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La cattedra? Sacra ed eterna

Partecipo ancora una volta al tentativo di informare l’opinione pubblica del grave decadimento della ricerca italiana e del mondo accademico, avendo però in mente la straordinaria capacità di rassegnazione dei nostri concittadini. Una rassegnazione costruita su un concetto del potere che, come cercherò di chiarire, ha poco a che fare con i principi di una democrazia laica, per quanto di giovane tradizione come la nostra. Fa ancora scandalo la logica delle tangenti e delle clientele? Dei concorsi universitari deve essere in primo luogo chiaro che l’esito sostanziale del concorso è valido e inoppugnabile alla sola condizione che sussistano i requisiti formali. In questo modo viene garantita una copertura efficace alla frequente noncuranza dei criteri di merito nella scelta del vincitore della cattedra. Questo significa che se un collegio di luminari sceglie anche il meno titolato dei candidati, non vi è modo per i respinti, fossero pure scienziati di chiara fama, di far valere le proprie ragioni. La stessa cattedra, una volta assegnata, non è revocabile, qualsiasi sia il livello attuale dell’impegno scientifico del docente, in modo del resto congruo alla mentalità che vige nell’impiego pubblico. È comprensibile poi che i docenti saliti in cattedra con criteri poco limpidi abbiano tutto l’interesse a gestire il potere così acquisito, in modo da rafforzare le reti di alleanze che li hanno sostenuti. Si può ricordare che durante il fascismo soltanto undici professori dell’intero corpo accademico si opposero apertamente alla dittatura. Un altro indice significativo di questa logica corporativa è la scarsa apertura del mondo accademico italiano alla comunità scientifica internazionale. Non tanto per presunzione, più semplicemente perché una simile chiusura risulta indispensabile a garantire lo stato delle cose. Giovani brillanti che si trasferiscono in Università straniere, e Facoltà nostrane affollate di professori che nessuna università europea o americana si sognerebbe di invitare. Si richiederebbe a uno studioso di partecipare alla ricerca internazionale attraverso pubblicazioni, conferenze, seminari e cosi via. Dove sono queste pubblicazioni? Quante di esse vengono tradotte o addirittura adottate nei corsi di studi all’estero?

Anche uno studente del primo anno ha idea del grande debito della nostra cultura, soprattutto nelle discipline tecnico-scientifiche, nei confronti della ricerca straniera. Quanti dei libri di testo adottati nei nostri iter formativi sono anglosassoni? Quanti dei nostri allievi sono costretti a trasferirsi per ottenere titoli post-universitari? E quale contributo di ricerca avanzata possiamo noi offrire alla comunità internazionale? Per quale motivo, infine, uno scienziato degno di questo nome dovrebbe sentirsi messo in discussione da una verifica periodica del suo operato? Ebbene, non si riesce a far passare neppure un argomento apparentemente così ovvio. Con una abitudine che ha poco a che fare con l’etica laica, il titolo di professore immette nell’area del numinoso e del sacro attributi costanti del potere dalla storia più antica dell’uomo. Non vi è confronto dell’uomo con il sacro, la legge sacra è insindacabile perché fuori dalla relatività dello spazio-tempo, una legge che non ha storia, come ce l’ha invece la legge posta dall’uomo. Così è il potere del barone. Laicizzare questo potere che è pure legittimo e necessario dove inteso come assunzione solenne di responsabilità, significa preservare la funzione della docenza e subordinare ad essa gli uomini, piuttosto che il contrario, come siamo abituati a fare. La mancanza di un senso dello Stato è una realtà che investe tutti i livelli del tessuto sociale, ma quando viene esibita proprio da coloro che dovrebbero farsi garanti della formazione delle coscienze più giovani, non si consolida un circolo vizioso che è sempre più improbabile spezzare?

Aldo Carotenuto

Tratto da “La Stampa”, 22 Novembre 1995

 

 

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L'autore
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Aldo Carotenuto
Aldo Carotenuto (1933-2005) Ha insegnato Psicologia della Personalità e delle Differenze Individuali all'Università di Roma