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Il gesto di Socrate. Recensione a M. Recalcati, L’ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento (2014)

Erotizzare il sapere, renderlo oggetto di desiderio con la testimonianza di un’esperienza vissuta e trasmessa con la parola: potrebbe essere questo il senso di una vita dedita all’insegnamento. È ovvio, i contenuti di un insegnamento sono specifici e si quantificano in informazioni apprese e riportate, ma la tensione, verrebbe da dire la pulsione, a impadronirsi dei contenuti di conoscenza per renderli Sapere, non è un’informazione. Essa è, piuttosto, desiderio di trasformarsi, di relazionarsi alla vita e alla sua complessità con uno sguardo profondo in grado di andare oltre le apparenze.

Lo psicoanalista Massimo Recalcati nel libro L’ora di lezione ne traccia un profilo sulla scia di Lacan, e in particolare del Lacan del Seminario VIII dedicato al transfert. La ragione di questa scelta sta tutta nella forma di relazione tra l’allievo e il maestro perché in essa è in gioco un vero e proprio amore di traslazione che ha la potenza di avviare il rimando al libro, alla cultura e alla forza feconda della conoscenza. Non c’è trasmissione di sapere che possa avvenire senza passare per il transfert.

Nel Simposio di Platone, l’amore di Alcibiade per Socrate è un transfert e Socrate come uno psicoanalista decodifica quell’amore sottraendosi al desiderio di Alcibiade per orientarlo verso la relazione oggettuale che egli stesso incarna simbolicamente: la filosofia, l’amore per il Sapere. Lo scolaro, il liceale, lo studente si collocano così nel campo dell’Altro, nel simbolo che l’Altro rappresenta e che invia all’altrove, al Sapere. Difficile ruolo quello dell’Altro dello studente, perché deve tacere pur parlando, deve aprire il vuoto e non riempirlo, deve accendere l’amore per il Sapere. Gli inciampi sono dietro ogni angolo: la deriva autoritaria; l’improvvisazione psicologica, maturata nel migliore dei casi con la rielaborazione della propria esperienza scolastica; l’atteggiamento “mammesco” – non importa se ad incarnarlo siano uomini o donne – oggi devastante nell’attuale contesto scolastico che conduce alla totale assenza della Legge; l’illusione del rapporto di amicizia con gli studenti; la seducente tentazione del corpo. La posta in gioco è alta: non è la conoscenza tecnica, il potere del sapere che pur è necessario e funzionale al vivere civile, ma il godimento di un livello superiore che si realizza esclusivamente con il Sapere. Un godimento potente, erotico, maturo, che costituisce l’annuncio che, come una promessa, la scuola deve farsi carico. La lettura del libro di Recalcati mi ha riportato alla memoria alcuni passi particolarmente cari:

Tutti gli uomini tendono per natura al sapere

così apre Aristotele la Metafisica. È una affermazione carica di una visione antropologica secondo la quale il sapere non si identifica in senso baconiano con il dominio, ma è un sapere in grado di garantire felicità, come Aristotele si esprime nel Decimo dell’Ethica dove riconosce che l’attività perfetta è quella dell’intelletto, l’unica in grado di poter rendere divino l’uomo. Ma la felicità mentale – per usare il riuscito titolo di un libro di Maria Corti su Cavalcanti e Dante –, il cui tema anima il dibattito filosofico nel secolo XIII per finire censurato dalle autorità ecclesiastiche nel 1277, non può realizzarsi se non sorge il desiderio della conoscenza che, per Aristotele, è sollevato dal thauma, dallo stupore.

Non si può insegnare se non si impara a stupirsi ogni giorno per la scoperta di un aspetto dell’inesauribile Sapere. E si insegna suscitando lo stupore dinanzi alla natura, dinanzi a se stesso, dinanzi al senso ineffabile dell’altrove per cercare di aprire le chiavi della curiosità nei giovani. In questo senso la scuola non può perdere quella profonda radice che le è data dall’humanitas. Una scuola che sforna potenziali tecnocrati, anche se sanno parlare un perfetto inglese, è una scuola totalizzante priva di anima, dove la ricerca di Sé è un inutile perdita di tempo, dove l’altro è ridotto a strumento di affermazione ideologica come quella oggi dominante del mercato e dell’economia.

Quando la solidarietà cede il passo alla competitività, si creano le premesse per avere individui sempre più soli e privi di relazioni. Una scuola che vuole andare contro corrente per non perdere la sua linfa vitale senza assoggettarsi alle logiche consumistiche e spersonalizzanti, che vuole allargare lo sguardo in maniera olistica sulla complessità del reale, è chiamata a testimoniare che il vero godimento passa attraverso un impegno e un’apertura al Sapere che non può essere quantificato in test a risposte multiple e in prove somministrate al computer. L’autentica acquisizione del Sapere necessita dell’epifania del volto soprattutto nell’età critica dell’adolescenza. Ha ragione Recalcati quando scrive:

Senza amore per il sapere – senza erotica dell’insegnamento – non c’è sapere capace di essere in rapporto con la vita, sapere utile alla vita. La Scuola delle competenze specialistiche è una Scuola che nega l’erotica dell’insegnamento come fondamento dell’acquisizione del sapere: un insegnante potrebbe essere tranquillamente sostituito da un computer e il risultato sarebbe lo stesso

Concludo con un ringraziamento e un augurio. Il ringraziamento è per Recalcati che ha saputo darci questo bel libro, discutibile sotto alcuni aspetti, ma senz’altro stimolante. L’augurio è per la scuola italiana che sappia intraprendere in questo periodo difficile della sua vita una strada in grado di formare, prima ancora che gli specialisti e i tecnici, prima ancora che i cittadini, persone capaci di agire e di pensare considerando l’umanità in sé e negli altri mai come strumento ma sempre e solo come fine.

di Graziano Perillo

 

 

 

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