Antonio G. Balistreri, Prendersi cura di se stessi. Filosofia come terapeutica della condizione umana, 2006 (a cura di Daria Filippi)
L’assunto di partenza del libro è che la cura sia parte costitutiva dell’uomo e che la filosofia sia la forma della cura. Ci occorre la cura per evitare il male, dunque la cura dell’esistenza è una terapeutica. E dato che la filosofia è la cura dei mali dell’esistenza anch’essa è una terapeutica.
La filosofia si è proposta fin dall’inizio in questo modo, ma la sua dimensione pratica si è smarrita nel corso dell’età moderna. Il suo obiettivo era quello di curare attraverso una pratica e un esercizio di vita.
Secondo l’autore solo recuperando la dimensione del male che affligge l’esistenza, evitandone la sua medicalizzazione, possiamo ridare un ruolo terapeutico alla filosofia. Si tratta di prendersi cura dell’esistenza affrontando i mali che le sono connaturati e superando quelli che dipendono da noi.
L’uomo dunque, in quanto tale, ha bisogno di cura ed è un essere che si prende cura. Anzi proprio nel prendersi cura delle cose si prende cura anche di se stesso. L’uomo deve prendersi cura di se stesso perché ha il compito di trovare la forma che gli è propria, deve curarsi delle proprie condizioni di vita e nel far questo modifica l’ambiente e i presupposti stessi della vita. L’uomo dunque esiste per prendersi cura di sé e di tutto ciò che ha a che fare con la sua esistenza. La cura di sé è un segno dell’attenzione che abbiamo per gli altri. Inoltre dobbiamo aver cura delle cose in quanto esse entrano nel nostro progetto di vita ma non dobbiamo spingerci al punto che il nostro progetto di vita rimanga assorbito dalla cura delle cose. L’occuparci delle cose è una forma di espansione di noi stessi, il modo in cui troviamo una sistemazione.
Il bisogno di certezza e di individuare il modo di operare le scelte migliori, dunque il bisogno di avere dei criteri attraverso i quali orientarci, ci porta verso la pratica filosofica. L’uomo ha bisogno di un’arte da cui apprendere come deve vivere. Da qui parte l’esigenza della filosofia. L’assunto di fondo della filosofia è che pensare significa andare al di là dei fenomeni, e il suo oggetto di sapere è il sapere stesso. La pratica filosofica è dunque un’interrogazione sul mondo, sul nostro sapere sul mondo, su noi stessi e sul nostro modo di pensare.
La filosofia va a problematizzare proprio ciò che non ci appare problematico e svolge una funzione logoterapeutica curando i nostri errori di giudizio. Abbiamo bisogno della filosofia per orientarci intorno a ciò che è e non è, intorno a ciò che è vero o non lo è. In questo modo entrano in gioco anche le nostre rappresentazioni e i nostri valori.
La filosofia si spoglia di tutto ciò che è soggettivo, però ci chiama in causa in quanto esseri umani. “Il discorso filosofico è quello che si fa di volta in volta con riferimento alla persona dei partecipanti e al loro livello di sviluppo”. La filosofia si occupa di ciò che ci riguarda ma non si cala nel nostro profondo, quando la filosofia pretende di essere una cura, questa non ha nulla a che vedere con la psicoterapia. È un discorso che riguarda la ricerca del Sé, le problematiche dell’esistenza, la ricerca di senso, ma nella forma della comunicazione pubblica. “Il filosofo…si guarda bene dall’oltrepassare un certo limite e dal penetrare nella sfera del profondo di chi si affida alla sua consulenza…la filosofia accenna all’indicibile. Ma guai ad avere la pretesa di esprimerlo”.
Compito fondamentale della filosofia è liberare l’uomo dalla paura, e lo assolve permettendogli di cambiare prospettiva vedendo ciò che accade come qualcosa che siamo noi stessi a determinare o, al massimo, facendo proprio ciò che ci capita.
L’uomo è lo specchio del mondo e la sua attività di pensiero è appunto la “riflessione”. Ma mentre riflette la potenza del mondo avverte anche la sua inadeguatezza di fronte a questo. Il bisogno di un senso della vita assale l’uomo che non riesce a situarsi nel mondo. Ecco che facendo filosofia l’uomo trova un rimedio ai mali. “Nel pensiero l’uomo ritrova la terapia della vita, la cura nei confronti della sua condizione ontologica…La terapeutica filosofica qui consiste nell’esercitare gli uomini a condurre ragionamenti esatti e conseguenti da un lato, dall’altro a metterli in condizione di farne un uso pratico”. La filosofia si propone di riportare la nostra esistenza in nostro potere, in modo da non doverla subire ma poterla indirizzare verso la propria realizzazione.
