in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 9, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2009
L’equazione personale entra in azione sin dal momento dell’osservazione, giacché si vede ciò che la propria individualità consente di vedere.
In occasione del convegno che il Centro Studi Psicologia e Letteratura ha dedicato a Psicoterapia & Arte, mi soffermavo sul rapporto tra i due ambiti che, seppur diversi, sono spesso associati nella coscienza e nell’immaginario collettivo.
Notando che negli ultimi trenta anni è andata diffondendosi la teoria della complessità e settori della conoscenza prima separati hanno avviato un discorso comune, sottolineavo che questo avvicinamento/dialogo ha comportato a volte una perdita di nitidezza dei confini e, talora, uno smarrirsi delle specifiche identità.
Auspicavo l’opportunità di chiarire alcune ambiguità per ridurre l’area di incertezza del possibile fruitore, riducendo così il rischio di alimentare aspettative irrealistiche. L’orizzonte terapeutico è infatti assai ampio e diversificato: alla psicoterapia derivata dalla psicoanalisi di S. Freud e dalla psicologia analitica di C.G. Jung, si affiancano da tempo l’Art Therapy, la SandPlay Therapy, lo Psicodramma, la Play Therapy, e ulteriori forme – anche ispirate alla corrente della New Age – che variamente si rifanno alla creatività come fattore trasformativo e terapeutico.
Nell’ottica che privilegio, tesa a mettere a fuoco i tratti distintivi pur curando e valorizzando le connessioni possibili, ricordavo che l’ attività artistica o comunque classificabile come creativa non può di per sé essere risolutiva di soggiacenti problematiche psicologiche.
L’attività in questione, e/o l’opera prodotta dal paziente, va decodificata nel lavoro terapeutico, e tradotta in parola cercandone il significato ed il senso.
La verbalizzazione e la successiva comprensione possono far sì che la tensione energetica creativa divenga contenuto cosciente.
Soltanto attraverso la raggiunta consapevolezza, ci si potrà assumere la responsabilità dei propri bisogni e desideri e cercare di trasformare concretamente la propria vita.
Nel pensiero di Paola Caboara Luzzatto ho poi trovato una forte consonanza.
Nel suo recente libro (Arte Terapia – una guida al lavoro simbolico per l’espressione e l’elaborazione del mondo interno) l’Autrice analizza il metodo specifico di comunicazione che si attua nel setting dell’arte terapia articolando esperienze e riflessioni su caratteristiche, valenze e interconnessioni del lavoro simbolico, nonché interrogandosi sulla identità stessa del terapeuta che tale metodo attua.
La struttura ampia e ricca del discorso è già coglibile nell’indice, chiaramente ripartito, che consente al lettore un rapido inquadramento degli argomenti; il linguaggio chiaro non indulge mai a ridondanze ed ha una forte capacità di trasmissione delle informazioni.
Di forte utilità è, a mio avviso, anche la sintetica trattazione della storia stessa dell’Arte Terapia, come disciplina dalla doppia radice, provenendo infatti i suoi precursori dai due campi dell’arte e della psicoanalisi.
Una doppia radice che può portare ad una scissione degli interventi praticabili ma che può configurare, anche, l’arricchimento della strumentazione da usarsi, volta per volta ed in ragione delle necessità del paziente.
La doppia radice può diventare possibilità di comunicazione a doppio canale.
Per quanto attiene lo specifico setting dell’Arte Terapia, l’Autrice dimostra una attenzione rigorosa, volta non soltanto al triangolo comunicativo/relazionale costituito da paziente/immagine/arte terapeuta, ma anche alle oggettive condizioni di realtà in cui l’incontro si attua.
Lo spazio fisico ed il tempo stabilito assumono quindi connotazioni chiare e strutturanti le diverse modalità di lavoro possibili.
Nel campo che così si configura P. Caboara Luzzatto osserva attentamente le dinamiche transferali e controtransferali, rintracciando nel setting triangolare l’attuarsi di dinamiche composite.
Ciò in quanto “ il setting dell’arte terapia offre al paziente la possibilità concreta e specifica di una doppia proiezione: sulla figura dell’arte terapeuta e sullo spazio dell’immagine”. Corrispettivamente, nel terapeuta può verificarsi un doppio controtransfert.
Molteplici dimensioni e vissuti che, se resi consapevoli, divengono radicali strumenti terapeutici.
Attenzione, esperienza anche internazionale, rigore, mi sembrano costituire, in sintesi le linee portanti del working through di P. Caboara Luzzatto.
Così come chiarezza e consapevolezza mi sembrano essere parti fondanti della sua equazione personale di giudizio.