto – di non aver appeso al muro lo strumento dell’interiorità, dei sogni a occhi aperti e di quelli a occhi chiusi.

La tua chitarra nera dov’è finita, te la sei venduta?

Io che una chitarra nera ce l’avevo davvero e che ho smarrito – coscientemente – in uno dei mille cambi che l’avere vent’anni comporta, ho letto in questa domanda il chiedersi dove sia oggi quel fuoco sacro che brilla in noi quando tutto è ancora da raggiungere, quanto siamo ancora in grado di perdere per acquisire, per rimanere in contatto col nostro Io più vero.

Brondi lo sa, “se mi vedi non mi riconosci” dice. Ha smesso di bere, ha incontrato monaci buddhisti, meditazione, viaggi spirituali. Non ha compiuto il passaggio più tragico che troppo spesso ci capita di fare invecchiando: quello di allontanarsi dal contatto intimo con sé stessi, dal linguaggio dell’anima. Vasco invece ci si è immerso, lo ha amplificato.

Chitarra nera è una canzone che fa bene all’anima perché è una canzone di individuazione: guarda al passato come fondamento della personalità attuale, non rinnega e non rimpiange, ma integra e riconnette alle domande fondamentali che ciascuno serba dentro di sé circa la propria autenticità.

Non sono quello che mi è successo, sono quello che ho scelto di essere, diceva Jung. Che forse è quello che vuol significare anche Brondi quando a più riprese ripete “meglio una casa di reclusione, che una casa circondariale” metafora forse delle stasi e dei blocchi nevrotici in cui talora rimaniamo, in attesa di noi stessi. E verso le quali non c’è che accendere una luce nell’oscurità del mero essere, per citare ancora Jung.

Poche consapevolezze, molti dubbi, infiniti enigmi. Ma una cosa in fondo la sappiamo:

Siamo sempre stati pieni d’amore
Pieni da scoppiare

Un punto di autocoscienza, di arrivo, di ripartenza, con cui continuare a far suonare la nostra chitarra nera.

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L'autore
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Alessandro Uselli
Specialista in Psicologia clinica e Psicoterapeuta. alessandro.uselli@gmail.com