La puntata inizia con le immagini di una “vecchia” scuola, Gianburrasca, una scuola rigida, gerarchica, in cui gli atti di ribellione dei ragazzi/alunni erano visti come comportamenti da rettificare. Il fischiettio di “Viva la pappa col pomodoro” però, durante il pranzo, cambia gli ordini, crea coraggio tra i ragazzi e immediato disordine, mi fa pensare subito all’innocenza, alla bellezza della “ribellione”, al gruppo-classe. Con questo sfondo iniziano i ricordi di Recalcati, che racconta di una sua maestra elementare molto rigida, convinta di avere il compito di “raddrizzare gli alunni” che erano viti storte. La puntata continua, quindi con il collegamento quasi automatico ad “Another Brick in the Wall” successo indiscusso dei Pink Floyd, nonché al suo video musicale, che vede i ragazzi “vivi” entrare in una macchina industriale e restituiti come “carne morta”. Una visione, quindi della scuola, dell’istruzione, atta a omologare gli alunni, fargli perdere unicità, caratterizzazioni.
Lo psicanalista individua quest’anima della scuola come anima del dispositivo: la quale dettaglia la routine, cadenza le attività di alunni e insegnanti, ordina e riordina il tempo, le modalità, l’organizzazione scolastica; ma egli parla anche dell’essenzialità di questa anima della scuola, perché impone ai figli leggi altre, regolamenti altri rispetto a quelli della famiglia, in cui l’incontro di persone diverse, di età diverse, con leggi interiori diverse, contribuiscono allo svezzamento culturale, salto fondamentale per ogni individuo.
Recalcati riconosce anche una seconda anima alla scuola, l’anima della luce: l’esperienza di apprendimentonon solo come fatto cognitivo, ma come il corpo che vibra. Il maestro rende i concetti chiari, trasmissibili, ma allo stesso tempo il “vero” maestro conserva la non trasmissibilità del testo, l’esperienza di qualcosa che resiste all’interpretazione, quel qualcosa per cui i ragazzi corrono a leggere e rileggere quello in cui il maestro è inciampato. Insomma, l’ammissione stessa della non completa conoscenza di un testo, quello che Calvino dava come riferimento dei “classici”, la loro caratteristica di essere testi inesauribili a ogni lettura, a ogni interpretazione. La capacità stessa e la volontà stessa del maestro di ammettere la non comprensione totale di qualcosa, la curiosità nel volerla ricercare, insomma, la luce della conoscenza intensa non come sola trasmissione, ma come fame di essa, la parola magica ANCORA che il maestro e diventa il nutrimento dell’allievo; il contrario della carne trita che invece dice BASTA: “il contagio del desiderio del maestro che genera il desiderio di sapere dell’allievo”.
Recalcati propone quindi un esperimento mentale, chiedendo al pubblico quali sono i maestri indimenticabili? Magari possiamo aver dimenticato la materia che insegnavano, ma non il loro stile, perché lo stile è INDIMENTICABILE. Solo in questo modo, attraverso uno stile che “erotizza il sapere” rendendolo oggetto di desiderio da parte dell’alunno, solo in questo modo il maestro non è “vittima” dell’anima del dispositivo. Attraverso, quindi, la testimonianza di sete di sapere dimostrata dal maestro, la scuola, sebbene organizzativamente stratificata in ogni dettaglio, trova la sua anima di conoscenza. Durante la puntata i discorsi dello psicanalista vengono intramezzati da vari video e interventi: Benigni con il suo “innamoratevi, se non vi innamorate è tutto morto!”; la lettura di alcune parti del libro Stoner di John Edward Williams, a testimoniare che la scuola è il luogo degli incontri, dell’amore, il luogo in cui deve esserci desiderio di vita.
Giunti alla fine, le domande del pubblico si susseguono, Recalcati a volte è talmente immerso nelle sue risposte, da perdere di vista la domanda. A conclusione, direi che il moto della passione richiesto e ricercato dalla puntata, sembra aver colpito anche i presenti, si parla di protocollo e di stortura, a dire che la scuola è molte cose e ipotizzare come sarebbe giusto procedere. Sicuramente l’unicità dell’individuo dovrebbe essere premiata e garantita, seguire le proprie vocazioni e aspirazioni facilita la riuscita, ma concretamente mi chiedo quanto sia possibile personalizzare la scuola, non seguire protocolli di base. L’unica soluzione che vedo possibile è quella di alimentare la curiosità di sapere, passare cioè il testimone, rendere gli alunni entusiasti e curiosi. Tempo fa la mia professoressa delle superiori, al ritorno da una gita scolastica, ci scrisse delle cartoline e la mia recitava: “ .. che non tutte le tue domande trovino risposta!”. All’epoca non capii perché. Di quella professoressa però oggi non ricordo nemmeno il cognome, la cartolina chissà dove è andata a finire, ma rifletto ancora su quelle parole e me lo auguro anche io.
La puntata si conclude con varie immagini di estratti, film, personaggi, fotografie, sulle note di “Mi fido di te” di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti.
Michela Farella, Dottoressa in Psicologia clinica della persona, delle organizzazioni e della comunità presso l’Università La Sapienza di Roma, tirocinante presso CSPL e Volontaria in Servizio Civile per il progetto dedicato agli anziani “Partecipi e Consapevoli” presso l’Ass. Televita con sede in Roma.