Ritorno al futuro dell’anima. La rivoluzione classicista nel pensiero di James Hillman

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 15, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2012 – Estratto

Volete capire il narcisismo? Evitate il DSM, o finirete per scambiare la forza vitale dell’archetipo per la maledizione di un disturbo da estirpare. Consultate Freud, certo, ma non fatevi incantare dalle sue teorie che, prese alla lettera, finirebbero per portarvi fuori strada. Potete invece lasciarvi sedurre dai raffinati versi di Ovidio, o dalla prosa impressionista di Flaubert : attraverserete così senza equivoci le mille declinazioni dell’anima che si cerca e si perde nella propria immagine, per poi ritrovarsi nel tragico sforzo di risalirne la china.

Pressappoco così, immagino, vi consiglierebbe James Hillman, noto soprattutto come padre della psicologia archetipica, ma non meno degno di essere ricordato come filosofo, saggista e ardito disertore di steccati disciplinari. Affrontando i temi apparentemente più disparati, dal sogno all’ecologia, dall’urbanistica al potere, l’autore di Re-Visioning Psychology ci fa capire che la psicologia è letteratura, e ce ne fa capire il perché: perché non aderisce alla religione della scienza e non si sottomette al dogma de la verità; non pratica il culto della salute né si lascia confondere dall’ideologia della crescita e dello sviluppo; perché, infine, rivolgendo il suo sguardo lucido ed appassionato ad ogni frammento del reale, la psicologia non persegue alcun fine di adattamento e funzionalità, ma vuole solo fare anima, restituire all’anima il suo spazio nel mondo.

La psicologia è letteratura perché la miccia rivoluzionaria esplosa ai primi del Novecento contro il monoteismo della ragione covava già da sempre nelle pagine di poeti, filosofi e scrittori : negli abissi dell’Inferno dantesco, negli eroici furori di Bruno , nel turbine delirante dell’immaginazione romantica, dove Hillman trova l’innesco per la propria rivoluzione classicista. L’ardimentoso revisionista della psicologia moderna sottrae alla polvere dello storicismo e alla noia della pedanteria una straordinaria varietà di riferimenti culturali per trasformarli in armi di ribellione contro l’impeto tirannico dell’Io diurno che, passando per Cristo e Cartesio, per l’illuminismo e la psicologia positiva, ha gradualmente accecato il vortice proliferante dell’anima nell’abbaglio di una luminosità piatta e senza ombre.

Cartesio e Freud si erano ritrovati solidali nel tentativo di affermare l’unità e la trasparenza del soggetto, la sua autonomia da Dio e dalla natura, la sua capacità prometeica di capire e dominare i fenomeni strappandoli alla loro oscura radice e al loro retroterra immaginale per consegnarli alla superficie limpida di teorie e spiegazioni.

Hillman vede chiaramente il fallimento di questo progetto della filosofia del cogito prolungata in una psicologia dell’Io, e torna a rivolgersi al pensiero immaginale che si esprime soprattutto nel mito, nell’arte, e nella poesia: un pensiero che cerca la psiche lì dov’è, tra sepolcri inquieti e profondità chiaroscurali, intrecci labirintici e abissi insondabili. E che non la cerca per rapirla in un sistema chiuso di meccanismi o significati, ma per servirla e assecondarla innestandosi nella sua struttura metaforica.

Meta-fora rinvia, etimologicamente, al portare oltre. Ispirandosi al pensiero immaginale, divenendo essa stessa immaginale, la psicologia dovrà quindi procedere in senso inverso rispetto al cogito diurno, e strappare la realtà alla superficie stagnante del dato per restituirla al dinamismo inquieto della meta-fora e alla logica dell’oltrepassamento: dovrà assecondare il movimento di trascendenza radicalmente e concretamente immanente ad ogni singola esperienza del reale.

La ricerca di una dimensione di “trascendenza non trascendente”, calata nell’immanenza di ciò che è accessibile ai sensi e all’intelletto, è una direzione fondamentale del percorso intrapreso da Hillman: direzione che gli permette di abbandonare le secche del positivismo senza incagliarsi nello scoglio della metafisica.

Sorgendo come un’araba fenice dalle ceneri della metafisica e del positivismo, la psicologia hillmaniana è finalmente costretta a ritrovarsi reinventandosi. Diventa così teologia dell’immanenza ed ontologia poetica dell’immaginazione, terapia delle idee ed ecologia del profondo , logica immaginale e politica della bellezza. Ed è costretta a reinventare e a ritrovare anche il suo linguaggio, liberandolo dalle incrostazioni di una sorpassata modernità per attingere alle sue più remote origini. Così la rivoluzione classicista di Hillman parte dalla restaurazione di un termine assai démodé: Anima (Soul).

Abstract

Reinventando l’idea di anima, Hillman torna a esprimersi nel linguaggio dimenticato del neoplatonismo e del romanticismo, ma lo fa per parlarci di problemi di stringente attualità: disastri ambientali, religione del profitto, imperativo della crescita, rifiuto della morte, perdita del senso. Così, è proprio sfidando gli anacronismi che arriva a porsi all’avanguardia della rivoluzione avviata da Freud e da Jung e a trasformarla in una svolta che interessa a 360 gradi ogni ambito della cultura occidentale. Nei suoi scritti la psicologia moderna infrange subdoli steccati disciplinari ed esprime la propria vocazione ad uscire dal setting per ritrovare il suo spazio nel mondo, dove è chiamata a restituire ogni dettaglio dell’esperienza alla sua mobile profondità ed al suo intimo spessore, secondo i dettami di una vera e propria ontologia poetica dell’immaginazione. Il suo compito fondamentale diviene quello di riportare l’anima nel mondo. Per realizzarlo deve impegnarsi a combattere contro tutto ciò che tende a negarla in nome di un’opaca empiria o a incastrarla tra gli ingranaggi dell’Io scambiandola per l’essenza del solipsismo; deve guardare avanti facendo un passo indietro: dalla psicoanalisi e dalla filosofia del soggetto al pensiero mitico ed immaginale, da Freud e Cartesio a Platone ed Omero, dalla psiche soggettivata o oggettivata, figlia di opposte ma complementari forme di riduzionismo, all’anima che resiste a ogni presa letterale perché, come già ben sapeva Eraclito, non ci permette mai di toccare il suo fondo.

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L'autore
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Luisa De Paula