Quando Aldo Carotenuto dice che: “Dobbiamo poter accettare la nostra patologia perché solo in questo modo noi conosciamo la profondità di noi stessi”, ci mostra uno dei percorsi più difficili, ma conditio sine qua non del nostro processo evolutivo/individuativo che inizia con la lezione impressa sul frontone del tempio di Olimpia “Conosci te stesso”. Ma è solo il primo passo. È di fondamentale importanza accettare se stessi e imparare a convivere con gli scomodi inquilini che ci abitano. Andare “oltre la patologia” non è, quindi, superamento della propria patologia, che erroneamente traduciamo con “guarigione”, ma un processo di scoperta, conoscenza, accettazione ed integrazione della propria “cifra oscura”. Viviamo immersi in una dimensione “patologica”, che non vuol dire “malata”, come spesso si intende questa parola, bensì di sofferenza continua per l’alternanza, senza sosta, di malessere/benessere. È la legge condizionante dell’impermanenza, che si fonda sul continuo, incessante, capovolgimento di una cosa nel suo opposto.