La sensazione di non appartenere a qualcuno può rivelarsi una delle esperienze più angoscianti. Le origini di un simile vissuto devono essere ricercate nell’infanzia, ossia nel limbo di beatitudine in cui dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – prendere forma quel nucleo caldo di cui tutti abbiamo bisogno. Il problema è complesso nel senso che là dove si sia stati privati di un bene tanto grande – il diritto di essere accuditi e cresciuti con amore – è difficile riuscire a trovare un surrogato affettivo valido.
Attenzione però: difficile, non impossibile! Non è affatto vero che la persona che soffre per la propria condizione di solitudine e che lamenta il suo non “essere amata”, non sia a sua volta disponibile a dare amore o, addirittura, non ne possieda. In realtà la persona che sente di non ricevere amore, ricerca sempre affannosamente qualcuno su cui riversarlo, un essere al quale dare – prima di ricevere – tutto il sentimento di cui si sente priva. Il problema, semmai, è dato dal fatto che quando si è rimasti senza amore per tanto tempo si è piuttosto sconfortati, delusi, e con grande difficoltà si riesce a credere che la situazione possa cambiare. In questi momenti si ha sempre molta paura, quella paura penetrante che solo la dimensione amorosa sembra racchiudere in sé.
Quando si ama, infatti, ci si espone a un rischio concreto di essere distrutti. Abbandonarsi a qualcuno significa in primo luogo dargli un potere di vita e di morte su di noi, mettere nelle sue mani il nostro destino, conferirgli il diritto di scegliere se diventare il nostro angelo consolatore o il nostro demone persecutorio. Dare all’Altro tanta autorità, però, implica giocoforza il doversi confrontare con la propria sudditanza psicologica, con il pericolo di essere annientati. Può così accadere che la persona scelga di chiudersi in se stessa, preferendo la protezione della solitudine all’imprevedibilità dell’abbraccio amoroso.
Il gioco amoroso è una continua scoperta di fatti inaspettati: il ponderare, il prendere le distanze, il non lasciarsi mai avvicinare e sedurre, celano spesso la paura del coinvolgimento. Lasciarsi travolgere dai sentimenti significa essere pronti a ricevere tutto ciò che di bello, ma anche triste e doloroso, un rapporto può riservarci. Le persone che appaiono rigide, fredde, controllate, indossano in realtà una corazza che denuncia la loro grande vulnerabilità. L’apparente irragiungibilità di questi individui, così fragili ma così ben equipaggiati da sembrare forti e inflessibili, esercita spesso un fascino irresistibile.
Il desiderio che l’inafferabilità dell’Altro accende, è determinato dall’attivazione di una particolare esigenza psichica. In alcuni casi infatti, la passione viene scatenata proprio dalla necessità di confrontarsi con la distanza, con l’assenza e l’irraggiungibilità della persona amata. I rapporti strutturati su questo genere di dinamiche comportano inevitabilmente delle sofferenze, perché recano un enorme carico di distruttività.
Il partner sfuggente, infatti, per quanto sappia chiedere e ottenere, nulla può dare a chi lo ama, niente ha da offrire. In queste persone vi è una profonda frattura che le separa dalla dimensione del sentimento e questo abisso incolmabile impedisce loro di esternare le proprie emozioni e accogliere quelle degli altri. Sottrarsi all’Altro, negarsi al suo desiderio e persino il mostrarsi indifferenti alle manifestazioni amorose, sono in realtà modalità difensive che determinati individui mettono in atto per fronteggiare la paura.
Coloro che rafforzano in maniera eccessiva le proprie difese, alimentano un’intensa distanza emotiva che le isola dai sentimenti. Ma chi è chiuso al sentimento, estraneo al linguaggio delle emozioni, è anche chiuso rispetto al suo mondo interno. L’interesse e l’apertura verso l’Altro, infatti, implicano sempre la possibilità di scoprire nuove vie d’accesso alla propria anima. Per questa ragione, chi teme di vivere il sentimento cerca in realtà di sfuggire a se stesso. Non sempre, però, è possibile mettere a fuoco i fattori che determinano l’incapacità affettiva di chi amiamo.
La fredda sensazione di distanza che avvertiamo nell’Altro deriva dalla sua debolezza, dal suo stato di esitante inquietudine, eppure non ce ne rendiamo conto e confondiamo la fragilità con l’indifferenza. Il presunto disinteresse di chi amiamo nei nostri riguardi, dunque, maschera una problematica vasta e complessa, caratterizzata da un incontrollabile bisogno di distanza.
Aldo Carotenuto
Pubblicato su “Il Mattino” di Napoli, all’interno della rubrica “Eros e Pathos”. Non è stato possibile rinvenire la data esatta di pubblicazione.