Opinioni su Stekel

Wittels sulla tecnica di Stekel

E’ Stekel stesso a offrirsi a Wittels come analista. Gli dice che ha la propria scuola e che invece la scuola di Freud deborda dalla vera analisi per attingere al misticismo e alla filosofia. Un’analisi con me, gli promette, tirerà fuori tutta la tua conoscenza e alla fine ne saprai molto di più sulla psicoanalisi di tutti i discepoli di Freud. Wittels accetta. E riconosce per tempo che l’analisi con Stekel lo scuote, nonostante egli stesso, Wittel, sia uno psicoanalista praticante dal 1908. Una cosa è la conoscenza intellettuale, osserva, altra cosa è sentire in analisi l’immenso e irresistibile potere di tutti quei meccanismi appresi con lo studio.

Come interprete dei sogni Stekel non ha eguali, scrive Wittels nelle proprie memorie. Durante l’analisi appare molto distratto e la sua facilità di comprensione serba tratti medianici. Non diversamente da quanto Freud fa occasionalmente, anche Stekel occasionalmente analizza camminando fianco a fianco col suo paziente. Tuttavia l’analisi con Stekel si ferma là dove il transfert negativo del paziente si fortifica. Il perchè s’ingeneri una tale impasse Wittels lo spiega con la natura narcisistica di Stekel. Il quale traduce il transfert negativo del paziente in un’offesa personale e a quel punto interrompe l’analisi. E’ questo il motivo, sembra voler dire Wittels, per il quale le analisi con Stekel sono brevi (dal che Stekel, per motivi diversi, trae motivo di orgoglio). Ciò implica d’altro canto la necessarietà e universalità dell’insorgenza del transfert negativo. Stekel la chiama terapia attiva (un prestito, presumibilmente, da Ferenczi) in opposizione alla psicoanalisi tradizionale (freudiana, a lunga durata) da lui irrisa. Il punto è però che, come rileva Wittels, prima o poi il transfert negativo emerge e allora necessariamente le analisi di Stekel si accorciano. Stekel era meno brusco, relativamente al transfert negativo, quando il paziente era considerato nella prospettiva di una futura affiliazione nella sua scuola. In quel caso (un caso di politica psicoanalitica) era allora in grado di trattare il tansfert negativo. Va rilevato che la critica rivolta da Wittels a Stekel costituisce un significativo leit-motif nella storia della psicoanalisi. Ferenczi, ad esempio, muove a Freud lo stesso rilievo e Marion Milner esprime una critica analoga nei confronti di Winnicott. Che dire poi di Melanie Klein che interrompe l’analisi con Eva Rosenfeld a causa della sua amicizia con Anna Freud? (G. A.)

Jung su Stekel (da una lettera a Sabina Spielrein)

Stekel è ispirato ma non scientifico.

L’allievo Gutheil su Stekel

Fu Stekel ad ammonire per primo che un’introversione psicoanalitica artificiale, che duri diversi anni, può condurre a complicazioni indesiderabili della nevrosi esistente, e persino sostituirla con una nevrosi psicoanalitica, magari più difficile da trattare di quella originaria.

Stekel esigeva che ogni caso nuovo fosse considerato come una entità psichiatrica e terapeutica inedita, capace di rovesciare tutte le concezioni esistenti.

Reich su Stekel

(Freud) pensava che Stekel fosse un ciarlatano. Penso che fosse ingiusto con Stekel. Stekel faceva certe cose. Andava a letto con le pazienti e cose di questo genere. A Freud questo non piaceva. Penso che questa fosse la ragione. Non ne sono troppo sicuro. Stekel era superficiale, molto superficiale. Era troppo veloce. Aveva troppa fretta di fornire uan risposta. Aveva risposte per ogni cosa, subito.
Jokl e Jones su Stekel

Stekel, sostiene Jokl, era un ciarlatano. Aveva idee discrete, ma inventava i suoi casi clinici (sembra che il primo a ventilare questa possibilità sia stato Tausk). La stessa cosa ripete Jones nelle sue Memorie di uno psicoanalista che ricorda come il paziente inventato da Stekel andasse sotto il nome ormai consolidato a mo’ di battuta di “paziente del mercoledì” (in coincidenza con le riunioni settimanali della Società Psicoanalitica di Vienna).

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