Sintropia e terzo millennio

Sintropia e terzo millennio, in Synthesis, 2, Roma, Di Renzo Editore, 1994

Dal Dio della sconfitta al Dio dell’immagine

E’ stato detto che “immaginazione” è la parola chiave dell’epistemologia di Hume. E sembra che lo sia stata, più segretamente forse e certamente solo temporaneamente, anche per Kant. Come è stato rilevato da Heidegger, infatti, nel passaggio dalla prima edizione della “Critica della ragion pura” alla seconda, il primato un tempo assegnato all’immaginazione (motivato dal fatto che la conoscenza è in tanto possibile in quanto finita) cede il passo al primato della ragione.

Kant ha, secondo Heidegger, fatto marcia indietro, non si è sentito di affermare, come aveva ad esempio affermato a suo tempo Giordano Bruno, che l’immaginazione è “potente di procedere in infinito”. Di procedere, potremmo aggiungere, fino a Dio.

Forse il Dio che ci abbandona, pensato dal grande teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, è semplicemente il Dio che ha abbandonato lo spazio e il tempo di Newton e Laplace per venire incontro a noi dal futuro. Dal futuro a un presente propriamente ateo, un presente nel quale la storia non può più immaginarsi circolare, come fu per gli antichi indiani, per i greci e i romani, né come freccia destinata alla meta della “città di Dio”, come dettò Agostino. L’eterno residuo di futuro cui guardano gli uomini del presente è lo stesso luogo dal quale, forse, Dio torna indietro verso noi.

E forse il Dio della sconfitta, di cui s’è detto all’inizio e del quale ha scritto Sergio Quinzio, è il volto in cui si riflette la presente difficoltà d’un troppo umano trapasso in direzione di rinnovati incontri, il volto temporaneo con cui il tramonto della ragione non ha ancora finito di intrattenersi.

Ecco, allora, l’immagine di Dio che propongo all’ateo del terzo millennio: non un Dio che ci insegue dal passato, un Dio, per così dire, della causalità, ma un Dio che deve ancora venire, un Dio che, adesso, nel momento stesso in cui la parola costruisce un ponte per i nostri volti, sta venendo, e, anzi, da sempre sta venendo.

L’immagine di Dio che propongo, ovvero pongo di fronte ad occhi che la condividano, è un Dio dell’immagine, un Dio che sempre viene, insistentemente viene dal futuro a condividere con l’uomo un luogo: il luogo dell’immaginazione. Se, infatti, parlo di “immagine di Dio” è perché non altra mi sembra poter essere tale dimora di condivisione, di incontro, di reciprocità se non la presente dimora dell’immaginazione.

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Giorgio Antonelli