Lunedì 21 Maggio alle ore 23:10 è andato in onda su Rai3 il terzo appuntamento di “Lessico Famigliare”, condotto come sempre dal noto psicoanalista Massimo Recalcati, il quale ha incentrato la puntata sulla figura del figlio.
Il programma è stato aperto con un filmato tratto da film “Le avventure di Pinocchio” di Luigi Comencini (1972), dove la fatina, domandando a Pinocchio se volesse diventare un bambino vero, gli fa promettere di esaudire il suo desiderio e ti mantenerlo tale fintanto che lui si fosse comportato bene e fosse stato ubbidiente con il padre, in un sottintendere che l’esaudimento del suo desiderio avrebbe dovuto soggiacere al desiderio del padre.
Da qui il conduttore ha introdotto l’argomento indicando che all’origine di ogni persona non c’è l’Io bensì l’Altro (o gli Altri), inequivocabilmente mostrato nel corso delle libere associazioni che ogni paziente esprime al terapeuta, l’Altro che inevitabilmente ci assegna un nome proprio e che racchiude spesso desideri, speranze, rappresentazioni ed aspettative che non appartengono a chi porta il nome, un Altro che però dovrebbe avere una duplice funzione, quasi all’antitesi l’una dell’altra, gestite in maniera flessibile e dinamica secondo la fase di vita che il figlio si trova ad affrontare, ovvero “l’eccomi” ed il “vai”.
Affrontando tale questione Recalcati riporta le immagini che Lacan propone della vita del figlio: nella prima la vita del figlio viene dipinta come limatura di ferro sparpagliata dove però c’è un magnete, il desiderio dei genitori, che l’aggrega e gli da una forma; la seconda immagine è quella dello schiavo dell’antichità che possiede un messaggio tatuato sulla propria nuca e che nessuno può conoscere se non il mittente (il padre) e lo schiavo/destinatario (il figlio), intento questo di simboleggiare il desiderio e le aspettative che il genitore incide nella carne del proprio figlio, che spesso condiziona e contrasta il desiderio del figlio, portando ad esempio di ciò un estratto della “Lettera al padre” di Giacomo Leopardi (recitato da Alessio Boni).
Partendo da queste rappresentazioni simboliche il conduttore approfondisce la necessità del bambino “dell’esserci” del genitore nella prima fase di vita, quindi della sua fondamentale necessità del segno (inteso come parola del genitore) oltre che del seno (soddisfacimento dei bisogni primari), come anche la necessità “dell’essere lasciato andare” durante l’adolescenza, quest’ultima rappresentata egregiamente dalla parabola del ”Figlio prodigo” del Vangelo di Luca e ancor prima portata in luce sia attraverso uno spezzone del film “Billy Elliot” di Stephen Daldry (2001) nonché dal racconto autobiografico di Antonia Klugmann (noto Chef).
Prima di avviare il consueto dibattito con il pubblico in sala, Alessio Boni recita un estratto del libro Nemesi di Philip Roth, noto scrittore purtroppo scomparso il giorno dopo la messa in onda della puntata, nel quale l’immagine della ricerca di libertà ed identità dell’adolescente viene trasmessa in tutta la sua forza e dolcezza attraverso le splendide parole scritte da Roth ed interpretate in maniera magistrale da Boni.
Recalcati conclude il programma suggerendo come compito del figlio il saper ereditare, considerando il modo giusto di essere eredi come quello di essere eretici/erranti, mentre il compito del genitore sarebbe quello di esserci nella prima fase di vita, garantendo il senso di appartenenza del figlio mentre, successivamente, dovrebbe lasciar andar via il figlio avendo però fede nel segreto che quest’ultimo custodisce, evitando di scardinare il silenzio del figlio, il quale protegge il suo stesso segreto, con dialoghi o empatia che vorrebbero rendere trasparente il suo pensiero ma dicendo, come recitato dal padre nella parabola di Luca: “Io amo di te quello che non so, il tuo segreto”.
Roberth Nussbacher