Narrazione e psicoanalisi: un approccio semiologico

Maria Pia Arrigoni, Narrazione e psicoanalisi: un approccio semiologico, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1998

Recensione a cura di Chiara Illiano

Il tema affrontato dagli autori in questo libro è quello della narrazione: “narrazione” intesa come modo per far conoscere qualcosa, per trasmettere conoscenza su sé stesso e sugli eventi accaduti, per focalizzare l’attenzione su qualcosa. Da ciò risulta che il fine ultimo è quello di ottenere uno scopo, un effetto sul ricevente:

La narrazione implica la comunicazione di un messaggio articolato in forma narrativa che trasmetta al destinatario un contenuto, un significato.

Esistono due tipi di narrazione descritti in questa opera: la narrazione letteraria e quella psicoanalitica. La differenza tra le due riguarda principalmente il contenuto: la narrazione letteraria è composta da una storia che ha un senso, che ha una coerenza interna ed una struttura data, è analizzabile di per sé; al contrario, la narrazione psicoanalitica (sia essa un lapsus, un sintomo, un sogno…) veicola un messaggio che assume un senso ed un significato solo alla luce dell’emittente, non ha una realtà oggettiva e analizzabile a prescindere dal contesto in cui si genera e dal soggetto che ne è portatore. Questa seconda forma di narrazione viene vista, quindi, come una costruzione sia del paziente che dell’analista che rinarra a sua volta ciò che è stato riportato dal soggetto.

Gli autori, riprendendo le parole di White affermano:

Quando gli individui decidono di recarsi dallo psicoanalista, è segno che le loro narrazioni non rappresentano sufficientemente la loro esperienza vissuta, e in tali circostanze ci saranno aspetti significativi e vitali della loro esperienza vissuta che contraddicono queste narrazioni dominanti.

Da questo punto se ne genera un altro di notevole interesse: la possibilità che la narrazione rifletta una verità assoluta o una verità relativa (o una “verità storica” ed una “narrativa” per riprendere i termini proposti da Spence). Un dibattito sempre aperto e affrontato, in questo contesto, prendendo in considerazione due approcci molto diversi tra loro: quello psicoanalitico e quello relazionale. Il primo, nella fattispecie rappresentato da Sigmund Freud, afferma la possibilità (anzi l’obbligo) da parte dell’analista di raggiungere con le proprie interpretazioni la verità oggettiva in grado di risolvere i problemi del paziente: lo psicoterapeuta viene rappresentato con la famosa metafora dell’archeologo che deve scavare e riportare alla luce la verità. L’approccio relazionale, riprendendo i contributi di Bruner, Spence e Gulotta, vede, invece, la verità storica come irraggiungibile, un’illusione: il paziente porta delle storie che servono a colmare delle lacune, ad esplicitare parti oscure. Egli selezionerebbe i fatti utili a supportare la propria posizione, ma non sarebbe mai in grado, né lui né il terapeuta, di raggiungere la perfezione, la verità assoluta.

Protagonisti della narrazione sono due attori: un emittente ed un destinatario. All’interno del libro viene dato ampio spazio alla trattazione di entrambe le figure, inizialmente dal punto di vista della narrazione letteraria e poi di quella psicoanalitica.

Nel primo caso vengono evidenziate le varie categorie in cui possono rientrare:

– L’emittente che può essere OMODIEGETICO (possiede una parte all’interno della storia raccontata), ETERODIEGETICO (figura esterna), AUTODIEGETICO (è il protagonista), INTRADIEGETICO (si configura all’interno della narrazione in base al livello narrativo) e EXTRADIEGETICO. Inoltre, egli viene classificato anche in base alla funzione che riveste, la quale può essere NARRATIVA (riferita alla storia), DI REGIA (riferita al testo), DI COMUNICAZIONE (riferita alla relazione tra narratore e narratario), TESTIMONIALE (rapporto tra narratore e storia) e IDEOLOGICA (commenti del narratore sulla storia).

– Il destinatario che può essere un LETTORE IDEALE (auspicato dal narratore), VIRTUALE (suscettibile di leggere il romanzo) e FITTIZIO (assume un ruolo nella trama).

Nel secondo caso, invece, riferendosi alla narrazione psicoanalitica, si può parlare di “AUTORE IMPLICITO”, ossia il costruttore della storia percepito dall’analista: “è l’immagine del paziente che emerge di fronte all’analista in base al racconto del paziente stesso (…) ed è l’immagine del paziente che il paziente stesso crea di sé nel momento in cui si narra”. Il narratore psicoanalitico può essere, riprendendo la classificazione fatta per la letteratura, omodiegetico, eterodiegetico, extradiegetico ma anche intradiegetico (seppur raramente).

Per quanto riguarda il destinatario, esso può essere empirico, reale (persona fisica dell’analista), ideale (auspicato dal paziente), fittizio (il narratario) o virtuale.

Il libro prosegue con la trattazione del tema della comunicazione e viene preso in esame il modello proposto da Watzlawick dei 5 assiomi della comunicazione che possono essere riassunti in due punti principali: è impossibile non comunicare e ogni comunicazione ha in se un contenuto e una relazione. La comunicazione in ambito terapeutico viene, quindi, vista come una interazione dinamica e complessa che si svolge nella seduta e che rientra nel cosiddetto “sistema aperto” di Watzlawick, composto dai seguenti elementi:

– Totalità: qualsiasi cambiamento in una parte del sistema ne genera altri

– Retroazioni: influenza reciproca dei partecipanti al sistema

– Equifinalità: le modificazioni del sistema dipendono anche, e soprattutto, dal processo in atto all’interno dello stesso

Nella parte finale dell’opera vengono presi in considerazione dei concetti più tecnici quali il colloquio tra paziente e analista, il conversazionalismo di Lai (inteso come centralità della conversazione nella seduta) e il dialogismo (che allude alla relazione tra i due protagonisti). In seguito viene posta maggiore attenzione sulla differenza tra narrazione scritta e orale (con la conseguenza di una maggiore efficacia dell’una o dell’altra), sul problema della trascrizione e della registrazione delle sedute (e dei vari modi di attuarla) ed infine sui problemi che derivano dalla stessa trascrizione dei casi clinici.

Il libro si conclude con l’esposizione e l’analisi di sei casi clinici di importanti psicoterapeuti di diverse scuole (psicoanalitici e sistemici), casi che vengono analizzati puntando l’attenzione sullo stile, sulle singole parole, sull’andamento sintattico del paragrafo e sui parametri personali e particolari che ogni autore mette nella trascrizione del caso.

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