L’uomo è “cosa in sé” ed è il vero oggetto della filosofia in quanto dell’uomo si può parlare solo filosoficamente. La filosofia però ci parla dell’uomo senza avere la pretesa di svelarlo.
Caratteristica dell’uomo è quella di guardare verso l’avvenire, questo pre-vedere, per Balistreri, deve accompagnarsi al prov-vedere. L’uomo deve curarsi di ciò che gli può capitare, anticipare gli eventi in modo da non trovarsi sprovveduto.
Quando ci prendiamo cura di qualcosa è perché questo qualcosa ci mette in ansia. Il lavoro, ad esempio, è una delle forme di cura con cui l’uomo provvede alla sua angoscia. Le pene della cura sono il sollievo che l’uomo ha inventato per far fronte alla pena dell’angoscia. Inoltre l’intera attività umana è basata sulla capacità di raggiungere scopi sospendendo l’impulso pulsionale e dilazionando il suo soddisfacimento nel futuro. Le forme della cura si riferiscono dunque anche alla capacità dell’uomo di far fronte al suo eccesso pulsionale in modo da riorganizzarlo a profitto di un qualche compito.
La riflessione sui beni e i mali della vita costituisce l’ambito proprio della filosofia. A causa dei mali ci interroghiamo anche sui beni. Un assunto classico della “filosofia come terapia dell’anima” è che non ci sono mali in sé ma solo nostre rappresentazioni, quindi male è la nostra reazione ad un evento considerato come male ma che in sé non lo sarebbe. La terapia filosofica dei mali dell’anima consiste nel curare le nostre rappresentazioni dei beni e dei mali per evitare che l’anima si ammali cadendo in preda ai mali. Per la filosofia i mali della vita non sarebbero tali se non procurassero come reazione i mali dell’anima. Le nostre rappresentazioni sono sbagliate in quanto pretendiamo l’impossibile: se commisurassimo i desideri alle possibilità non saremmo infelici. Si può curare il nostro sentire sostituendovi il giudizio della ragione. Dunque correggere le rappresentazioni e porre limiti ai desideri. Una terapeutica filosofica dell’anima include anche un lavoro centrato sulla cura del corpo senza lasciarsi contaminare da esso (questa idea la ritroviamo in Platone).
Oltre ai mali della vita e dell’anima, secondo Balistreri, esiste anche il male di vivere, disagio esistenziale insito nell’uomo che sente tra sé e il vivere un abisso. L’incontro con il male di vivere è l’incontro con se stessi. Non si cura con una pratica medica, ma prendendosi cura di esso. Questa cura non intende ristabilire un vivere senza il male, bensì il suo presupposto è quello di intrattenersi con esso, di riconoscerlo come proprio, di scoprire il proprio Sé nel male che lo abita. La cura del male di vivere consiste nella stessa scoperta di Sé. Se abbiamo la filosofia lo dobbiamo al male di vivere perché è qui che la filosofia si concepisce come terapeutica dell’esistenza. La filosofia non cura il male di vivere (come la psicoterapia) ma si cura del male di vivere.
L’autore afferma infine che dare forma alla vita e cercarne il senso è l’unica cosa che può giustificare l’esistenza e questo è compito della filosofia. Avere e dare senso significa esserci, situarsi nel qui ed ora dello spazio e del tempo. Ricaviamo senso dalla posizione in cui ci collochiamo. Il nostro è un essere in e con, infatti il mondo è ciò che dà il senso dell’essere dell’uomo.
Il senso della vita consiste nella ricerca di se stessi, viviamo per scoprire chi siamo. Il Sé è la direzione della vita cosciente e ogni prova della vita è un autosuperamento. Ed è di superamento in superamento che il Sé viene a capo di se stesso. Solo attraverso un continuo superamento dei limiti giungiamo al nostro limite, ed accorgersi di essere giunti al limite costituisce la più grande saggezza e arte del vivere. Attraverso il limite troviamo la nostra forma.