Passioni in scena. Teatro, psicoanalisi e società

Margaret Rustin, Michael Rustin – Passioni in scena. Teatro, psicoanalisi e società, Mondadori, Milano, 2005. a cura di Daria Filippi

Questo libro nasce da un corso tenuto alla Tavistock Clinic, all’interno di un master in studi psicoanalitici, dedicato all’analisi dei significati di alcune pièce teatrali e all’approfondimento delle connessioni fra psicoanalisi e teatro. Gli autori esplorano i rapporti fra gli impulsi e i desideri inconsci dei protagonisti e l’immagine contestuale storica e ideologica dell’azione, abbracciando l’evoluzione del teatro dalla tragedia greca alla drammaturgia contemporanea (da Euripide a Pinter). La cornice psicoanalitica è costantemente influenzata, e influenza, una profonda consapevolezza sociologica.

L’interesse è rivolto agli stati mentali e ai sentimenti rappresentati nel contesto dei rapporti umani che le opere teatrali esplorano nella messa in scena. Il teatro è stato sempre guidato da una “passione per la verità”, che è ciò che costituisce anche il motore della psicoanalisi. Ma la prospettiva del testo può essere chiarita anche facendo riferimento ad alcuni aspetti del pensiero aristotelico. Nella Poetica Aristotele afferma che la poesia è uno strumento per indagare la realtà, soprattutto della motivazione umana, e il teatro secondo il filosofo dipende dall’azione rappresentata, ossia dai rapporti di necessità fra gli elementi di un’azione. Anche la psicoanalisi, affermano gli autori, si è sempre occupata di spiegare la necessità delle azioni umane, come e perché da uno stato mentale ne scaturisca un altro. Inoltre vi sono alcune analogie nei procedimenti seguiti dal drammaturgo e in quelli seguiti dallo psicoanalista per quanto riguarda la combinazione di dettagli significativi in un quadro associativo fondamentale. Ritroviamo un ulteriore connessione fra la poetica aristotelica e la psicoanalisi che può essere compresa attraverso il concetto aristotelico di catarsi, in quanto questa rappresenta la reazione più importante del pubblico alla tragedia. L’esperienza catartica è trasformativa: il pubblico apprende ed è trasformato dall’esperienza di essere messo nella condizione di pensare in una situazione di coinvolgimento e identificazione emotiva. Il concetto di catarsi si avvicina quindi molto a quello di “apprendere dall’esperienza”, fondamentale nella pratica psicoanalitica contemporanea in Gran Bretagna. Il processo psicoanalitico, attraverso il rapporto transferale, implica una disponibilità al coinvolgimento in un’esperienza emotivamente significativa. Un cambiamento significativo nel Sé può presentare sia una dimensione emotiva e relazionale che una dimensione intellettuale e ciò spiega perché lo spazio pubblico e simbolico del teatro abbia avuto influenza come “specchio dei tempi” proponendo comunque sentimenti e identità nuovi. Si tratta dunque di uno spazio che coniuga la dimensione cognitiva, emotiva e relazionale tramite il rapporto transferale e l’identificazione fra il pubblico e i personaggi.

Secondo Freud gli stati mentali e i desideri inconsci trovano espressione in forma simbolica nei sogni, ma anche attraverso le forme culturali (sublimazione delle pulsioni e dei desideri attraverso l’arte, la scienza e la cultura). La tradizione psicoanalitica kleiniana ha assegnato un’importanza ancora maggiore alle capacità simboliche. Hanna Segal ritiene che una delle funzioni primarie dell’arte consista nell’operare una riparazione simbolica rispetto a oggetti danneggiati da impulsi distruttivi. Secondo questa prospettiva una funzione dell’arte e della cultura è quella di stabilire fra artista e pubblico la condivisione di una comprensione della realtà. Inoltre le arti, come le scienze, sono anche le espressioni più sofisticate dell’“istinto epistemofilico”, la pulsione umana a comprendere il mondo, e rappresentano le funzioni mentali a livello più complesso. Freud, come la Klein, ritengono che questo desiderio innato di conoscere sia stimolato direttamente dal vissuto del bambino nei confronti dei genitori. Da Sofocle in poi il teatro si è spesso concentrato sulle problematiche interne e inconsce della famiglia, sui rapporti di genere e generazione potendo offrire, in questo modo, un accesso privilegiato alla comprensione degli aspetti essenziali di questi temi. Tutte le opere discusse in questo libro hanno infatti come tema principale il rapporto fra i coniugi o quello fra genitori e figli. L’unica pièce affrontata in cui sono assenti i rapporti primari è Aspettando Godot che si svolge in un mondo in cui le famiglie sono scomparse e gli unici rapporti rimasti sono quelli fra i sopravvissuti di una presunta catastrofe. I rapporti fra i sessi e fra genitori e figli sono tematiche rilevanti anche nella psicoanalisi. Come i “copioni” inconsci (Joyce McDougall) alla base del nostro modo di sentire, pensare e agire vengono rivelati nell’intensità del rapporto transferale con l’analista e possono essere modificati a seguito della comune comprensione di quello che sta succedendo all’interno del rapporto terapeutico, così il teatro ha successo solo quando è in grado di creare interazioni fra i personaggi nell’hic et nunc dell’azione rappresentata.

Gli autori nella loro analisi si rifanno inoltre al concetto di “strutture di sentimento” elaborato da Raymond Williams nello studio del teatro, il quale approfondisce l’evoluzione della forma drammatica e il suo rapporto con le relazioni sociali e le pratiche istituzionali. Questo concetto coniuga due idee che apparentemente appaiono incompatibili: la rigidità e qualità meccanicistica delle strutture con la fluidità ed evanescenza delle emozioni. Per gli autori ciò che lega un interesse sociologico per il teatro, come espressione dei conflitti sociali, a un interesse psicoanalitico è il modo in cui i rapporti di genere e generazione vengono rappresentati nelle opere teatrali quali indicatori di malessere o benessere sociale. Il teatro analizza la crisi sociale rappresentandone le sue implicazioni nei rapporti primari. Inoltre connessioni fra la sfera pubblica e quella privata vengono operate anche dal pubblico a livello di immaginazione.

La conclusione a cui giungono gli autori è che sia il teatro sia la psicoanalisi raggiungono una comprensione della realtà dell’esperienza umana nel rispetto però delle loro diverse modalità di indagine. Creano un proprio spazio rituale in cui produrre intense esperienze emotive sulle quali riflettere e grazie alle quali poter modificare la propria visione di sé.

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Daria Filippi