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Il fascino indiscreto del potere

Il Mattino, 16/10/2000

Nella nostra cultura sembra essere assolutamente vietato non avere successo. È come se la società fosse strutturata in modo tale da porre ai suoi margini gli sventurati che non dovessero riuscire in questa impresa. La maggior parte del nostro impegno e del nostro tempo, viene così spesa nel tentativo di conquistare il tanto sospirato successo e, non di rado, di impossessarsi dei suoi preziosi corollari: il potere e la ricchezza. 

Coloro i quali, per un motivo o per l’altro – caratteristiche di personalità, sfortuna, imprevisti, accanimento della malasorte – rimangono tagliati fuori dal gioco, sono sottoposti anche all’umiliazione e alla sofferenza della condanna del collettivo. Gli «altri» difficilmente tollerano le nostre difficoltà, i nostri stati di sofferenza, di ansia, di vuoto, il peso e il sapore amaro delle nostre sconfitte. Chi non riesce a prendere al volo il treno del successo, viene giudicato un «fallito» e, ben presto, si rende conto di essere rimasto solo. La gente, infatti, non ama avere amici di questo tipo, desidera circondarsi di persone «arrivate», preferibilmente note e di successo. Persino i sentimenti – per quanto ciò possa destare sgomento e indignazione – sembrano venire accesi e alimentati dalla fiamma del successo. 

            Chi ha il potere e viene ritenuto un vincente, di fatto avrà anche maggior opportunità di incontro e probabilità di far cadere qualcuno nelle sue braccia. Per quanto sia triste, occorre essere consapevoli del fatto che il successo e il potere sono efficacissime armi di seduzione e, addirittura, elementi capaci di fare perdutamente innamorare. 

L’amore dovrebbe essere un sentimento trasparente, scevro da condizionamenti di ordine materiale, eppure anche il regno dei sentimenti è minacciato da virus letali, come l’opportunismo e l’interesse economico. È chiaro che un amore fondato su simili basi sarà altrettanto fittizio ed effimero, ma rimane comunque un dato di fatto che il sentimento può essere vittima e preda del successo. 

Potremmo a questo punto osservare che tutto ciò è il risultato dell’atteggiamento meschino e superficiale che caratterizza la nostra cultura, ma non sarebbe sufficiente, perché su questo tema è necessaria un’ulteriore riflessione. Assimilando il sostare nelle difficoltà e nella sconfitta all’idea del fallimento, le persone vengono valutate in maniera sbagliata e superficiale. In realtà, la sofferenza e la sconfitta fanno parte della nostra vita, nel senso che, prima o poi, toccano tutti noi, e anche da vicino. Escludere dalla propria rete di rapporti e, cosa ancor peggiore, dalla sfera dei sentimenti, le persone che appaiono più deboli, perché piegate dai colpi della vita, significa commettere un grave errore, uno sbaglio che denota, oltre a una sconfinata immaturità, l’essere incapaci di valutare gli altri in maniera obiettiva. 

In realtà, le persone che affermano di avere ottenuto dalla vita soltanto successi e soddisfazioni, senza mai essere cadute nella polvere, celano spesso una lacerante paura della sconfitta. Una paura così intensa da condurre questi individui a una continua fuga dalle esperienze, dai rapporti, dalle nuove possibilità. Le persone che si pregiano di non aver mai conosciuto lo smacco del fallimento, quindi, essendosi sottratte ripetutamente alle nuove esperienze e ai nuovi incontri, sono in realtà individui che in più occasioni hanno detto «no» alla vita. 

Chi tollera la paura della sconfitta, vive nel patetico tentativo di negarla ed esorcizzarla. La ricerca del successo e del potere, esplica talvolta la funzione di elemento catartico, in grado cioè di annullare la propria sensazione di fallimento interiore. Accade così che alcune persone scoprano in se stesse la necessità di controllare gli altri, in particolare la persona amata. Il bisogno di dettare legge cercando di orientare l’andamento dell’altrui destino, la necessità di prendere decisioni e compiere scelte che riguardano in maniera diretta l’altra persona, sono tutte esigenze che scaturiscono da profonde paure e insicurezze. Chi cerca di dominare la persona amata e di controllarne l’esistenza, è animato dall’esigenza di liberarsi del proprio stato di necessità interiore.

Il modo in cui una persona si muove e si comporta rispetto ai suoi fallimenti, le energie che eroga per organizzare la vita dei suoi cari, denotano sempre le carenze da cui l’individuo è afflitto. Non esistono criteri oggettivi in base ai quali valutare gli eventi e le disfatte della vita. Per questa ragione, le sconfitte e gli insuccessi non sono mai direttamente imputabili ad episodi circoscritti, a «colpe» del diretto interessato, ma possono scaturire da bizzarre concomitanze di eventi o da tragiche fatalità. La sconfitta individuale ha significato soltanto su un piano soggettivo e, proprio per questo, dovremmo imparare a non attribuirle eccessiva importanza. Il vero successo consiste nella capacità di affermare e sviluppare le qualità umane più autentiche, il tutto nel pieno rispetto della propria e altrui libertà. 

ALDO CAROTENUTO

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L'autore
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Aldo Carotenuto
Aldo Carotenuto (1933-2005) Ha insegnato Psicologia della Personalità e delle Differenze Individuali all'Università di Roma