Ogni nostro comportamento si realizza entro un preciso contesto, entro una situazione psicologica ben determinata. Ciò significa che non si può disgiungere la risposta individuale dalle molteplici variabili che concorrono a generarla.
Nonostante che l’avventura della relazione sia l’avventura umana per eccellenza, la capacità di entrare in rapporto con l’Altro non ci è data, ma rappresenta una conquista. E’ necessario un faticoso cammino autoconoscitivo per poter fondare legami significativi, che siano il più possibile affrancati dai tanti meccanismi proiettivi che ci governano. E’ quasi impossibile rappresentarci un individuo completamente scevro da meccanismi che, seppure distorti, comunque sono da considerarsi “vitali”, vale a dire funzionali alla sua sopravvivenza psicologica: bisogna pensare a un’opera di riappropriazione delle capacità di entrare in contatto con il mondo. Questa capacità non soltanto implica da parte nostra un grandissimo e costante impegno ma, purtroppo, è molto fragile, precaria.
I tortuosi percorsi interpersonali e intersoggettivi che tutti noi attraversiamo, infatti, possono indebolirla drasticamente. Tuttavia, questa riappropriazione delle modalità creative di interazione, può avvenire anzitutto mediante la capacità di vivere un legame amoroso autentico, tale da metterci realmente al cospetto della nostra anima. La reciprocità degli scambi emozionali profondi, che nutre continuamente la “situazione amorosa”, è ciò che permette ad ognuno dei membri della coppia di incontrare se stesso nelle sue molteplici sfaccettature, nei suoi aspetti più oscuri, nella esasperazione delle sue conflittualità.
Queste dinamiche, opportunamente vissute e metabolizzate, permettono agli amanti di aprirsi a un orizzonte cangiante della psiche, al suo eterno moto di sviluppo, di trasformazione. Il legame amoroso è il formidabile strumento che ci permette di compiere questo cammino conoscitivo e di continua rinascita. La relazione ci mantiene in vita: anche un solo legame significativo può renderci più tollerabile il peso dell’esistenza, la sofferenza, il disagio. D’altro canto, però, è vero che soltanto una gioia condivisa può essere considerata come una vera gioia, capace di rasserenarci e farci accettare la vita con rinnovato ottimismo.
Proprio come un neonato, che se non è oggetto di cure e attenzioni muore, così l’essere umano adulto, se attraversa momenti importanti per la sua vita senza essere protetto da un Altro, si sente morire. Possiamo capire, quindi, perché sarà nelle prime battute della nostra esperienza esistenziale che si giocherà il nostro destino affettivo, la nostra capacità di mantenersi aperti alle dimensioni del sentimento. Le difese e le resistenza che spesso si attivano in seno ad un legame amoroso, ad esempio, mettono in luce proprio la nostra eterna debolezza e le nostre più antiche ferite affettive.
L’Altro, il nostro oggetto d’amore, non soltanto rappresenta la fonte del nostro sostentamento ma, addirittura diviene l’interprete del nostro modo di essere. Il rapporto è uno spazio di accoglimento, un vero e proprio “contenitore” delle nostre paure più segrete, dei nostri sogni, il sostegno e il conforto dinanzi le incertezza. Un rapporto valido però, è soltanto quello che ci consente di esprimerci nella molteplicità dei nostri sentimenti, in quanto è proprio a questo livello che si gioca la “normalità” dell’individuo.
Non dimentichiamo, infatti, che molti disturbi psicologici affondano le radici nell’impossibilità di esternare parti di sé ritenute biasimabili, illegittime, e comunque inadeguate al fine di riuscire a sentirsi realmente “degni” dell’accettazione altrui. La maturità, non a caso, coincide con la comprensione – e la conseguente accettazione -della ambivalente natura della condizione psicologica umana, con la piena assunzione della responsabilità dei propri aspetti dinamici, regressivi e dei propri nodi complessati, della propria luce come della propria ombra. Solo raggiungendo questa consapevolezza ci è dato di poter partecipare all’Altro, di interagire con esso pienamente, senza paure.
Aldo Carotenuto
Pubblicato su “Il Mattino” di Napoli, all’interno della rubrica “Eros e Pathos”. Non è stato possibile rinvenire la data esatta di pubblicazione.