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Paterson – Recensione del film

Paterson

Regia di Jim Jarmusch

Recensione di Virginia Salles

Paterson fa l’autista di bus e vive nella cittadina del New Jersey che ha il suo stesso nome, ama profondamente la poesia, sua moglie, la loro casa accogliente nella quale rientra tutte le sere dopo una giornata di lavoro. Potrebbe sembrare tutto quanto espressione della “normalità”, come siamo abituati a intenderla, forse nel suo senso peggiore di stagnazione o di una routine mediocre se non fosse per quel filo sottile fatto di sguardi, silenzi, sfumature, che attraversa lo schermo e lo riempie di  grazia. Tutta la vita di Paterson è improntata alla più sorprendente e inaudita semplicità.

Sul grande schermo, inquadrati dall’alto, assistiamo ad ogni risveglio mattutino dei protagonisti, Laura (Golshifteh Farahani) e Paterson (Adam Driver), abbracciati o no, ma sempre immersi in un’atmosfera carica di incanto, in qualcosa di inafferrabile che possiamo definire felicità.

Jim Jarmusch, regista rappresentativo del cinema indipendente americano (Permanent Vacation, 1980; Ghost Dog, 1999; Stranger than Paradise, 1984; Dead Man, 1995; Broken flowers,2005; Solo gli amanti sopravvivono, 2013) che, come il protagonista Paterson, non ama molto cellullari e pc, naviga controcorrente nel proporci una cronaca minimalista di vita quotidiana dove nulla accade ma la Vita sembra comunque fluire in tutta la sua intensità: nelle poesie di Paterson[1], negli occhi quasi umani di Marvin, il loro cane, nei dialoghi semplici ma carichi di umanità tra la coppia o tra gli avventori in un bar. Ancora una volta Jarmusch ci  sorprende e affascina con il suo mondo ideale fatto di piccole cose che sembrano invece infinitamente grandi, una nuova idea di felicità, vero e proprio “contrappasso”: una reazione radicale alla cultura del “fare” e del “consumare”,  all’omologazione e alla violenza di un certo genere di film americano e della american way of life.

Marvin con il suo sguardo umano esprime consenso e dissenso, sorpresa, persino noia ed è proprio lui a intervenire e interrompere l’ordinario scorrere degli eventi e costringere Paterson a “svoltare”, ad affrontare una settimana tutta nuova con un intero quaderno di  pagine  bianche nelle quali scrivere nuove poesie.

(www.virginiasalles.it)

[1]  Le poesie di Paterson sono scritte da Ron Padgett  e Jarmusch ha espressamente richiesto una grande cura per la traduzione italiana.

 

 

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Virginia Salles