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Addio allo psicologo dell’amore

Ha divulgato il pensiero di Jung rivelando la relazione che legava il maestro alla Spielrein

 

[segue dalla prima pagina] … analisti anziani e maturi e giovani coltivavano il proprio campo, in gelosa autonomia di scuola. Carotenuto, forte della tellurica inquietudine dell’autodidatta e poggiando soprattutto sulla capacità intuitiva, affrontò il peso dell’improvvisa morte di Bernhard e si assunse il ruolo di promotore dello sviluppo culturale dello junghismo, sfidando un sapere tanto radicato nel potere psichiatrico e medico, quanto vincolato al solido tirocinio della prassi con parenti non solo nevrotici ma portatori di patologie severe, psicosi e autismo.

Lavorando a Roma in via Severano e per alcuni anni a Napoli, in via Tito Angelini, e poi in via Orazio e via Petrarca, fondò la “Rivista di Psicologia Analitica”, edita dapprima da Idelson/Gnocchi, poi da Marsilio, Astrolabio, e, infine, caduta la sua direzione, da Vivarium. Con le collane di Psicologia Analitica intraprese con Marsilio e Liguori, la “Rivista”, i cui tipi erano affidati a un’antica stamperia di Torre Annunziata, si affermò per l’originalità dei numeri monografici e delle recensioni, tra le quali, ad esempio, si può rinvenire un esemplare scritto di Aldo Masullo sui Tipi Psicologici di Jung. Alla “Rivista” si affiancò nel 1977 il Giornale Storico di Psicologia Dinamica, dove molti, tra cui il genetista Edoardo Boncinelli hanno saggiato le proprie ricerche interdisciplinari.

Nella giovane facoltà di Psicologia de La Sapienza, a Roma, dal primo corso, allora seminabile, di Carotenuto nacque Senso e contenuto della psicologia analitica (Boringhieri, 1977), una guida dettagliata che includeva una formulazione euristica espressa da Carotenuto nel 1972, sulla base del carteggio Freud-Jung: l’ipotesi che la nozione junghiana di Anima avesse come fonte l’amore, ricambiato, per Sabine Spielrein, psichiatra ebrea russa, prima paziente di Jung, poi psicoanalista freudiana. Come dire che la donna reale aveva impresso l’orma di sé nella psiche.

 

 

Seguì una serie singolare di eventi: il docente romano Carlo Trombetta ricevette dei faldoni di documenti psicoanalitici ginevrini, tra cui i diari e le lettere di Sabine Spielrein a Freud e Jung e li offrì a Carotenuto, certo che la cultura analitica ne avrebbe tratto vantaggio. Ne scaturì Diario di una segreta simmetria, rifiutato da Paolo Boringhieri, accolto da Ubaldini-Astrolabio e tradotto in moltissime lingue, persino in Giappone. Libro osteggiato dall’establishment junghiano, apprezzato da Musatti, ma subito condannato da Bruno Bettelheim, che nella “New York Review of Books” ingaggiò un duro contraddittorio con Carotenuto. Suicidatosi drammaticamente Bettelheim, si levò la voce di Johannes Cremerius, che, dopo aver scritto la prefazione al saggio di Carotenuto La colomba di Kant, Bompiani, denunciò l’unico, vero errore dell’autore, la chiara convinzione, addirittura teorizzata, che l’oscillazione emotiva dell’analista nella cura possa comprendere il passaggio all’atto in una relazione sessuale e sentimentale.

Si può ritenere che alle origini del movimento psicoanalitico Jung, Ferenczi, Rank commisero deviazioni e dimenticarono di “usare i guanti” (Freud), annullando la buona distanza terapeutica, per una scoperta di tale portata sarebbe stato doveroso, pur senza moralismo, ribadire agli addetti e ai non addetti all’analisi, junghiani e freudiani, che la seduzione del transfert d’amore, possente resistenza all’analisi, è un problema non d’amore, ma di tenuta della relazione analitica. Tuttavia il vertice dell’esplorazione di Aldo Carotenuto coincideva con il punto più critico.

Di solito ciò implica che l’analista, il cui lavoro è molto delicato, abbia l’umiltà di ripensare i suoi sogni e i suoi sentimenti intimi, a qualunque età, con l’appoggio di un collega più anziano: l’autorevole Michael Fordham, all’età di 72 anni, bisognoso di chiarirsi le idee e senza fumi falsamente erotici chiese lumi a Meltzer, e ricevette la stima e l’amicizia dei freudiani. Nel 2002 un’ulteriore prova della virata causata dagli studi e le pubblicazioni sulla Spielrein.

Quando Roberto Faenza girò il film “Prendimi l’anima”, tutto dedicato alla biografia di Sabine Spielrein, Carotenuto fu sostanzialmente ignorato e rispose in modo deciso, rammentando la priorità delle sue acquisizioni. In realtà il destino aveva creato un amaro paradosso: proprio l’uomo che aveva sostenuto il primato della creatività nella psiche, dato irrinunciabile per pazienti e analisti, vedeva la sua creazione culturale doppiata da un’opera che faceva a meno della piena menzione delle sue testimonianze. E senza dolo di Faenza, che riconosceva in Carotenuto l’origine, ma evidentemente poneva in ombra l’analista, mirando oltretutto a far emergere l’autonomia della Spielrein. Così van le cose umane.

 

Aldo Carotenuto

Nella vastissima produzione un testo del 1992 va segnalato su tutti, il Trattato di Psicologia Analitica, stampato da Utet, un’impresa collettanea, che per la prima volta presentava la complessità storica e tematica delle opere di Jung in Italia. In Carotenuto prevalse quindi il fervore di ricercatore. A lui il merito di aver portato in Italia le idee di Neumann, von Franz, Hillman – in un memorabile congresso all’Accademia dei Lincei nel 1987. Le opinioni di Hillman, Galimberti e noi tutti trovavano accoglienza nelle sale ove governava il volto di Galileo Galilei. Così prendeva forma definitivamente un disegno di propagazione della cultura analitica di prevalente stampo umanistico, benché sino agli ultimi anni Carotenuto abbia perseguito, dialogando in particolare con Edoardo Boncinelli, una sorta di confronto con le scienze naturali.

Di quale Umanesimo si tratta? A ben guardare, un filone umanistico di stampo vichiano, ricondotto a modi e contenuti della costante aspirazione all’uomo nuovo. Dalla psicologia analitica deriva, in verità, come dal freudismo più autorevole, una severe ripresa dell’Umanesimo e soprattutto della grecità. In più, è necessario precisare, se Freud ebreo era cultore di Sofocle e Edipo, Jung, figlio di pastore protestante, scelse termini latini per denominare le funzioni della psiche inconscia: Animus, Anima. Un motto gradito a Carotenuto era il terenziano “Hom sum. Humani nihil a me alienum puto”. Ma la fioritura di citazioni che egli prediligeva giungeva a Rilke e Kafka, oggetto del volume La chiamata del daimon, Bompiani.

Lo caratterizzava una tensione umanistica rivolta a sondare la sofferenza, l’invisibile, l’immateriale. E al di là dell’apparenza, tanto dedita all’informazione e alla divulgazione – il suo primo articolo su il “Mattino” era su Wilhelm Reich – dominava in lui una chiusa e mesta familiarità con il dolore, una personalissima inclinazione a scrutare il senso delle cose, sino alla morte. E tale tratto vale più d’ogni frammento terreno, più d’ogni giudizio e pregiudizio.

Articolo di Antonio Vitolo, tratto da “Il Mattino”, 15 febbraio 2005

 

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